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Disumana cattiveria

Un gattino lanciato da un ponte in Sardegna

venerdì 12 Luglio 2024
Scultura di Urru

Qualche giorno fa, a Lanusei, nella provincia dell’Ogliastra, in Sardegna, un gattino è stato lanciato da un ragazzo, con efferatezza, da un ponte. A questo gesto spietato e disumano è seguito il commento menefreghista del “mostro” che,  nel video postato, ha commentato: “E’ malato, vabbè”.

L’artista Nicola Urru, scultore di opere di sabbia, ha reagito attraverso la sua arte, realizzando sulla spiaggia di Platamona, a Sassari, un’enorme scultura raffigurante un gatto, grande 20 metri, che lancia un uomo minuscolo. Urru, il cui obiettivo è quello di sensibilizzare sul tema dei maltrattamenti sugli animali, citando Mark Twain, ha commentato: “Il fatto che l’uomo sappia distinguere tra il bene e il male dimostra la sua superiorità intellettuale rispetto alle altre creature; ma il fatto che possa compiere azioni malvagie dimostra la sua inferiorità morale rispetto a tutte le altre creature che non sono in grado di compierle”.

Il giovane mostro, che ha lanciato il gattino, ha tentato di scusarsi, affermando che sta «pensando di fare della beneficienza per cercare di rimediare». Da questo si deduce come la mamma dei cretini e, ahinoi, di esseri feroci sia sempre incinta. Il “delinquente” rischierebbe 18 mesi di reclusione e circa 30 mila euro di multa: ci auguriamo che non siano solo parole perché solo punendo duramente e seriamente per i reati commessi, si può sperare di creare dei deterrenti. Anche perché mentre la bontà non viene emulata la malvagità, che trova palcoscenici in cui dibatterla, sì. E’ di poche ore fa, infatti,  un altro video su Tiktok, che ha fatto 100mila visualizzazioni, dove un ragazzo, probabilmente originario di Vicenza, lancia un gattino in un dirupo. In questa società segnata gravemente dal germe malato dell’apparire, l’importante è salire agli onori della cronaca, il come non conta nulla.

Per fortuna è diventata virale la scultura dell’artista Nicola Urru, che dovrebbe far riflettere sul fatto che del male che compiamo da soggetti, un giorno potremmo diventare meri oggetti, anche se viventi, proprio come il gattino indifeso che si è visto morire così atrocemente.
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