Riceviamo e pubblichiamo la nota del Coordinatore provinciale dello Snals, Giovanni Madonia Ferraro.
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L’elezione del nuovo Rettore costituisce da sempre un momento cruciale per il presente e il futuro di ogni Ateneo.
La legge Gelmini, infatti, delinea l’immagine di un Rettore “forte”, che rimane in carica per un lungo mandato di sei anni non rinnovabile. La figura del Rettore tracciata dalla legge Gelmini è, pertanto, rivestita di prerogative assai rilevanti e pregnanti. A lui, infatti, sono attribuite la rappresentanza legale dell’Università nonché le funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche. È lui il responsabile del perseguimento delle finalità dell’Università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito.
Nel suo ruolo di vertice della comunità accademica, il nuovo Rettore dell’Università di Palermo dovrà portare avanti il non agevole compito di fare sintesi degli eterogenei interessi e delle molteplici idee della comunità accademica che gli ha conferito il mandato, assistito da principi che dovrebbero sempre realizzare quell’ideale di democraticità che del mondo accademico è pilastro fondamentale e insostituibile, come sancito dall’articolo 33 della Costituzione.
D’altra parte, l’operato del nuovo Rettore non potrà prescindere da un fermo rispetto delle norme etiche, sia di quelle scritte sia – e, osiamo dire, soprattutto – di quelle non scritte. Il vincolo elettorale presuppone, infatti, che il Rettore, nell’arco del sessennio, si adoperi per realizzare fino in fondo il proprio programma, al quale gli elettori hanno prestato il proprio consenso tramite il voto. Interrompere temporaneamente il proprio mandato per tentare di percorrere altre strade non può che configurarsi come una forma di tradimento nei confronti del corpo elettorale che, lo ribadiamo, attraverso il voto ha mostrato fiducia verso la realizzazione di un programma di governo che ha un orizzonte temporale ben preciso, pari a sei anni. Né un giorno di più né un giorno di meno.
Per il Rettore in carica l’Università di Palermo non dovrà più costituire, come purtroppo avvenuto nel recente passato, una “sala d’aspetto” in cui sostare in attesa di candidarsi per ricoprire altre cariche e in cui ritornare, come se nulla fosse successo, dopo la sconfitta elettorale.
Se il Rettore, nel corso del suo mandato, ritiene di non voler più ricoprire la carica per dedicarsi ad altro, può tranquillamente farlo utilizzando lo strumento delle dimissioni. Soluzioni alternative, magari cercando di appigliarsi a sofismi legali nel tentativo di conservare a tutti i costi la poltrona nel caso in cui le cose altrove dovessero andare male, non devono più trovare ragion d’essere nell’Università di Palermo.
E proprio per evitare che in futuro i vertici politici dell’Ateneo, non condividendo questo fondamentale principio etico, possano agire diversamente, mettendo a repentaglio la moralità dell’Ateneo oltre che la sua indipendenza da ogni orientamento politico e partitico, il nuovo Rettore dovrà promuovere una riforma dello Statuto che miri a stabilire la decadenza immediata e automatica dalle cariche di governo nel caso di candidature ad altre poltrone.
L’operato del nuovo Rettore dovrà, dunque, essere permeato da una fortissima e costante attenzione nei confronti della dimensione etica, così fortemente incrinata nel corso del recente passato. Il nuovo Rettore dovrà ricoprire un ruolo super partes a tutela delle prerogative di tutta la comunità, e non soltanto di pochi fortunati eletti. In tal senso, dovrà essere ribadita la centralità del codice etico che dovrà guidare in maniera imprescindibile l’operato del nuovo Rettore, spazzando via in maniera drastica tutte quelle situazioni di conflitto di interessi, anche solo potenziale, attualmente in essere, che stanno inquinando in modo pesante il clima che si respira all’interno dell’Università di Palermo. È palese, infatti, come la gestione dell’attuale Rettore sia stata connotata, fin dal giorno dal suo insediamento, da un’acclarato conflitto di interesse, silenziosamente accettato dalla quasi totalità dei docenti universitari che, pur rivestendo il ruolo di educatori delle nuove generazioni, non hanno voluto – forse per paura, forse per servilismo, forse per interesse personale – levare il proprio grido contro una violazione della legalità così evidente.
Corollario di una finalmente rigorosa applicazione del codice etico, dovrà essere la concreta realizzazione del principio della trasparenza che, secondo la legge Gelmini e lo Statuto di Ateneo, deve connotare l’operato del Rettore ma che, purtroppo, negli ultimi anni, è stato spesso relegato ad una mera formalità, quasi un leitmotiv ossessivamente ripetuto per cercare di nascondere agli occhi dei più le vere dinamiche che muovevano le azioni e le decisioni dell’organo monocratico di governo. Pur nel rispetto dei margini discrezionali riconosciuti dalla legge, non possiamo che auspicare che l’operato del nuovo Rettore sia sempre imparziale, aperto e incline all’ascolto, anche dei punti di vista differenti, evitando che le proprie decisioni siano il frutto di scelte del tutto unilaterali e non condivise con la comunità accademica, se non addirittura di personalissime simpatie e antipatie, come purtroppo avvenuto nel recente passato (vedi, per esempio, la vicenda dell’attribuzione degli incarichi a docenti del Policlinico). In particolare, nel rispetto, ancora una volta, della legge Gelmini e dello Statuto dell’Ateneo, l’azione del nuovo Rettore non dovrebbe mai perdere di vista l’obiettivo della promozione del merito, che deve tradursi nel riconoscimento di incentivi economici e di carriera a chi veramente si spende per l’istituzione, e non soltanto a quei pochi eletti che godono della simpatia del Rettore di turno e delle persone a lui più vicine. È ovvio che offrire sia ai docenti sia al personale tecnico, amministrativo, bibliotecario e socio-sanitario la certezza che il proprio impegno all’interno dell’Ateneo venga riconosciuto costituisca un volano per ottenere la best performance da parte di tutti. Crediamo che il tentativo di “cambiamento” della cultura del lavoro nel settore pubblico e il miglioramento della qualità dei servizi offerti da un’amministrazione pubblica non possa prescindere da azioni come questa. Anche in questo caso, è doveroso tagliare i ponti con il recente passato, in cui la promozione è stata pesantemente inquinata da altri fattori che ben poco hanno a che vedere con il merito. È dunque imprescindibile che l’Università di Palermo non sia più quello che attualmente è, ossia una zona franca in cui il riconoscimento di una legittima prerogativa (quale, ad esempio, la possibilità di partecipare ad un concorso, l’ottenere un incarico, un trasferimento o un’indennità, il ricevere una equa valutazione della performance, la possibilità di ricevere l’esonero dall’attività assistenziale per dedicarsi ad attività didattiche e scientifiche, ecc.) sembra purtroppo poggiare non già sul merito, quanto piuttosto, in maniera decisiva e determinante, su altri fattori, tra cui, lo ribadiamo, il livello di gradimento del soggetto interessato presso il Rettore e i suoi più stretti collaboratori. In altre parole, il nuovo Rettore dovrà finalmente ripristinare all’interno dell’Ateneo quel principio basilare di giustizia, non a caso apposto in tutti i tribunali, che “la legge è uguale per tutti”.
Codice etico, trasparenza e promozione del merito dovranno dunque essere alcuni dei capisaldi della nuova condotta politica all’interno dell’Università di Palermo, grazie alla quale sarà possibile realizzare una piena valorizzazione delle persone, vero e proprio fulcro dell’istituzione universitaria. Ogni Università ha, infatti, un’innata natura comunitaria, è, per l’appunto, una “universitas”, una comunità in cui tutte le componenti operano sinergicamente per l’accrescimento del sapere e lo sviluppo della conoscenza. La centralità del capitale umano e la dimensione comunitaria dovranno rappresentare i due poli essenziali su cui costruire una vera “universitas studiorum”. Il nuovo Rettore dovrà dare impulso alla creazione di un contesto in cui tutte le componenti siano sempre motivate ad esprimere al meglio le proprie professionalità e a potenziare il proprio know how. In particolare, per quanto riguarda il personale tecnico, amministrativo, bibliotecario e socio-sanitario, il nuovo Rettore dovrà adottare una politica finalmente inclusiva, che guardi alla crescita dell’intera categoria, e non soltanto della ristretta cerchia vicina alla governance. Si dovrà garantire una formazione di qualità, strategicamente mirata ad arricchire e aggiornare sia le competenze specialistiche sia quelle trasversali, in modo che il personale possa rispondere con successo al cambiamento e operare al meglio in una Pubblica Amministrazione sempre più dinamica.
La crescita professionale e motivazionale del personale non potrà prescindere dalla previsione di un sistema di adeguati incentivi, economici e di carriera. In tal senso, il nuovo Rettore, pur nella consapevolezza della limitatezza del budget attualmente a disposizione e dei vincoli imposti dalla normativa vigente, dovrà produrre il massimo sforzo per reperire il maggior numero di risorse da destinare a tale scopo. Ciò, ovviamente, non significherà una distribuzione a pioggia (cosa, peraltro, espressamente proibita dalla legge), ma dovrà garantire il giusto riconoscimento per il proprio impegno all’interno dell’Ateneo al maggior numero possibile di meritevoli.
Grande attenzione dovrà, altresì, essere riservata all’A.O.U.P. “Paolo Giaccone”, ente strumentale dell’Ateneo. Poiché le due istituzioni costituiscono una monade indivisibile, ogni provvedimento che il nuovo Rettore deciderà di adottare dovrà necessariamente tenere conto della triplice vocazione (assistenziale, didattica e scientifica) dell’A.O.U.P.: solo in questo modo, infatti, sarà possibile sviluppare, all’interno dell’Azienda, un motivato, convinto e proficuo “consenso sociale”, condizione essenziale per svolgere al meglio le funzioni assegnate e offrire un servizio di altissima qualità a tutti gli utenti. La costante attenzione alla dimensione assistenziale, didattica e scientifica incarnata dall’A.O.U.P. dovrà, dunque, costituire lo scenario entro cui muoversi per l’adozione, nel breve, nel medio e nel lungo periodo, di provvedimenti in grado di rilanciare l’immagine dell’Azienda nel panorama locale, regionale e nazionale. Il nuovo Rettore dovrà assumersi precise responsabilità per la realizzazione di iniziative serie e durature a vantaggio di studenti, pazienti, personale medico, tecnico‐amministrativo e socio‐sanitario e, in generale, di tutti coloro che gravitano attorno al complesso ospitalo‐universitario, che, a tutt’oggi, rimane il polo didattico‐assistenziale più importante di tutta la Sicilia occidentale.
Ovviamente, trattandosi di istituzione che ha come mission la formazione e la ricerca, il nuovo corso dell’Ateneo non può prescindere dal rilancio di questi importanti ambiti. È sotto gli occhi di tutti l’approvazione da parte dell’attuale governance del nuovo modello organizzativo dell’Amministrazione Centrale, elaborato dal Direttore Generale, che prevede la soppressione delle Aree “Formazione, Cultura e Servizi agli Studenti” e “Ricerca e Sviluppo”. Non smetteremo mai di dire che l’introduzione di tale organigramma rappresenta una delle pagine più buie nella storia dell’Università di Palermo. In più di una occasione abbiamo ribadito che la legge Gelmini stabilisca che precipua finalità di ogni Università italiana è la promozione della formazione e della ricerca, concetto che, non a caso, viene recepito anche dallo Statuto di Ateneo (ancora vigente!). Partendo da questi presupposti, ogni Università dovrebbe organizzare la propria struttura tecnico-gestionale in funzione del perseguimento dei propri obiettivi istituzionali: pertanto, la gestione di compiti di primaria importanza, quali la formazione e la ricerca, dovrebbero essere affidati strutture organizzative di primo livello, quali sono le Aree. Non a caso, le Aree della formazione e della ricerca sono presenti nella stragrande maggioranza delle Università italiane, risultando assenti solo in pochi Atenei. Qualcuno potrebbe obiettare che l’esercizio della formazione e della ricerca sia proseguito anche in assenza delle rispettive Aree. È vero, senza alcun dubbio. Ma ciò che ci ha preoccupato – e ci preoccupa tuttora – non è tanto l’eliminazione delle due Aree come mero fatto numerico, quanto il significato che tale scelta gestionale ha assunto. La decisione della governance ha, infatti, distrutto il sacrosanto rilievo che la formazione e la ricerca hanno da sempre avuto nell’assetto dell’Università di Palermo, a vantaggio di logiche e modelli estranei alla tradizione (prova ne è, tra l’altro, l’introduzione della nuova Area della “Qualità, programmazione e supporto strategico”). Sia chiaro, ben vengano i cambiamenti se si traducono in un miglioramento radicale, in termini di efficacia e di efficienza, della macchina amministrativa. Tuttavia, il rinnovamento deve sempre guardare alle finalità istituzionali dell’Ateneo e non poggiare su interessi personali. Per questo motivo, ci auguriamo che il nuovo Rettore, consapevole di essere il vertice di una istituzione che deve fare della formazione e della ricerca la primaria ragione di esistenza, al fine di preparare seriamente i nostri giovani ad affrontare le sfide del futuro, si faccia promotore di un nuovo modello organizzativo dell’Ateneo in cui la formazione e la ricerca possano trovare il giusto rilievo e la piena legittimazione (anche in termini di autonomia e di attribuzione di risorse) attraverso la presenza di Aree loro destinate.
Il nuovo Rettore dovrà altresì riporre enorme attenzione nella proposta del Direttore Generale, vero e proprio manager che la legge Gelmini ha introdotto fra gli organi di Ateneo nel tentativo di importare, anche nel sistema universitario, le logiche di funzionamento proprie del settore privato. Alla luce degli innumerevoli compiti che la legge e lo Statuto di Ateneo attribuiscono al Direttore Generale, non possiamo che auspicare che tale figura venga scelta tra soggetti di elevata qualificazione professionale e comprovata moralità, capaci sempre di ispirare la propria azione a quei principi di imparzialità, efficacia, efficienza, apertura al dialogo e promozione del merito. In questo modo il Direttore Generale potrà svolgere sotto una nuova luce, finalmente positiva, le “attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro” che gli sono attribuite dallo Statuto di Ateneo e che, purtroppo, negli ultimi anni, sono state espletate in maniera assolutamente spregiudicata, arrogante e autoritaria, garantendo solo ad alcuni quello che ai più è stato sistematicamente negato, solo per il fatto di avere meno ascendente presso la governance. Il risultato è il malessere – se non, in alcuni casi, la paura – che serpeggia tra i corridoi dell’Ateneo e che sicuramente non fa bene per cercare di ottenere il miglior rendimento da ogni lavoratore. D’altra parte, non possiamo che stigmatizzare come i tavoli di contrattazione, piuttosto che configurarsi, come sempre avvenuto nella storia dell’Università di Palermo, come occasioni di dialogo, in cui addivenire, grazie al costruttivo contributo delle parti sociali e della parte pubblica, a soluzioni condivise a beneficio dei lavoratori dell’Ateneo, si sono rivelati esclusivamente come dei monologhi in cui la parte pubblica ha messo al corrente le parti sociali di decisioni già prese, cercando al massimo il confronto su questioni marginali. Ci spiace dirlo, ma abbiamo maturato la consapevolezza che gli incontri siano stati fatti più per obbligo di legge che non per non per una reale volontà di confrontarsi su tematiche di interesse comune.
Il rilancio dell’Ateneo non può, dunque, prescindere dal ripristino di corrette relazioni sindacali. Poiché le libertà sindacali e il loro esercizio costituiscono due fondamentali connotati del nostro Stato democratico, ben tutelati da precise norme costituzionali, riteniamo utile che il nuovo Rettore condivida l’esigenza di un motivato, convinto e convincente “consenso sociale”, che determini le condizioni indispensabili per favorire una reale e consapevole partecipazione dei lavoratori alle scelte politiche e gestionali del Governo dell’Ateneo. Questa è la prassi democratica che lo Snals conosce e che, speriamo, costituirà uno dei connotati più positivi dell’attività del nuovo Rettore.
È naturale che, di fronte ad una risposta di responsabile consapevolezza e ad una concreta apertura al dialogo da parte del nuovo Rettore, dopo anni di totale chiusura e di manifesta ostilità, lo Snals sarebbe ben disponibile a contribuire, nel pieno rispetto dei ruoli, con idee e con proposte costruttive, alla realizzazione e al rafforzamento delle auspicate innovazioni strutturali, ordinamentali e gestionali di una Università rinnovata nelle sue finalità, nei suoi contenuti e nelle sue strategie di intervento. Va da sé che lo Snals non abdicherà al proprio impegno di incisiva presenza nella difficile situazione attuale perché siamo consapevoli, oggi più di ieri, della necessità di scongiurare fenomeni di rassegnazione e di apatia. Ovviamente, tutto ciò sottende, nella nostra ottica, il rispetto dei diritti sindacali che, negli ultimi anni, sono stati completamente calpestati.