E’ di alcuni giorni fa la notizia diffusa dalla stampa greca, secondo cui la Commissione archeologica avrebbe rifiutato una proposta milionaria da parte della maison Gucci per quindici minuti di sfilata al Partenone, con relativi diritti tv. Notizia che ha fatto naturalmente il giro d’Europa, se non del mondo, e che impone una seria riflessione sul concetto di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di un Paese: L’etimologia stessa delle parole – “patrimonio” e “valorizzazione” – dovrebbe indurre a una visione aperta e meno restrittiva sull’uso dei beni e su una eventuale monetizzazione del loro appeal, secondo regole trasparenti e a condizioni ben definite.
Agrigento, per voce del direttore del Parco della Valle dei Templi, ha prontamente tentato di insinuarsi nell’eredità del pesante rifiuto invitando Gucci, con stile ed eleganza di ben altra cifra, a cambiare indirizzo. Qui porte aperte: ma pagando caro, s’intende. Lungi dal volersi addentrare in un tema così complesso e insidioso, mi torna alla memoria un episodio vissuto agli albori del mestiere della pubblicità, tanto piccolo da averlo dimenticato ma che stamattina – sull’onda della cronaca – un bravo neurone ha diligentemente riportato in evidenza.
Alla fine degli anni Ottanta il fotografo di una nota casa italiana di abbigliamento maschile, tuttora in auge, aveva contattato il mio capo di allora perché ci occupassimo della logistica – autorizzazioni comprese – per uno shooting nella Valle dei Templi. Avendo nel mio esangue curriculum di ventiquattrenne la congrua qualifica di agrigentino, fui prontamente investito dell’incarico, accolto con ovvio entusiasmo.
Prese le informazioni del caso, preparai con cura la richiesta alla Sovrintendenza allegando una dettagliata scheda inviataci dal cliente. Insieme a una descrizione analitica del lavoro che sarebbe stato svolto (attrezzature, persone impegnate, numero di scatti etc.), venivano offerte le più ampie garanzie sul rispetto dei luoghi e sullo sfruttamento delle immagini, che avrebbero certamente esaltato e non svilito la bellezza del sito. Infine si chiedeva di conoscere, in caso di riscontro positivo, i termini e le modalità del contributo economico richiesto.
Ricordo perfettamente la delusione, alcune settimane dopo, nel ricevere un fax con toni altezzosi e quasi sprezzanti: la richiesta veniva rigettata senza se e senza ma, scacciando via gli insolenti mercanti dal tempio. Sarebbe curioso sapere come risponderebbero oggi a quella richiesta le autorità preposte, che oggi vediamo agitare con stile da piazzista la loro ingombrante mercanzia a un facoltoso cliente, apparentemente interessato ad altri articoli.
I Templi sono cambiati.