Continua la battaglia del Comitato per l’istituzione delle Zone franche montane che da tre anni spinge per l’approvazione di un disegno di legge ad hoc, per l’adozione di sgravi contributivi e agevolazioni per le imprese che decidono di rimanere o di insediarsi nelle aree montane della Sicilia, oggi a rischio desertificazione. La settimana scorsa i rappresentanti del Comitato hanno presentato un documento-appello al presidente della Commissione attività produttive dell’Assemblea regionale Siciliana, Orazio Ragusa, dove il nuovo iter comincia a muovere i primi passi.
La legge si trova nei cassetti del Parlamento di Palazzo dei Normanni ormai da quasi tre anni, ovvero da quando fu depositata per la prima volta. Da allora nonostante i buoni proposito di diversi parlamentari e di alcune forze politiche non ha mai raggiunto gli scranni di Sala d’Ercole per la discussione generale e l’approvazione. Un provvedimento auspicato da quella parte consistente di popolazione dell’Isola che risiede in quei Comuni in cui almeno il 50% del territorio si trova ad un’altitudine superiore ai 500 metri. Tra questi rientrano sicuramente la maggior parte dei paesi che fanno parte dei parchi delle Madonie, dei Nebrodi e dell’Etna, dei Monti Iblei.
Sono spesso piccoli centri distanti dalle grandi città, che per la loro posizione geografica e per la pessima situazione in cui versa la rete dei collegamenti stradali soffrono l’isolamento con delle ricadute pesantissime in termini di servizi essenziali ai cittadini e di crescita dell’economia locale. Qui, infatti, le aziende incontrano grosse difficoltà che impediscono loro di incrementare le produzioni e raggiungere i mercati regionali e nazionali. Un freno allo sviluppo che spesso condanna le imprese a morte e che spinge i giovani ad emigrare.
In aggiunta alle misure già contenute nel disegno di legge il Comitato chiede: l’esonero del versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente; l’esenzione del reddito prodotto all’interno della zona franca ai fini delle imposte dirette; del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell’attività esercitata dall’impresa nella Zfm ai fini Irap e dell’Imu per gli immobili che vi ricadano, nel caso in cui siano utilizzati per finalità economiche; la riduzione delle aliquote Iva attualmente applicate e diversificazione in base alla classificazione in micro, medie, piccole e grandi imprese.
“Il ragionamento che abbiamo portato all’attenzione della III Commissione per le attività produttive dell’ARS, quindi all’intera deputazione regionale – afferma Vincenzo Lapunzina, coordinatore del comitato per l’istituzione delle Zfm in Sicilia – è ispirato ai principi del libro scritto dall’assessore all’economia Gaetano Armao, ‘L’attuazione dell’Autonomia differenziata della Regione siciliana’”.
“Solo con la presa di coscienza da parte della deputazione regionale si potrà rafforzare l’autonomia finanziaria regionale – continua Lapunzina – al fine di consentire l’avvio di politiche di crescita incentrate su fiscalità di sviluppo e condizione di insularità (cui fa riferimento art. 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, ndr) che costituiscono il nucleo dell’impianto della proposta di emendamento al ddl 3/2017 che istituirebbe le Zone Franche Montane in Sicilia”.
Le risorse per finanziare il provvedimento, secondo il Comitato, ci sono e sono da individuarsi nel gettito che lo Stato deve alla Sicilia secondo quanto previsto dallo Statuto regionale. Inoltre, sottolineano i componenti, “le misure agevolative in atto che intendiamo proporre per le zone montane non costituiscono un aiuto di Stato in quanto, giusta la sentenza della Corte di giustizia C-88/03 del 6 settembre 2006, si realizzano nel pieno rispetto delle condizioni che indica chiaramente la Corte”.