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Verso le elezioni

Europee, le strategie elettorali e comunicative dei partiti

martedì 30 Aprile 2024

Siamo quasi ai nastri di partenza per le elezioni europee: da oggi martedì 30 aprile a mercoledì primo maggio sarà possibile depositare le liste di candidati e dei relativi documenti presso le cancellerie delle Corti d’appello dei capoluoghi di circoscrizione e poi sarà campagna elettorale all’ultima preferenza. Partiti e movimenti che correranno per conquistare gli euroseggi assegnati all’Italia sembrano però aver già definito le proprie strategie elettorali e comunicative.

Nel nome di Giorgia.

Fratelli d’Italia, come ampiamente previsto, punterà tutto sulla Premier Giorgia Meloni che sarà capolista in tutte le cinque circoscrizioni elettorali in cui è suddiviso il nostro Paese. Meloni oltre che frontwoman sarà un vero e proprio brand elettorale: “Con Giorgia” sarà il claim della campagna di Fdi ma sarà anche la strategia elettorale dato che la Presidente del Consiglio, annunciando la sua candidatura, ha chiesto agli elettori e alle elettrici di Fratelli d’Italia di scrivere sulla scheda elettorale solo il suo nome di battesimo: per esprimere una preferenza a lei basterà scrivere soltanto “Giorgia”, e sulla scheda ci sarà scritto «Giorgia Meloni detta “Giorgia”». La possibilità di dare la preferenza a un candidato o a una candidata scrivendo solo il nome di battesimo o un soprannome non è una novità, anzi è un espediente diffuso da molti anni. Nel caso di Fdi è evidente però la scelta di polarizzare e consolidare il consenso tramutando il voto in una specie di prova di fiducia personale sulla Presidente del Consiglio. Rispetto al passato in cui la personalizzazione della politica con i cognomi dei leaders sui simboli di partito siamo però evidentemente ad una svolta: non più solo il cognome ma il nome, a tu per tu con l’elettore. E’ chiaro che con questa stratagemma le liste di Fdi saranno off-limits per tutte le altre “Giorgie” che se ne faranno una ragione.

Metti Elly, togli Elly.

Non sembra ancora definita la strategia del Partito Democratico e la relativa campagna comunicativa. Il fatto è dovuto probabilmente alle incertezze relative all’impegno della segretaria Elly Schlein che dovrebbe essere candidata solo nella circoscrizione centro ed isole, una incertezza alimentata anche dal dibattito nato intorno alla possibilità di inserire il nome della segretaria nel simbolo del Pd. L’impressione è che rispetto ai competitor di Fdi il Pd abbia scelto una strategia di impegno ridotto della segretaria: nessun nome sul simbolo e un paio di candidature da capolista. Una strategia che però rischia di non portare al Pd i consensi necessari a misurarsi con Fratelli d’Italia che gli sarebbero venuti dalla polarizzazione del voto determinata da un duello tutto al femminile: Elly contro Giorgia. Nel Pd hanno prevalso i critici del nome della Schlein sul simbolo, una critica che però sembra infondata dato che nella storia del Pd c’è già almeno un caso di nome del leader sul simbolo: nel 2008 alle elezioni politiche il Pd aveva nel simbolo il nome del segretario Walter Veltroni.

La pace bellicosa di Conte.

Il Movimento Cinque Stelle punterà a presentarsi agli elettori come il partito di reale alternativa all’attuale maggioranza puntando sui temi, come già fatto ai tempi del reddito di cittadinanza, e sulla leadership di Giuseppe Conte. Cavallo di battaglia in questa competizione elettorale sarà la pace, che viene inserita anche nel simbolo, e che punta ad attirare i voti di quanti pensano che la sanguinosa guerra in Ucraina non vada più alimentata. Poi il tema del salario minimo per tenere botta al sud dopo il doloroso addio al reddito di cittadinanza. L’obiettivo evidente di Conte è quello di fare il pieno di voti tra quanti si collocano all’opposizione del centrodestra.

Modello Mitterand per Tajani.

Diciamocelo chiaramente: non erano in tanti a scommettere sulla sopravvivenza di Forza Italia dopo Berlusconi. Eppure Antonio Tajani sembra aver smentito le cassandre e addirittura ha rimesso in corsa Forza Italia per diventare il secondo partito della coalizione a scapito della Lega. Il claim scelto dalla comunicazione di Fi riassume benissimo la strategia di Tajani: “Una forza rassicurante al centro dell’Europa”. Il richiamo è alla  force tranquille con cui Francois Mitterand sconfisse il Capo dello Stato uscente Valéry Giscard d’Estaing alla presidenziali francesi del 1981. Tajani ha puntato tutto sulla moderazione, cercando di andare ad occupare un mercato elettorale piuttosto sguarnito ,quello del centro, dove si può proporre come unico riferimento del Partito Popolare Europeo e dei valori di riferimento che un tempo furono della Democrazia Cristiana e del suo “progresso senza avventure”. Un primo segnale evidente sono le liste abbastanza competitive che Fi metterà in campo e che mirano a mietere consenso a suon di preferenze nei territori. Non è da sottovalutare la strategia di consolidamento di Fi al nord che si candida a sostituire la Lega come partito di riferimento dei tessuti produttivi settentrionali. Vedremo se le urne premieranno la scelta di Tajani che sarà candidato come candidato rassicurante e di centro.

Sterzata a destra per la Lega.

Lo slogan scelto dai comunicatori della Lega lascia pochi equivoci: “più Italia, meno Europa”. Un claim coerente con quello del 2009 “Prima l’Italia” ma che deve fare i conti con lo sgonfiarsi dell’ondata populista, del consenso per il Capitano e per la Lega senza contare che in mezzo c’è stato un costoso sostegno al governo presieduto da Mario Draghi. Salvini non sarà in campo ma in tutte e cinque le circoscrizioni ci sarà il generale Roberto Vannacci che con il suo repertorio “Dio, Patria e Famiglia” sarà l’alfiere di una Lega che sterza destra per insidiare il primato di Fdi. Una scelta che non sembra convincere i leghisti della prima ora, che determina una rinuncia a competere al centro con Forza Italia e che punta su un mercato elettorale saldamento presidiato dai meloniani.

 

L’arca di Noè per superare il 4%

Secondo i sondaggi ci sono almeno tre forze politiche che galleggiano intorno alla soglia di sbarramento del 4%: Stati Uniti d’Europa, Alleanza Verdi Sinistra e Azione. Oltre che la zona retrocessione, le tre forze politiche sono accomunate dalla strategia “Arca di Noè” cioè quella di raccogliere più sigle all’interno della lista elettorale come testimoniano i simboli. Strategia che li accomuna anche alla lista Libertà di Cateno De Luca che però sembra un po’ più lontano dalla soglia di sbarramento. Queste forze andranno a combattere su mercati elettorali molto ristretti: Verdi e Sinistra se la vedranno con il Pd, i grillini e la lista di Michele Santoro mentre Stati Uniti d’Europa e Azione dovranno dividersi i voti dell’ex Terzo Polo. Il problema per queste ultime due forze è che rischiano di avere due campagne elettorali perfettamente sovrapponibili e poco distinguibili dagli elettori plasticamente rappresentate dal riferimento nel simbolo al medesimo raggruppamento politico europeo, quello macroniano di Renew Europe. Il rischio per le due formazioni è che accada a loro quanto successo nel 2001 ad altre due liste centriste, Ccd-Cdu e Democrazia Europea, che mancarono l’obiettivo del 5%. Per far fronte a questo rischio a quanto pare Carlo Calenda correrà da capolista in tutte e cinque le circoscrizioni per Azione mentre Stati Uniti d’Europa proverà a trarre beneficio dall’esperienza strategica di Matteo Renzi. Sarà veramente una sfida all’ultimo voto e una sfida per la sopravvivenza politica.

Come è normale siamo soltanto all’inizio della campagna elettorale ed è probabile che le strategie di partiti e movimenti subiscano alcune variazioni. Poi ci saranno le urne che diranno chiaramente quale strategia è stata più convincente o efficace anche in barba agli esperti.

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