“Ci sono delle parole che ci hanno rubato e che in questo senso vanno bonificate, come la parola antimafia, che mi sta stretta. Ormai c’è tanta retorica, la legalità non può essere una carta di identità, è un problema di responsabilità delle coscienze e anche nel mondo della scuola dobbiamo riflettere e dire che la legalità è un mezzo per raggiungere un obiettivo che è la giustizia”.
Lo ha detto don Luigi Ciotti, intervenendo a margine, a Palermo, alla conferenza del progetto educativo antimafia promosso dal centro Pio La Torre su “La Chiesa Cattolica e la mafia: dal silenzio all’antimafia attiva”.
“In questi anni in cui abbiamo parlato di più di legalità è cresciuta la corruzione nel nostro Paese – ha aggiunto don Ciotti – allora perché la legalità non diventi un idolo, una maschera, dato che molti hanno scelto una legalità malleabile e sostenibile, dobbiamo saldarla alla responsabilità, anche in politica”.
Il fondatore di Libera ha poi ricordato le battaglie dell’associazione che hanno portato a una legge sul riutilizzo dei beni confiscati: “Quel milione di firme per avere una legge sul riuso sociale porta la firma anche di un palermitano, Di Lello – ha detto Ciotti – Con la confisca dei beni si è calpestato i piedi ai poteri forti e ai centri di interesse, la nostra denuncia è stata sofferta, ognuno è chiamato a guardarsi dentro ad assumersi le proprie responsabilità, con la coscienza dei propri limiti”.
“Tanti hanno scelto il padrino al posto del padre, in una religiosità capovolta, ma non ci possono essere mezze misure o scorciatoie, la Chiesa deve essere molto chiara e ferma e non può permettersi di semplificare”. Ha aggiunto don Luigi Ciotti commentando a Palermo le polemiche seguite ai rapporti tra mafia e Chiesa soprattutto dopo il caso di Riina junior padrino di battesimo: “Il rapporto tra Chiesa e mafia è un problema che non riguarda solo la Sicilia – ha aggiunto don Ciotti – non posso dimenticare Francesco Marino Mannoia quando all’FBI disse che i preti non devono interferire, invece la Chiesa deve portare fino in fondo la sua missione, e i cristiani devono scegliere di stare dalla parte della giustizia, della dignità e libertà, ci sono segnali molto positivi ma ci sono anche tante contraddizioni. Bisogna ancora alzare la voce, soprattutto quando molti scelgono un prudente silenzio”. Il fondatore di Libera ha poi ricordato i sacerdoti uccisi dalla mafia, come don Peppino Diana e padre Pino Puglisi e il “rischio di trasformarli in santini”. “Don Puglisi non si è chinato di fronte a nessuno – ha detto – al di là di tutte quelle etichette che ci appiccicano, come prete antimafia, prete antidroga e che impoveriscono la complessità di una vita e la normalità di un’azione pastorale. Storie come la sua fanno onore alla Sicilia e ai siciliani”.