Michele Emiliano è in Sicilia per due giorni di incontri a sostegno della sua candidatura a segretario del Pd. Oggi il primo incontro a Palermo. Appena sceso dalla scaletta dell’aereo, il governatore della Puglia ha voluto fermarsi sotto la stele di Capaci, per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta trucidati dalla mafia il 23 maggio di 25 anni fa. “Qui non si parla di politica, qui stiamo in silenzio” ammonisce Emiliano. Perché la storia del politico si intreccia con la sua carriera professionale. In Sicilia, ad Agrigento, Emiliano ha lavorato fianco a fianco con Rosario Livatino. E più d’una volta, alla fine degli anni Ottanta, si è trovato faccia a faccia con Giovanni Falcone. Anche Michele Emiliano venne attaccato, anche lui era un “giudice ragazzino”. E così per parlare di quel che accade nel partito democratico – perché un senso a questi due giorni da trascorrere in Sicilia, bisogna darlo – bisogna attendere, spostarsi qualche centinaio di metri più in là, per non “macchiare” la sacralità di quel luogo dove la memoria della lotta alla mafia deve essere custodita in nome delle Istituzione.
Al fianco di Emiliano, in queste prima tappa del tour ci sono il deputato regionale Pino Apprendi e Beppe Antoci, il presidente del Parco dei Nebrodi che vive sotto scorta. “Siamo a mani nude contro il sistema Pd”, è l’attacco frontale del governatore pugliese alle correnti del partito. “Se non avessi presentato la mia candidatura, la contesa si sarebbe risolta tra la mozione del segretario Renzi e quella del Ministro Orlando. In buona sostanza, un soliloquio”.Quello che accade all’interno del partito in questi giorni convulsi di tesseramenti e controtesseramenti non piace ad Emiliano: “Qualcuno vive questo congresso come se fosse il fantacalcio. Non è accettabile. La nostra proposta politica è contro i populismi di destra e di sinistra”. Impossibile non pensare al caso Palermo, con il partito costretto a rinunciare al suo simbolo per entrare nella coalizione che sostiene Leoluca Orlando. “Premesso che non voglio interferire, ma questa vicenda deve fare riflettere. Se è stata compiuta questa scelta è perchè si pensa che il simbolo del partito possa danneggiare la candidatura di Orlando. E probabilmente è così. Ma non è un fatto locale. Perchè, per come viene percepito oggi il Pd, la stessa criticità sarebbe emersa in altre città e in altri luoghi”. Come risolvere questa crisi di identità? “Io sono sicuro che Orlando non avrebbe detto no al simbolo del Pd, se il partito fosse rimasto ancorato alle idee di Pio La Torre e Piersanti Mattarella. Quindi il problema è politico. Sono stati fatti degli errori. In nessuna democrazia compiuta, dopo una sconfitta sonora come quella del referendum, il responsabile di quella débâcle si sarebbe ricandidato alla guida del suo partito. ”. Secondo Emiliano , il risultato del congresso Pd non è scontato. “Avremo delle sorprese – spiega il governatore – perchè non basta controllare il voto dei tesserati con degli arrocchi reciproci. Io sono certo che il 30 aprile sarà il giorno della liberazione”.