La differenziata in Sicilia. Il totem che non c’è, l’Araba fenice che non fa in tempo a risorgere dalle proprie ceneri. L’argomento decisivo cha fa da incipit e da chiusura a ogni riunione in materia, rimanendo solo un’astrazione concettuale.
Nello Musumeci, che nei prossimi giorni incontrerà il ministro dell’Ambiente Galletti, ne è perfettamente consapevole. Senza boom sulla differenziata ci si prende solo in giro.
Palermo, Catania e Messina, che mettono insieme con i rispettivi territori oltre due milioni di abitanti, devono fare il massimo sforzo per rilanciare in Sicilia la raccolta differenziata. Ma non in termini di auspicio e neanche nelle tavole rotone de sui giornali. Devono fare il ‘numero’.
La raccolta differenziata rimane l’intervento a medio termine più efficace per ridurre la quantità di rifiuti destinata a finire in discarica. Basti pensare che se si attivassero in maniera decisa interventi a tale scopo nelle tre principali città siciliane si potrebbero raggiungere rapidamente obiettivi a scala regionale anche del 30-40% di raccolta differenziata.
In materia di soluzioni per la gestione dei rifiuti, il ritardo dell’impiantistica che merita un deciso approfondimento, oltre che la spinosa questione dei termovalorizzatori, tra le scelte possibili da prendere in considerazione.
Toccherà inoltre al nuovo esecutivo regionale fare chiarezza sul riordino della governance e il ginepraio di sovrapposizioni tra i vari Commissari nominati dalla Regione tra SRR e ATO in liquidazione.
La disponibilità di spazi per nuove discariche si va sempre più assottigliando. Occorre intervenire in modo deciso sulla riduzione dei rifiuti da avviare allo smaltimento innanzitutto con un’efficace azione di prevenzione.
Altro tema di rilievo, non sempre trattato con volontà di essere al di sopra delle parti, è quello dei termovalorizzatori. In tal senso senza un ruolo di pianificazione strategica che la Regione deve svolgere, non si andrà da nessuna parte.
Realizzare impianti mirati al trattamento termico e al recupero energetico delle frazioni residuali dei rifiuti, potrebbe paradossalmente essere il male minore. Sono oggi disponibili impianti ad alta tecnologia e a contenuto impatto ambientale, specie se alimentati con frazioni residuali di rifiuti già selezionate e pretrattate.
Certo incideranno i tempi tecnici non indifferenti per la loro realizzazione e i costi generalmente elevati. In ogni caso la loro realizzazione va vista all’interno di un sistema integrato che, oltre all’avvio efficace della raccolta differenziata, preveda la realizzazione di impianti di trattamento meccanico-biologico, i c.d. TMB, da cui derivare la frazione secca a maggiore contenuto energetico. Nulla di comparabile quindi con soluzioni passate, quando tali tipi di intervento erano poco inseriti in un sistema integrato di gestione dei rifiuti.
Senza trascurare l’anno zero dell’impiantistica. Occorre un monitoraggio completo e capillare del parco impiantistico esistente e di quello non ancora in funzione. Una serie di opere come gli impianti di compostaggio, finanziati con soldi pubblici, sembrano dovere rimanere al palo.