L’inchiesta della Procura di Gela denominata “Avaratia”, che ha portato all’arresto, stamani, di don Giovanni Tandurella, parroco della Chiesa Madre di Piazza Armerina, nasce nel 2020 dopo il passaggio di gestione dell’Ipab “Antonietta Aldisio” di Gela e le denunce dei familiari, almeno una quindicina, degli ospiti della residenza per anziane.
Su ordine del Gip Roberto Riggio, agli arresti domiciliari è finito don Tandurella, già presidente della struttura pubblica e ora parroco della cattedrale di Piazza Armerina, mentre sono stati interdetti per un anno dai ruoli societari dell’Ipab, Renato Mauro ed i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Sandra Bennici e Salvatore Scerra. Tutti e tre hanno obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
Secondo l’indagine, condotta dai carabinieri di Gela, i soldi dell’Ipab “Antonietta Aldisio” sarebbero stati utilizzati da don Giovanni Tandurella per acquistare un appartamento a Gela e avrebbe effettuato dei lavori edili nella chiesa Santa Maria di Betlemme, sempre a Gela, dove era parroco. Il prete, inoltre, avrebbe anche fruito di una cospicua donazione di denaro effettuata da una anziana benestante che avrebbe trasferito la sua residenza nell’Ipab.
La struttura per anziani era stata già commissariata dalla Regione nel dicembre 2019, poi le denunce dei familiari degli ospiti gli avvisi di garanzia ai quattro indagati, raggiunti stamattina dall’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Gela.
Disposto anche il sequestro di immobili e somme in denaro, 75 mila euro, e di diversi conti correnti riconducibili al sacerdote gelese.
Gli indagati sono accusati di corruzione per un atto contrario ai doveri di uffici, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, circonvenzione d’incapace, truffa, appropriazione indebita e riciclaggio. Secondo l’accusa il sacerdote avrebbe affidato la struttura pubblica alla società La Fenice di Mauro, eludendo le procedure previste in materia di appalti pubblici. In più avrebbe svenduto la struttura cedendola in locazione alla società La Fenice a un canone inferiore a quello di mercato, ottenendo in cambio denaro versato a un suo congiunto. I familiari delle ospiti dell’Ipab avevano segnalato, già nel gennaio del 2020, il grave peggioramento delle condizioni di vita delle ricoverate a fronte di un cospicuo aumento delle quote di partecipazione alle rette per garantire il soggiorno.