Rendere area protetta entro il 2030 il 30% del territorio mondiale e il 30% degli oceani.
E’ l’obiettivo principale della Cop15 sulla Biodiversità, che si terrà a Montreal in Canada dal 7 al 19 dicembre. Si tratta della conferenza periodica della Convenzione Onu sulla Biodiversità, creata nel 1992.
La Cop15 di Montreal deve raggiungere un Accordo quadro sulla biodiversità, che sostituisca quello precedente del 2010 di Aichi, in Giappone. Ma nei lavori preparatori l’intesa è ancora lontana, soprattutto sul tema spinoso degli aiuti ai paesi più poveri.
La Cop15 doveva tenersi a Kunming, in Cina, nell’ottobre del 2020, ma è stata più volte rimandata a causa del Covid.
Nell’ottobre del 2021 nella città cinese si è tenuta una conferenza preparatoria, dove si è stabilito di arrivare nel 2022 ad un nuovo Accordo quadro sulla Biodiversità. Alla fine la Cop15 è stata spostata in Canada, per evitare le restrizioni cinesi anti-pandemia, ma Pechino ha mantenuto la presidenza. A Montreal sono attesi ben 10.000 delegati da tutto il mondo.
L’Accordo di Aichi prevedeva 20 obiettivi per ridurre la perdita di biodiversità. Nessuno è stato raggiunto interamente.
Nella bozza del nuovo Accordo quadro, preparata da un gruppo di lavoro dell’Onu, ci sono 22 obiettivi. Ma l’intesa su questi è ancora lontana. Secondo gli osservatori, è stata raggiunta solo su 2.
L’obiettivo principale è quello di impegnare i paesi dell’Onu a dichiarare area protetta almeno il 30% del territorio globale e il 30% degli oceani al 2030. E’ il cosiddetto target “30 by 30”. Più di 100 paesi si sono già detti favorevoli, ma restano da convincerne quasi altrettanti. E soprattutto (come insegnano le Cop sul clima) c’è poi da tradurre in realtà gli impegni sulla carta. Nel 2020 erano area protetta solo il 15% del territorio mondiale e il 7,5% degli oceani.
Molte ong che parteciperanno alla conferenza spingeranno per inserire nel documento finale il concetto di “nature positive”.
In pratica, gli stati dovranno adottare politiche che migliorino gli ecosistemi, e non si limitino a ridurre i danni, che fermino e poi invertano la perdita di natura. Ad esempio, arricchire la biodiversità, stoccare il carbonio, purificare l’acqua, ridurre il rischio pandemico.
Fra gli altri obiettivi della bozza, c’è la compensazione delle emissioni di milioni di tonnellate di anidride carbonica con soluzioni naturali (nature based solutions): ad esempio, la conservazione delle foreste, la lotta alla diffusione delle specie invasive, la riduzione dell’inquinamento da pesticidi, fertilizzanti e rifiuti. Altro obiettivo è il taglio ai sussidi per le industrie che contribuiscono alla perdita di biodiversità, come ad esempio quelle che praticano la deforestazione.
Uno dei punti più controversi della bozza di Accordo riguarda gli aiuti dei paesi ricchi ai paesi meno sviluppati per iniziative di conservazione della biodiversità. Il testo provvisorio stima che servano addirittura 700 miliardi di dollari per raggiungere gli obiettivi. I precedenti delle Cop del clima, dove dal 2015 non si riesce ad avviare il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno per aiuti sulle politiche climatiche, non fanno sperare bene.