La quiete dopo la tempesta. Al Renzo Barbera è l’ora dei saluti, smontare il palco e scoperchiare il prato. Vasco Rossi è arrivato a Palermo come un fulmine a ciel sereno, portando con sé una vera e propria ventata di rock.
Uno spettacolo dalla durata di circa 3 ore, da poter riassumere semplicemente come “un equilibrio sopra la follia“. Una scaletta fittissima di successi, con oltre 30 brani, che ha permesso di dimenticare le ore di attesa sotto il sole cocente e le file interminabili e ammassate per l’ingresso. L’eterno ragazzo di Zocca ha incantato tutti, dimostrando di essere un highlander della musica e che fa del palco la propria linfa vitale a ben 71 anni suonati.
Vasco è riuscito a mettere in saccoccia l’ennesimo record, quasi un miracolo: far tornare a cantare lo stadio di Viale del Fante, dopo 25 anni dal suo ultimo evento, trasformandolo in un tempio del rock.
In due serate, oltre 74 mila persone si sono unite in un unico corpo e in un’unica anima per venerare il comune credo del Blasco. Per i fan è sempre stato così: seguire e amare Vasco è una fede che ti prende per mano e ti accompagna nel corso della vita, capace di risollevare da “l’inferno della mente, che esiste veramente“, o di arricchire di colore i ricordi di traguardi o successi.
“Ero tra quelle poche migliaia che nell’85 erano presenti al Barbera. Allora era diverso. Vasco non era considerato come adesso. Non era nessuno ed era additato come il “drogato” o quello “strano” ma lui ha sempre risposto attraverso le canzoni“. Così Mariano, 58 anni, presente alla seconda data.
“Ieri – ha aggiunto – è stato come ritornare al passato. Un’emozione che non provavo più da anni. Mi vengono i brividi se penso che quasi 40 anni fa ero con amici e mai avrei pensato di provare le stesse emozioni con le mie figlie, le nuove generazioni. Potrò morire con un rimpianto in meno“.
Sotto il cielo stellato del Barbera si parte con una ballad, Dillo alla luna, per poi sciogliersi nel rock ‘n roll sfrenato e sbarazzino di Stendimi, Rock’n’roll show, Non sei quella che eri, Domani sì, adesso no, Ti prendo e ti porto via e Manifesto futurista della nuova umanità.
Tanta gioia e divertimento ma non sono mancati anche i grandi momenti di commozione, fin dall’inizio. Il primo colpo al cuore arriva con Ogni volta. La malinconia, i ricordi di una persona cara che adesso non c’è più: un momento toccante e unico che ha visto calare le luci sullo stadio, illuminato solo dalle torce dei telefonini, creando un’atmosfera calda e avvolgente, e che si è ripetuto con Canzone. Un’esecuzione inedita per un brano a cui Vasco è molto legato e che solitamente non canta per intero. A questo giro, ha deciso di regalare ai fan il testo dedicato al padre con un’interpretazione struggente, durante la quale era evidente anche la commozione negli occhi del cantante di Zocca.
Nell’ampio tour tra gli anni ’80 – ’90 c’è stato spazio anche per i recenti successi: Una canzone d’amore buttata via, Un respiro in più, XI comandamento e L’amore l’amore. Ma i fan non dimenticano le origini ed è sotto le note di C’è chi dice no e Gli spari sopra che si scatenano. Rock, denuncia socio-politica e testi evergreen, sempre moderni e attualissimi. Ennesimo esempio è T’immagini. Dall’85 è arrivato ai giorni nostri con un significato riscritto. “Fantasie che volano libere / Fantasie che a volte fan ridere / Fantasie che credono alle favole“. Le “favole“ vengono rivisitate in chiave moderna e diventano un modo leggero, ma allo stesso tempo sarcastico e irriverente, come l’ironia che da sempre ha segnato Vasco, per lanciare un monito ai fan: non farsi ingannare dalle “favole” dei vari Meloni, Salvini, Berlusconi, Renzi, comunisti o 5 stelle.
Sono da sempre stati questi gli elementi particolari che hanno contraddistinto il Komandante da tutti gli altri. Da qui si può comprendere il suo successo. Negli anni, passo dopo passo, è riuscito a compiere un’impresa irripetibile, se non in casi eccezionali, e da far invidia a qualunque artista, da vera leggenda: riunire in un unico spazio quante più generazioni possibili, dagli over 60-70 ai più piccini. Tra prato e spalti, hanno risposto presente alla chiamata del Blasco gruppi di amici, di colleghi di lavoro e intere famiglie: mamme, padri, figli, zii e nipoti ma anche bambini di 2 anni e donne incinta. Due serate che sono risuonate come un’immensa festa con più di 70mila sconosciuti che improvvisamente sembrano conoscersi da una vita, con vissuti diversi ma tracciati dalla stessa passione, e che inconsapevolmente si ritrovano a vivere le stesse emozioni.
“Assistere al concerto è stata un’emozione incredibile. Sono sensazioni che non si possono spiegare. E’ la forza della musica. Sembrava di essere in un altro mondo“. Così Martina, 21 anni, per la prima volta presente ad un concerto di Vasco.
Circa 3 ore di concerto che hanno spazzato via differenze, disuguaglianze, odio, rancori e tristezza. Unica parola d’ordine: divertimento. E così è stato. Il momento più alto si è toccato con l’irriverente Rewind. Vasco ha fatto letteralmente godere il suo pubblico. Come da tradizione si canta a squarciagola, ragazze in spalla ai fidanzati, via i reggiseni e per l’occasione sul palco è volato anche un altro “souvenir”, un paio di mutandine. Regalino molto apprezzato dal cantante che con la sua classica ironia ha inscenato una piccola gag, regalandole allo stratosferico chitarrista Stef Burns.
Dalla libertà sfrenata agli attimi di riflessione. Con Vivere, Siamo soli, Se ti potessi dire e Sally, Vasco ha preso i fan per mano e li ha trascinati in un viaggio interiore. Dei tuffi nell’anima che indagano sulla precaria condizione umana ma che si concludono con la voglia di riscatto e che inneggiano alla vita nonostante le avversità e le difficoltà.
Prima del grande show finale il medley, composto da classici intramontabili e indimenticabili dei primissimi anni ’80, come Incredibile romantica o Non l’hai mica capito, fino ad arrivare ai testi degli anni ’10 del nuovo millennio, come Il blues della chitarra sola o Come nelle favole.
Negli atti conclusi è entrato in scena anche Claudio Golinelli, mito immortale e storico bassista della band. Vasco ha intonato con Il Gallo la “sua” Siamo solo noi, inno e bandiera del cantante di Zocca e di tutto il fanclub, tutto riunito anche nel momento di Vita spericolata. Il sipario è calato tra le note di Albachiara, quando tutte le voci si sono unite in un unico coro fino allo spettacolare e mozzafiato gioco pirotecnico conclusivo.
“Tonerò molto presto, ve lo prometto“. I fan non dimenticano e fremono all’idea di rivedere il Barbera rivestire i panni di grande tempio della musica rock.
Evviva Vasco Rossi.