Beni per cento milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania a imprenditori ritenuti riconducibili al clan Santapaola-Ercolano.
Il decreto è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su proposta congiunta della Procura di Catania e del direttore della Dia. I particolari saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà nella sede della Dia di Catania, alle 11, con il vicedirettore operativo, generale Nicola Altiero, e il capo centro Carmine Mosca.
I beni sono stati sequestrati a tre soggetti uno dei quali, storico esponente del clan Santapaola-Ercolano, è detenuto in regime di carcere duro a seguito della recente condanna all’ergastolo per l’omicidio di Luigi Ilardo, ucciso a Catania nel 1996, poco prima di entrare nel programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia. Già in passato, accertamenti patrimoniali condotti dalla Dia erano sfociati nel dicembre del 2012 nella confisca di beni per 30 milioni e nell’aggravamento della misura di prevenzione personale.
La nuova indagine ha riguardati altri due individui, padre e figlio, noti imprenditori originari del messinese, al centro di indagini penali coordinate dalla Procura etnea, sulla scorta delle quali sono stati arrestati con l’operazione “Piramidi”. I due sono a capo di uno dei gruppi imprenditoriali più importanti della Sicilia orientale, operanti in svariati settori, ma principalmente nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Padre e figlio sono riusciti a creare una vera e propria galassia di imprese, diversificando le attività della famiglia con società attive nei servizi di pulizia degli ospedali, nel settore immobiliare e nella gestione di un notissimo stabilimento balneare, sito sul litorale catanese. La vicinanza tra i tre individui, emersa in atti giudiziari, è confermata secondo gli investigatori dalla presenza dei due al battesimo della figlia del boss e in occasione di un matrimonio di un congiunto.
È proprio questa vicinanza a esser ritenuta l’origine dell’escalation imprenditoriale di padre e figlio; per far luce su un arricchimento così repentino, gli inquirenti hanno passato sotto la lente di ingrandimento quarant’anni della loro evoluzione economica ed imprenditoriale. Da umile carpentiere il padre è divenuto uno tra i più facoltosi imprenditori siciliani.
Le complesse indagini patrimoniali, coordinate dalla Dda etnea hanno consentito di appurare che l’ascesa imprenditoriale della famiglia ha avuto una formidabile impennata intorno alla fine degli anni 90 e che gli investimenti compiuti in quegli anni risultano caratterizzati da massicce immissioni di capitali non giustificate dalla capacità economico-finanziaria che a quel tempo gli imprenditori possedevano. All’indagine hanno collaborato i pentiti Santo La Causa, Gaetano D’Aquino e Salvatore Viola. Sequestrate 14 società, sette immobili e svariati rapporti finanziari.