Al tramonto del 2024 a Taormina “prove tecniche” di braccio di ferro tra il sindaco Cateno De Luca e gli operatori economici del centro storico sulle aperture e chiusure nel periodo invernale. Il tema delle chiusure “selvagge” non è una novità da queste parti, caratterizza e soprattutto affligge la Perla dello Ionio da tempo immemore e puntualmente se ne parla ogni anno senza che poi, nei fatti, si sia mai concretizzata un’effettiva svolta. A riaprire la discussione è adesso, nel suo primo inverno da sindaco della città, la presa di posizione di Cateno De Luca, che prova a lanciarsi – alla sua maniera – nel difficile tentativo di invertire il trend.
De Luca non ha gradito, anche nelle sue passeggiate di Natale in Corso Umberto, l’immagine del “salotto” con diversi esercizi che mostravano ai visitatori della città le saracinesche abbassate e alcune attività (comprese le grandi firme) che hanno dato appuntamento a marzo del prossimo anno.
“Siamo entusiasti dei risultati ottenuti con il nostro programma e dei positivi riscontri sul fronte turistico. Tuttavia, ho notato una tradizione che non condivido e su cui ci concentreremo per la prossima stagione: non possiamo accettare il Corso pieno e i locali chiusi. E’ arrivato il momento di dire basta”, è il monito lanciato dal primo cittadino. De Luca ha rimarcato come, evidentemente, la questione si ponga in prospettiva, per l’inverno cioè tra il 2024 e il 2025, perché per questa volta il dado è tratto e non ci sono tempi per intervenire in termini incisivi nell’immediato. Si va verso un confronto con le associazioni dei commercianti e albergatori.
“Ho colto una tradizione che non condivido e sulla quale lavoreremo per la prossima stagione: non posso accettare di avere il Corso pieno e i locali chiusi. Questa è una cattiva abitudine e troverò la soluzione per farla finire. Ne ho parlato anche con gli albergatori, ma per quest’anno non c’erano i tempi per intervenire secondo la mia visione”, ha rimarcato De Luca, che ha ipotizzato quelle che potrebbero essere le soluzioni all’orizzonte. In particolare si ipotizza uno stop ad autorizzazioni come la concessione del suolo pubblico per chi deciderà di chiudere le saracinesche per 3-4 mesi. “Non è pensabile che in alcuni momenti non ci sia nemmeno un bar aperto dove prendere un caffè, è anche un dovere che ha il privato verso la collettività. Le tante chiusure sono una cosa inaccettabile che va contro un percorso finalizzato a far crescere Taormina, il turismo e l’immagine della nostra città in un’ottica internazionale”.
Il messaggio agli operatori economici è partito, la sfida è lanciata e per tutta risposta non sono pochi i commercianti che non l’hanno presa bene e, a loro volta, hanno già fatto sapere di “avere il diritto di riposarsi dopo una lunga e faticosa stagione di lavoro”. D’altronde le chiusure in tanti casi coincidono con la tradizionale partenza all’estero e c’è soprattutto chi va in vacanza in luoghi esotici, in primis in Thailandia.
Alcune chiusure scattano nelle ultime settimane dell’anno, la gran parte dopo la Befana, con il ritorno in città che avviene un paio di settimane dopo. E’ storia nota, con tutti i suoi annessi e connessi, una polemica che è stata ribattezzata come il “caso Taolandia”. C’è chi non ha intenzione di piegarsi al diktat di De Luca e già preannuncia che “nessuno può impedire un periodo di chiusura”. Solitamente Taormina va in “letargo” sino a Pasqua, momento che segna il risveglio dell’economia locale e la partenza della nuova stagione.
Nel 2023 la fortunata stagione turistica da poco chiusa – che ha poi portato al record storico di presenze già raggiunto e superato a settembre – ha avuto inizio proprio da Pasqua in poi. Il paradosso è che Taormina nasce in passato come meta di turismo invernale e qui un tempo si veniva a svernare, specialmente dai Paesi Nordici ma anche dai più tradizionali mercati come Germania e Gran Bretagna. Una tendenza soppiantata poi dall’avvento del turismo di massa e dai tanti cambiamenti di un mondo che è andato nella direzione di un movimento completamente spostatosi nei mesi più caldi, con la concentrazione della quasi totalità delle presenze tra aprile e ottobre.
Si è tentata negli anni scorsi anche la carta di un calendario concordato delle aperture ma oltre le buone intenzioni la svolta non c’è mai stata. Il problema non è di facile risoluzione perché, in buona sostanza, i commercianti se la prendono con gli albergatori che in molti casi chiudono le strutture a fine ottobre o tutto al più a metà novembre, e viceversa gli albergatori contestano le chiusure invernali ai commercianti e rivendicano che rimangono comunque disponibili circa 2 mila posti letto (su 7 mila posti letto alberghieri presenti in città). La filiera non trova la quadra e l’immagine di Taormina semi-chiusa d’inverno è diventata una realtà imperturbabile, paradossalmente un qualcosa a cui ci si è abituati e che rappresenta un muro contro cui si infrange l’obiettivo da più parti dichiarato della destagionalizzazione.
I prossimi mesi potrebbero così diventare “l’incubatore” del tentativo deluchiano di contrastare alla sua maniera le chiusure. E, al netto delle interlocuzioni che potranno esserci tra l’Amministrazione e gli operatori economici, la vera resa dei conti con i “chiusuristi” arriverà dopo l’estate del 2024, quando potrebbe scattare un’ordinanza da parte dei vertici di Palazzo dei Giurati per disciplinare le aperture con una serie di paletti e con l’intendimento esplicito di una stretta specifica sulle attività “stagionali” di Corso Umberto.