Le immagini restituite dal ROV hanno rivelato scenari mozzafiato: estese colonie di corallo rosso (Corallium rubrum) fino a 900 metri di profondità, fitte foreste di pennatulacei (Funiculina quadrangularis) tra i 100 e i 140 metri, e una sorprendente biodiversità bentonica, con la presenza di coralli neri (Antipathes dichotoma, Leiopathes glaberrima), coralli bianchi (Madrepora oculata, Desmophyllum pertusum), spugne e banchi di ostriche e balani giganti.
A bordo di una nave oceanografica, il team di Ispra, solcando il Canale di Sicilia, ha documentato undici tra banchi e montagne sottomarine, tra cui Alfil-Linosa III, Avventura-Pantelleria-Talbot, Bannock, Bouri, Euridice, Madrepore, Pantelleria Centrale, Pinne e Urania, Cimotoe ed Empedocle per la maggior parte mai esplorati e studiati prima, raccogliendo dati cruciali per la conservazione della biodiversità e la valutazione dei rischi geologici.
LA SPEDIZIONE SCIENTIFICA
Come il leggendario Nautilus di Jules Verne, capace di spingersi nei meandri sconosciuti dell’oceano, anche l’Italia ha il suo vascello di esplorazione subacquea. Si chiama Rov Work Class, un veicolo robotico capace di immergersi fino a 2.000 metri di profondità, manovrato dai ricercatori dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). È stato lui a guidare l’ultima avventura tra le montagne sommerse del Mediterraneo, un’esplorazione durata due mesi nel Canale di Sicilia, con a bordo una squadra di scienziati e un unico obiettivo: conoscere l’ignoto.
La spedizione: due mesi di esplorazione nel Canale di Sicilia
Dalla nave oceanografica Ievoli Cobalt, i ricercatori hanno documentato undici rilievi sottomarini, tra cui i banchi di Alfil-Linosa III, Avventura-Pantelleria-Talbot, Bannock, Bouri, Euridice, Madrepore, Pantelleria Centrale, Pinne e Urania, Cimotoe ed Empedocle. Per molti di questi non esisteva alcuna documentazione scientifica. Per la prima volta, l’occhio umano – attraverso l’obiettivo di telecamere ad alta definizione – ha potuto osservare foreste di coralli, spugne, pennatulacei, ostriche e perfino squali di profondità.
“La possibilità di osservare direttamente questi ecosistemi con telecamere ad alta definizione cambia completamente la nostra prospettiva sulla vita nelle profondità marine. L’emozione di scoprire habitat, intatti, è paragonabile a quella dei primi esploratori: pensiamo di sapere cosa attenderci ma ogni immersione ci riserva, al contrario, sorprese inaspettate”, raccontano gli scienziati di Ispra. Un’emozione simile a quella dei primi esploratori, ma con lo sguardo rivolto agli abissi invece che alle stelle
Montagne sottomarine: scrigni di vita e sorveglianza geologica
Questi rilievi sommersi sono vere e proprie isole di biodiversità. Ospitano habitat rari, vulnerabili, spesso incontaminati. Ma sono anche un laboratorio geologico naturale: custodiscono mineralizzazioni preziose, sorgenti geotermiche legate a fenomeni vulcanici, e informazioni cruciali sul rischio sismico e franoso.
Grazie ai rilievi geofisici condotti con strumenti acustici e tecnologie sostenibili, la missione ha posto le basi per ulteriori esplorazioni a basso impatto ambientale. Una conoscenza che non serve solo alla scienza, ma anche alla prevenzione e alla pianificazione di politiche marine più efficaci.
Per la loro importanza ecologica e vulnerabilità agli impatti causati dall’attività dell’uomo, le montagne sottomarine rappresentano un obiettivo prioritario per la conservazione del mare.
Questi rilievi sommersi sono veri e propri hotspot di biodiversità, con ecosistemi unici che ospitano foreste di coralli, spugne, invertebrati e numerose specie ittiche.
Scoperte eccezionali: tra foreste di coralli e squali di profondità
Le immagini catturate dal ROV hanno restituito paesaggi mozzafiato: corallo rosso fino a 900 metri, foreste di “penne di mare” tra i 100 e i 140 metri, e un mosaico bentonico di coralli neri e bianchi, balani giganti, spugne e ostriche.
Ma non solo: durante un’immersione, il ROV è stato avvicinato da uno squalo vacca, predatore tipico delle profondità, attratto dalle luci del robot e dai suoni emessi dal veicolo.
Conservazione e minacce: reti fantasma e rifiuti a 2.000 metri di profondità
Non è tutto bellezza, però. Anche in questi abissi remoti, la spedizione ha rinvenuto reti da pesca abbandonate e rifiuti.
L’indagine ha confermato il ruolo cruciale delle montagne sottomarine come serbatoi di biodiversità, ma ha anche rivelato l’impatto dell’attività umana. Reti fantasma e rifiuti marini sono stati individuati anche a grandi profondità, sebbene in densità inferiori rispetto ad altre aree del Mediterraneo più vicine alla costa.
Questi dati raccolti e analizzati saranno essenziali per orientare le politiche di conservazione marina e promuovere la creazione di nuove aree marine protette, in linea con la Strategia dell’UE per la Biodiversità 2030.
Il Progetto PNRR Marine Ecosystem Restoration (MER)
Il Progetto PNRR Marine Ecosystem Restoration (MER) – (MISSIONE_2 rivoluzione verde e transizione ecologica, COMPONENTE_4 tutela del territorio e della risorsa idrica, INVESTIMENTO 3.5 ripristino e la tutela dei fondali e degli habitat marini) – è il più grande progetto dedicato alla conoscenza e alla tutela del mare nell’ambito del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, che vede ISPRA come soggetto attuatore e il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica come amministrazione titolare del finanziamento di 400 Mln di Euro per il 2022-2026.
Il Progetto MER prevede interventi per il ripristino e la protezione di habitat marini, il rafforzamento del sistema nazionale di osservazione degli ecosistemi marini e costieri e la mappatura degli habitat costieri e marini di interesse conservazionistico nelle acque italiane con l’acquisizione di una nuova unità navale oceanografica, dotata di apparecchiature altamente tecnologiche in grado di mappare e campionare i fondali fino a 4000 m di profondità, oltre che una strumentazione acustica ad altissima risoluzione.
Alcune delle principali attività previste dal Progetto MER riguardano:
- la ricostruzione di banchi di ostrica piatta europea (Ostrea edulis) in 5 regioni dell’Adriatico: Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. A livello globale, si stima che l’85% dei banchi naturali di ostriche sia andato perduto, rendendo questo habitat uno dei più minacciati al mondo. Le ostriche hanno la capacità di costruire veri e propri reef calcarei, l’equivalente alle nostre latitudini delle scogliere coralline tropicali, per questo sono chiamate “ingegneri ecosistemici”.
- la mappatura degli habitat costieri di tutta la costa italiana. Ad oggi il Paese possiede una cartografia della Posidonia oceanica, realizzata anche più di venti anni fa, e quindi ormai obsoleta; con il progetto MER si completerà la cartografia in un unico intervallo temporale su tutto il territorio nazionale, garantendo maggiore uniformità e precisione nei dati. Le attività di mappatura sono in corso di realizzazione con l’utilizzo di diverse tecnologie all’avanguardia, tra cui:
- sensori satellitari ad altissima risoluzione, per l’analisi di un’area complessiva di 9.232 km².
- sensori LiDAR topografico e batimetrico da aereo, con immagini RGB-NIR a 10 cm di risoluzione, per una copertura di 5.147 km² e 12.600 km².
- rilievi iperspettrali da aereo, su una superficie di 977 km².
- tecnologia Multibeam, basata sulla propagazione delle onde acustiche per studi batimetrici, su 3.798 km².
- acquisizioni in situ con Autonomous Underwater Vehicle (AUV), per esplorare 4.000 km lineari di costa.
La mappatura degli habitat costieri fornirà una visione dettagliata e aggiornata degli ecosistemi marini e costieri italiani, con particolare attenzione alle Aree Marine Protette e ai Siti Natura 2000 (SIC, ZSC, ZPS). Un passo fondamentale per la tutela e la gestione sostenibile di questi preziosi habitat.
- Il monitoraggio mediante radar costieri in banda HF (una strumentazione che consente il monitoraggio della circolazione marina superficiale e delle onde) prevede l’installazione di 13 nuove antenne e la manutenzione di 8 antenne esistenti con una copertura totale di mare di circa 9800 km².
- la realizzazione di una nuova rete nazionale di boe d’altura per il monitoraggio del moto ondoso, delle correnti marine e dei parametri meteo, aggiungendosi alla già esistente Rete Ondametrica Nazionale (RON). Si prevede di installare a diverse miglia dalla costa, all’interno della futura Zona economica esclusiva (ZEE), almeno 6 stazioni di monitoraggio su fondali fino a 1000 metri ed almeno 4 stazioni di monitoraggio su fondali fino a 3000 metri.
- Il ripristino della rete RON con i suoi 15 punti di monitoraggio, uniformemente distribuiti lungo le coste nazionali, integrando i sensori ondametrici con misuratori di corrente e strumentazioni utili alla completa definizione del clima marino e meteorologico, che fornirà elementi fondamentali per gli scenari di cambiamenti climatici che interesseranno la nostra penisola nei prossimi anni e decenni.
- La mappatura di circa 79 monti sottomarini (seamounts), localizzati oltre le 12 miglia nautiche nel Mar Ligure, alto e basso Tirreno, Mar di Sardegna, Mar Ionio e Mare Adriatico meridionale, tra i 200 e i 2000 m di profondità. Per tale obiettivo, si utilizzeranno robot sottomarini (ROV) in grado di registrare video in alta definizione e strumenti acustici ad alta risoluzione, con una unità navale che lavori H24 per oltre 200 giornate. Le attività sono in corso e si concluderanno a giugno 2026. I dati geofisici, biologici ed ecologici raccolti permetteranno di descrivere i popolamenti profondi e la biodiversità dei seamount, col fine ultimo di creare un sistema di aree protette marine di alto mare, che consenta di rispondere agli obiettivi della strategia europea al 2030 per la biodiversità.
- Ripristino degli habitat sensibili quali le praterie a Posidonia oceanica, l’habitat coralligeno e le foreste a Cystoseira al fine del recupero dei servizi ecosistemici associati e della biodiversità, e garantire lacarbon sequestration. Gli interventi sono in corso di realizzazione in 5 regioni costiere Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Calabria, alle azioni di ripristino saranno affiancate specifiche azioni di protezione delle aree, con l’obiettivo di promuovere ed accelerare il naturale recupero e ripristinare la connettività̀ ecologica.
- L’installazione di 91 campi ormeggio su territorio nazionale, come intervento di ripristino passivo, sta prevedendo la realizzazione di circa 1500 boe come strumento per la tutela degli habitat di pregio marino costieri, permettendo la mitigazione/eliminazione del disturbo diretto legato all’ancoraggio e il conseguente danneggiamento dei fondo marino. Le aree per la realizzazione dei campi ormeggio sono state individuate all’interno e/o adiacenti alle Aree Marine Protette, ai Parchi Nazionali con tutela a mare e alle aree facenti parte della Rete Natura 2000. Le procedure di installazione, gestione e manutenzione dovranno garantire il ricorso a sistemi di ultima generazione, compatibili con le caratteristiche dei fondali, assicurando il minore impatto ambientale possibile in funzione delle caratteristiche fisiche e biologiche del sito prescelto.
- I dati ISPRA mostrano che l’86,5 % dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e il 94% di questi sono costituiti da reti abbandonate. Il progetto MER prevede l’individuazione ed il ripristino di almeno 15 aree dove sono stati localizzati attrezzi da pesca e/o di acquacoltura abbandonati, preservando la fauna e flora locali.
Da Verne all’Europa: esplorare per proteggere
Con questa missione, Ispra dimostra come l’esplorazione non sia più un lusso da romanzo ottocentesco, ma una necessità scientifica e politica. Capire le profondità marine è il primo passo per proteggerle.
E se oggi la tecnologia ci consente di osservare gli abissi come mai prima d’ora, è nostro compito usare questa conoscenza per difendere ciò che resta ancora intatto.
Con questa esplorazione, Ispra conferma il proprio impegno nella ricerca applicata alla protezione del mare, contribuendo a far emergere dall’oscurità un mondo sommerso che, grazie alla scienza, diventa sempre più conosciuto e tutelato.
La prossima fase del progetto vedrà nuove spedizioni partendo dal Golfo di Napoli, alla volta del Mar Tirreno meridionale, settentrionale e del Mar Ligure, con l’obiettivo di ampliare la mappatura e raccogliere ulteriori dati per la tutela degli ecosistemi marini profondi.