Negli ultimi quindici giorni Palermo ha registrato una sequenza impressionante di episodi di violenza urbana: turisti aggrediti e rapinati, commercianti picchiati nei propri negozi, lavoratori pubblici colpiti durante il servizio, minori coinvolti in furti e pestaggi, vetrine sfondate, locali presi d’assalto, arredi urbani distrutti o rubati.
Un vero e proprio bollettino che attraversa tutti i quartieri del centro storico, dall’Albergheria alla Vucciria, da via Roma a via Maqueda. A essere sotto attacco non è solo l’ordine pubblico, ma la convivenza civile stessa.
L’ultimo caso avvenuto ieri alla Cioccolateria Lorenzo con l’aggressione dei dipendenti del locale e dello sfogo dei titolari del locale ha destato grande amarezza e rabbia tra commercianti, cittadini e turisti pone la necessità di fare un quadro della situazione per provare a comprendere che aggressioni, furti e paura sono crepe che mettono a rischio la sicurezza urbana di Palermo, dove a essere sotto attacco non è solo l’ordine pubblico, ma l’idea stessa di comunità.
Attraverso un racconto narrativo costruito sulla realtà dei fatti di cronaca raccolti nelle ultime due settimane, analizziamo i singoli episodi e li collochiamo in un quadro più ampio, che mette in luce le cause strutturali del degrado: carenza di presidi di sicurezza, abbandono delle periferie centrali, povertà educativa, disagio giovanile, overtourism senza regole e desertificazione commerciale.
E tutte, raccontano una città che non si sente più protetta: commercianti pronti a chiudere, cittadini sfiniti, turisti scossi, istituzioni spesso in ritardo.

Ma Palermo non può essere lasciata sola. Le risposte non possono essere solo repressive: servono centri educativi nei quartieri, operatori sociali sul territorio, politiche urbane che ricostruiscano fiducia e presidio.
“Palermo, la città fragile” è un viaggio “duro ma necessario” tra i margini di una città bellissima e ferita, che oggi si trova davanti a una scelta cruciale: ricomporsi come comunità o arrendersi alla frattura.
La notte che non dorme mai
Il volto di Palermo, d’estate, si riflette nelle pietre lucide del centro storico. Tra i vicoli dell’Albergheria, dove l’ombra scivola sulle pareti umide e i lampioni sono pochi e stanchi, il silenzio non è mai completo. Il turista inglese, arrivato per assaporare la città autentica, camminava verso l’hotel attorno all’una di notte, lo zaino sulle spalle, il passo distratto. Tre giovani lo hanno accerchiato, picchiato con violenza e lo hanno lasciato a terra sanguinante, privo di sensi. La rapina è durata poco. Le ferite — alla testa e al volto — sono state refertate in ospedale, mentre i tre aggressori, tutti minorenni tra i 15 e i 17 anni, venivano rintracciati dalla polizia poco dopo grazie alle telecamere e arrestati.

Un episodio tra i tanti, ma che ha avuto eco grande. Il sindaco Roberto Lagalla ha definito l’aggressione “intollerabile”, parlando di “un gesto che danneggia l’immagine di Palermo nel mondo e che nulla ha a che fare con la cultura dell’accoglienza della nostra città”. Il ministro del Turismo Daniela Santanchè, intervenuta via social, ha invocato “certezza della pena per chi compie atti così ignobili”.
Solo poche ore prima, nella stessa notte, una turista francese era stata scippata della collana in via Maqueda. Il ladro, anche in quel caso, è stato fermato nel giro di quattro ore. “Grazie a chi ha collaborato. Palermo è una città bellissima, ma attenti alle collane!”, ha scritto la donna sui social.
Nello stesso quadrante di città, la Vucciria — simbolo della movida e del caos — è diventata teatro di un’aggressione a turisti nella zona del mercato notturno. Secondo quanto riportato, sarebbero stati presi a calci e pugni da un gruppo di persone, mentre altri testimoni parlavano di tensioni ricorrenti in quell’area.
I fatti non si contano più: e raccontano una Palermo in difficoltà, dove la vita quotidiana di turisti, cittadini, commercianti e microcriminalità diventa ogni giorno più precaria e difficile con la microcriminalità e la violenza crescente.
Una città che continua ad attrarre, ma che non riesce a difendersi. E che, sotto la superficie di una rinascita estetica e turistica, svela crepe profonde. A ogni aggressione, una domanda: chi protegge davvero Palermo?
La geografia della paura e le voci stanche della centro storico
Ogni giorno una nuova ferita. Ogni quartiere un bollettino. Palermo sembra non riuscire più a reggere questa situazione, mentre i suoi cittadini imparano a distinguere il rumore di una saracinesca che si abbassa in fretta da quello di un vetro che va in frantumi. La mappa della città, negli ultimi quindici giorni, è diventata un tragitto a ostacoli tra rapine, pestaggi, furti e danneggiamenti.
In via Roma, pieno centro, un commerciante è stato aggredito da tre ragazzi mentre si trovava all’interno del proprio negozio. Uno di loro, minorenne, è stato fermato: aveva già precedenti. Il titolare, colpito con calci e pugni, ha riportato lesioni guaribili in sette giorni. Pochi isolati più in là, un addetto alla sicurezza di un grande magazzino è stato preso a pugni da un uomo sorpreso a rubare. Anche lui è stato arrestato.
I colpi non risparmiano neppure i luoghi simbolo della città: al Giardino dei Giusti, è stata rubata la pedana per disabili che era stata donata alla struttura nemmeno un mese fa. L’amarezza di Pino Apprendi, legato a quel luogo, è lapidaria e chiara: “Un gesto infame, compiuto in un luogo che rappresenta la memoria collettiva e il rispetto”.
E le strutture comunali come l’ex Fonderia Oretea, spazio adibito dal Comune per celebrare i matrimoni civili che sabato 5 luglio, hanno visto il furto nella notte di cinque condizionatori nella sede comunale di piazza Tarzanà e lo spostamento dei matrimoni alla sede di Villa Niscemi, con non pochi disagi per i residenti.
Ancora il centro storico, ancora le botte. Un autista dell’Amat è stato aggredito da due uomini a bordo della linea 364. Hanno scavalcato il tornello, rifiutato il biglietto e lo hanno colpito in pieno volto. Uno dei due è stato denunciato.
Nella zona di via Altofonte, un imprenditore è stato rapinato sotto casa da due persone a volto coperto, armate di pistola. Dopo le indagini, la polizia ha arrestato i presunti responsabili.
Sempre in centro, invece, tre minorenni sono stati sorpresi dalla polizia mentre rubavano una borsa: erano già stati denunciati per altri reati. Sarebbero i responsabili, insieme ad alcuni complici, ancora non identificati, di furti e rapine compiute in centro a Palermo negli ultimi mesi. Tra i luoghi individuati per compiere le rapine, ne sarebbero stati scelti alcuni ritenuti epicentro di movida o di attrazione turistica come l’ingresso alla Vucciria in via Roma e lo spazio adiacente alla Chiesa di San Cataldo a Piazza Bellini. I tre facevano parte di una banda, responsabile di assalti e razzie, aggressioni ai passanti, furti di cellulari e denaro e avrebbero anche borseggiato dei turisti.
“Non possiamo più lavorare tranquilli”, ha dichiarato il titolare di un locale in via Garibaldi finito nel mirino dei ladri. Dopo l’ennesimo furto, è stato multato per aver tentato di difendersi.
Nel quartiere Kalsa, ignoti hanno infranto le vetrine di una scuola di ballo per rubare attrezzature e casse acustiche. Nessun segno di effrazione. Nessun colpevole individuato. Tra Albergheria, Ballarò e Vucciria, otto pusher travestiti da rider consegnavano droga in motorino. Un’organizzazione radicata, smantellata con un’operazione dei carabinieri.
Una città che si muove sul filo. E ogni notte diventa una prova di resistenza e l’ennesimo racconto che lascia tanta amarezza e rabbia nei cittadini e nel tessuto economico palermitano. Un filo rosso unisce queste voci: paura, solitudine, rassegnazione. Palermo e tanti testimoni diretti e indiretti di questa violenza quotidiana si raccontano in un tono basso. E stanco.
La voce del titolare del locale del centro storico rimbalza sui social, carica di frustrazione: “Lavoriamo onestamente e viviamo nel terrore. Nessuno ci tutela. Non ci danno strumenti per difenderci e quando lo facciamo veniamo denunciati e multati. Siamo stanchi. Davvero stanchi”. È la risposta pubblica all’ennesima incursione subita. Dopo aver reagito per proteggere la propria attività da un gruppo di ladri, l’uomo è stato denunciato e multato per esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Il commerciante, aggredito in via Roma, racconta la violenza improvvisa: “Ero nel negozio quando sono entrati in tre. Uno di loro mi ha colpito al volto con un pugno. Poi hanno cercato di portare via dei soldi”.
Intanto i turisti si sfogano sui social. “Attenti alle collane!”, ha scritto la turista francese rapinata in pieno giorno, prima di ringraziare le forze dell’ordine per l’arresto rapido: “Hanno trovato il colpevole in quattro ore. Bravi”.
Altri titolari raccontano così: “Ci hanno colpiti senza motivo, con una violenza gratuita. I nostri dipendenti sono ancora sotto shock. Non è la prima volta. Chiediamo rispetto per chi lavora”.
Le cause profonde: presidi inefficaci, degrado sociale e povertà educativa
Sotto la superficie degli episodi quotidiani si agita una crisi strutturale. Le strade raccontano ciò che i numeri confermano: presidi poco efficaci, degrado sociale, povertà educativa e una città che sembra aver perso il controllo su se stessa.
Secondo i dati del sindacati , in Sicilia mancano oltre 1.500 agenti rispetto all’organico previsto. A Palermo, la presenza nelle strade è sempre più intermittente. I cittadini lo sanno, e anche chi delinque.
Intanto cresce la presenza di minori in reati predatori. Negli ultimi 15 giorni almeno cinque minorenni sono stati arrestati o denunciati per rapine e aggressioni. Si tratta spesso di ragazzi fuori da ogni circuito scolastico, privi di alternative e riferimenti.
A Palermo oltre il 20% dei minori vive in condizioni di grave deprivazione, e il tasso di dispersione scolastica supera il 25% (Dati Istat e Save the Children, 2024). La scuola non basta più. Le famiglie sono sole. Le opportunità nulle.
Nel frattempo, Palermo vive un boom turistico senza regole. Oltre 6 milioni di presenze annue nel 2025. Ma l’overtourism, senza protezione sociale, si trasforma in vulnerabilità.
Palermo e “overtourism” in centro storico: la città che non dorme mai
Sicurezza urbana: Palermo ha gli strumenti, ma non la regia
Eppure si deve riconoscere che negli ultimi due anni, Palermo ha avviato una serie di interventi per rafforzare la sicurezza urbana e il controllo del territorio, con particolare attenzione al centro storico e alle zone della movida. Alcuni di questi provvedimenti sono stati visibili, anche simbolicamente forti. Ma una lettura d’insieme restituisce un quadro frammentato, dove le singole iniziative raramente si integrano in una strategia coerente.

Abbiamo già detto che Prefettura e le forze dell’ordine hanno avviato una serie di operazioni congiunte denominate “Alto Impatto”. Si tratta di blitz interforze che coinvolgono polizia, carabinieri, guardia di finanza e municipale, e che vengono concentrati nei weekend nei punti più sensibili: Ballarò, Vucciria, stazione centrale, Borgo Vecchio. Tuttavia, la natura estemporanea di questi interventi limita fortemente il loro impatto duraturo.
Sempre in centro, è stato istituito un presidio fisso della Municipale ai Quattro Canti, con due pattuglie a piedi lungo via Maqueda e corso Vittorio Emanuele. La loro presenza è pensata come deterrente contro borseggi, abusivismo e molestie ai turisti. Ma anche in questo caso, la percezione diffusa è quella di una copertura discontinua, legata più a determinati orari che a una reale continuità di presidio.
Al contempo, prosegue il “micro restyling” di arredi urbani e pavimentazioni per valorizzare le piazze e ridurre il degrado. in sostituzione dei new jersey, e altri sono in arrivo. L’obiettivo era duplice: proteggere i luoghi ad alta densità di passaggio da potenziali atti ostili e, al tempo stesso, restituire un aspetto più decoroso agli spazi pubblici.
Queste azioni si affiancano a piccoli interventi di riqualificazione urbana, con arredi rinnovati e marciapiedi sistemati in alcune piazze chiave. Ma si tratta, più che altro, di strumenti di prevenzione passiva. Non incidono sul fenomeno della microcriminalità, anzi lo subiscono con atti vandalici e degrado.
Dal punto di vista operativo, la Polizia Municipale ha beneficiato nel 2024 di un piano di potenziamento con fondi ministeriali. Oltre 1.200 servizi aggiuntivi sono stati attivati nel centro storico e in altre aree critiche, in particolare nei fine settimana. Sono stati rafforzati i controlli amministrativi e ambientali, e ampliata la rete di videosorveglianza con decine di nuove telecamere.

Sul fronte tecnologico, il progetto più ambizioso resta la Control Room comunale, attiva dal 2023. Una sala operativa integrata per monitorare la città in tempo reale che raccoglie dati da sensori, telecamere, termocamere e algoritmi IA per monitoraggio e intervento, in collaborazione con Vigili del Fuoco e Protezione Civile .
Tuttavia, come riportato dalla Terza Commissione consiliare in una nota congiunta del 25 maggio 2025, la Control Room funziona oggi al minimo delle sue potenzialità. A fronte di un grande investimento tecnologico, mancano gli operatori specializzati, i collegamenti con gli altri uffici comunali e un utilizzo sistematico dei dati raccolti.

Nota a cui aveva risposto l’assessore all’Innovazione Fabrizio Ferrandelli, il 4 giugno : “Stamani, insieme alla governance di Sispi e ai miei uffici, ho avuto l’opportunità di illustrare alla terza Commissione consiliare le attività che l’ufficio Innovazione sta portando avanti nell’ottica di raddoppiare gli impianti di videosorveglianza presenti in città, procedendo, così come da indicazioni Anac, all’accesso a gare Consip e assicurando che la nostra società controllata Sispi abbia pieno controllo della connettività degli stessi al fine di potenziare la Control room”, dichiarava l’assessore.
“Ho avuto modo anche di illustrare le attività di formazione espletate per il personale comunale e delle aziende partecipate, e il completamento del piano di programmazione delle funzioni gestionali delle varie aree del Comune delle aziende per addestrare il personale della Control room. Piano che si è concluso dopo diversi incontri, diretti del sindaco in persona alla presenza dei presidenti, dei direttori generali di tutte le aziende e di tutti i capi area. Ritengo si stia procedendo nella direzione giusta, per poter aumentare i livelli di sicurezza della città e utilizzare pienamente il sistema di gestione della nostra Control Room grazie al coinvolgimento del personale interessato. Ritengo altrettanto importante, nella cornice generale del masterplan generale che ci fa da guida, ascoltare e accogliere le indicazioni opportune che verranno dalle Commissioni consiliari, dalle Circoscrizioni e dal Consiglio comunale, al fine di dare una sempre più calzante risposta alle esigenze del Città”, concludeva Ferrandelli.
Tutti questi strumenti — pur significativi — risentono di una debolezza strutturale. Non sono tra loro integrati, non costruiscono una rete stabile e non arrivano a garantire quella presenza quotidiana e relazionale di cui la città avrebbe bisogno. Palermo ha agito, ma in modo isolato, per compartimenti.
Ogni intervento ha mostrato un potenziale, ma senza una regia politica e amministrativa che lo tenga insieme agli altri. La sensazione questa dinamica trasmette ai cittadini e commerciati è che sia ad alto impatto simbolico, con risultati spesso temporanei e non incisivi.
Presidi “Alto Impatto”: efficaci o scenografici?
I presidi “Alto Impatto” sono operazioni straordinarie messe in campo dal Ministero dell’Interno in diverse città italiane, comprese Napoli, Milano, Bari e Palermo. A cadenza settimanale — spesso nel weekend — prevedono il rafforzamento delle forze dell’ordine in zone ritenute sensibili, con controlli congiunti (polizia, carabinieri, guardia di finanza), posti di blocco, identificazioni a tappeto e perlustrazioni nei quartieri a rischio. A Palermo, vengono attuati nei fine settimana soprattutto nel centro storico, tra Vucciria, Ballarò, Capo, stazione e Borgo Vecchio.
Ma una domanda inizia a crescere tra cittadini e società civile palermitana: funzionano?
Dal punto di vista del messaggio istituzionale, questi presidi producono un effetto visivo e simbolico: mostrano una presenza dello Stato, una risposta forte. Tuttavia, la loro efficacia strutturale è molto discussa. Gli episodi descritti nell’articolo — aggressioni, rapine, furti, vandalismi — avvengono spesso a distanza di poche ore dai presidi stessi. Il problema è che queste operazioni sono intermittenti, non radicate, non relazionali.
Producono deterrenza momentanea, ma non costruiscono fiducia. E soprattutto non incidono sulle cause profonde: povertà educativa, assenza di opportunità, degrado urbano, abbandono dei quartieri.
L’alternativa non è solo una maggiore quantità di divise, ma una qualità diversa della presenza territoriale: polizia di prossimità, pattugliamenti leggeri e quotidiani, agenti noti ai cittadini, in grado di costruire relazioni. A questo va affiancata una rete civica fatta di educatori di strada, mediatori culturali, operatori sociali.
La sicurezza urbana è un equilibrio che si costruisce nel tempo: con la presenza, la prevenzione, la cura, i “blitz” settimanali servono più a rassicurare l’opinione pubblica che a invertire una rotta. Per cambiare davvero direzione, servono presidi che non si vedano solo nel fine settimana, ma che siano parte della vita quotidiana delle strade.
Altri modelli possibili: cosa fanno altrove le città che funzionano?
Se i presidi “Alto Impatto” a Palermo non bastano, viene naturale chiedersi se ci siano altrove, in Italia, pratiche che funzionano. Città simili per dimensioni e complessità — centri con una forte componente storica, turistica, e quartieri popolari — che abbiano adottato strategie più efficaci per affrontare l’insicurezza quotidiana. La risposta è sì. E non si tratta necessariamente di investimenti straordinari o misure emergenziali, ma spesso di una diversa filosofia del presidio urbano.

A Parma, ad esempio, il Comune ha lanciato il progetto degli “Agenti di Comunità”, forze di polizia municipale dedicate esclusivamente al centro storico, in servizio a piedi e in costante dialogo con commercianti e residenti. Non semplici agenti in divisa, ma figure riconoscibili, che ascoltano, intervengono, costruiscono legami. “La loro presenza è diventata una garanzia”, ha dichiarato l’amministrazione, registrando un calo significativo delle segnalazioni di degrado.
Anche ad Arezzo la sicurezza passa dalle relazioni: una rete civica con commercianti “referenti di quartiere” si coordina in tempo reale con le forze dell’ordine, segnalando anomalie, furti, presenze sospette. Il risultato? Tempi di intervento dimezzati e, soprattutto, una sensazione diffusa di protezione reciproca.

Bergamo ha scelto la via della prossimità pura: dieci agenti municipali pattugliano ogni giorno le vie del centro a piedi, sei giorni su sette, con compiti non solo repressivi ma anche educativi e preventivi. A Pisa, dove il turismo è elemento centrale della vita urbana, è stata istituita una vera e propria “Polizia Turistica”, formata per dialogare con i visitatori, intervenire nei borseggi e tutelare i percorsi culturali.
Persino Roma — città caotica e monumentale — ha attivato un gruppo speciale della Polizia Locale dedicato esclusivamente al centro storico, il PICS, che lavora quotidianamente contro abusivismo, vandalismi e microcriminalità.
Questi modelli dimostrano che un’altra strada è possibile. Palermo non ha bisogno solo di più uomini, ma di agenti che ci siano tutti i giorni, a piedi, riconoscibili, capaci di interagire. E accanto a loro, commercianti non lasciati soli, operatori sociali nei quartieri, strumenti digitali per segnalare e reagire. Serve una sicurezza che sia parte della città, non che arrivi da fuori solo nei weekend.
Perché la paura non si cancella con le sirene. Si dissolve, lentamente, quando qualcuno presidia, conosce, si prende cura.
Il cortocircuito, una città in bilico. E la domanda ricorrente: chi protegge Palermo?
Palermo si apre al mondo, ma non riesce a proteggere sé stessa. Il centro storico è vetrina e trappola insieme. I commercianti iniziano a cedere. “Sono tentato di chiudere e mollare tutto”, ha dichiarato uno di loro, una delle tante vittime di aggressioni e rapine in centro (e non solo).
Il rischio non è solo la perdita di sicurezza. È la perdita di senso. Quando vivere, lavorare o semplicemente attraversare uno spazio urbano diventa un atto di resistenza, non si tratta più solo di reati. Si tratta di sopravvivenza civile.
La città non può rispondere con la sola repressione. Servono presidi educativi (oltre che di sicurezza) efficaci e diffusi nei quartieri, centri aggregativi, educatori di strada. Serve una visione condivisa. Un patto tra istituzioni, scuole, cittadini. E serve bellezza “concreta”: spazi curati, illuminazione, arredi, pulizia. Anche l’ambiente urbano è prevenzione e tanti soldi per manutenzione e cura, non spot!
Palermo è a un bivio. Può scegliere di cedere o di ricostruirsi. A partire non dalle telecamere, ma dalle persone.