E chi lo dice che l’arte contemporanea e profana non possa accedere negli spazi dedicati all’arte sacra? La mostra dal titolo La Teoria delle Trasparenze, antologica del pittore Benedetto Poma presso il Museo Diocesano di Caltagirone – aperta al pubblico dal 23 luglio 2020 al 7 novembre 2021 – risponde a questa domanda. Benedetto Poma è un artista dall’indiscusso talento e dalla trentennale esperienza. Egli ha maturato una sua poetica in perenne evoluzione, intima e personalissima. Questo non solo perché conosce profondamente il ‘mestiere’, ma perché ha sperimentato e accresciuto uno stile figurativo che è altamente spirituale.
Poi c’è il gioco del caso: il sogno ‘folle’ di uno storico dell’arte, Carmen Bellalba, che vuole realizzare una mostra che riassuma l’intera carriera dell’artista. Così gli presenta il direttore del museo, Fabio Raimondi, un sacerdote dotato di intuito. Benedetto Poma visita il museo per un’eventuale futura mostra e rimane folgorato da due opere lì esposte: Il Trono di Grazia, un dipinto del fiammingo Wrancke Van der Stockt e una ‘Immacolata’ seicentesca di scuola napoletana. Da questa ispirazione nasce Il Silenzio di Dio, il dipinto, che, come un punzone, segna e conferisce identità alla mostra. Questo lavoro di Poma rimarrà per sempre nel museo a ‘dialogare’ con i dipinti che lo hanno ispirato.
Le opere esposte sono ventisette, non tutte ispirate all’arte sacra. Troviamo singolare che un museo diocesano abbia avuto questo coraggio, come ci racconta Carmen Bellalba: «Abbiamo lavorato parecchio e sono davvero stanca… Tra un po’ padre Fabio mi darà l’estrema unzione». Anche questo è lo spirito dell’esposizione, un accogliere punti di vista diversi rispetto a canoni stabiliti, un dialogo scanzonato e amichevole tra persone, consacrate e non, fatto di rapporti umani e da una comunione di intenti. Ma Bellalba torna seria alle mie domande sulle evoluzioni dello stile del pittore Poma: «Possiamo individuare almeno tre fasi nell’opera dell’artista. La prima risale agli anni ’90 ed è più statica, ancora accademica e ispirata a de Chirico; a mano a mano si trasforma e prende spunto dal disegno, soprattutto quello architettonico (Poma, del resto, è un architetto). Il disegno diventa la base, il barocco siciliano diventa una sorta di esercitazione per i suoi giochi di luce.
Io lo definisco un ‘catturatore’ di luce, una luce che parte dall’interno, agisce come un evidenziatore e fa abbandonare l’appiattimento. A un certo punto, lui, pittore sostanzialmente figurativo, si lascia andare all’astrattismo che convive con le figure architettoniche e umane nello stesso dipinto. I colori forti e le loro campiture insistenti permettono la dissolvenza dello spazio che viene come annullato. Dopo quest’altra fase, Poma si lega al dato storico, all’aneddoto e ai simboli. Irrompe il mito classico e ritornano spesso le immagini di sculture, si pensi ai modelli di Prassitele o di Lisippo. Si addentra nel mito e realizza l’opera Le Sirene di Ulisse, in un itinerario contemporaneo, dove il viaggio di Ulisse è quello di ogni uomo. Poi viene folgorato da uno dei miti siciliani: quello dei Normanni. Nasce allora Un Regno nel sole: una serie di dipinti, infatti, racconta la saga degli Altavilla, dal Granconte Ruggero a Federico II. Un quadro ne reca proprio tutta la storia in un’impaginazione multipla. Il Silenzio di Dio forse fa parte di una quarta fase di riflessione, sempre più spirituale. Di fronte alla bellezza di questi quadri di devozione, l’immagine di Dio scompare, lasciando spazio alla misericordia di Maria, coprotagonista della salvezza».
Sono tempi difficili e il futuro appare incerto: l’artista ha scelto questo titolo provocatorio forse per farci riflettere, cercando un’idea di immaterialità, che, attraverso il silenzio, parli alle nostre coscienze. La mostra del resto è dedicata a Franco Battiato e vuole essere un’apertura a una visione della spiritualità intesa non solo in senso cattolico. «Alcune musiche di Battiato accompagneranno i visitatori nel loro percorso. Ho scelto i testi più mistici», aggiunge Carmen Bellaba. Perdersi nella ‘visione sognata del mondo’ di Poma attraverso il dialogo con le opere del passato è di certo una lettura innovativa per un contenitore come un museo diocesano. Che il contenuto crei da sé luce è solo un invito al viaggio interiore di ognuno, aperto a ogni fede. O forse è ‘l’ombra della luce’, direbbe Battiato, il primo gradino per un percorso verso un’altra luce, quella senza tempo.
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