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Due artisti, Max Papeschi e Max Ferrigno, si incontrano sul terreno comune della creatività nella mostra “Pyongyang Rhapsody | The Summit of Love” in esposizione allo ZAC, Cantieri Culturali alla Zisa.
Protagonisti sono Donald e Kim, sono i cognomi a fare la differenza, ovvero Trump e Jong-un, attori di clamorosi, e già farseschi, eventi di cronaca negli ultimi mesi: dalla guerra dichiarata a mezzo stampa e social alla pace con stretta di mano, non virtuale questa volta, davanti al mondo intero.
Parte da questo susseguirsi di eventi il materiale che ha ispirato Papeschi e Ferrigno, per la realizzazione dei 18 pannelli in esposizione.
E se Papeschi non è nuovo a questo genere di operazioni, già apprezzate in una tournée internazionale proprio negli Stati Uniti con il progetto “Welcome to North Corea“, realizzata in collaborazione con Amnesty International, in questa occasione il progetto si rafforza con la mano irriverente di Max Ferrigno, anche lui noto per le interessanti declinazioni di pop art.
Lo spazio ZAC si presta bene all’esposizione della “partita di tennis” a colpi di simboli ed immagini irridenti: se da un lato c’è Kim Jong-un in versione Santa-Kalì, dall’altro c’è Donal Trump/dio Ra del denaro.
E poi ancora parodisticamente, restando sempre nell’ambito dei giochi, da un lato c’è il Monopoli targato Nord Corea e, dall’altro in risposta, il Gioco dell’Oca degli States: e se Tramp si sostituisce a Gesù nell’Ultima Cena di Leonardo, per ritrovarsi solo, in mezzo ad un vuoto cosmico, Kim ruba il posto alla Venere di Botticelli, e si circonda solamente di cloni del suo pupillo, il giocatore di basket Dennis Rodman.
Salta subito agli occhi come l’estro degli artisti, nutrito da creatività e fantasia, colga la potenzialità della cronaca internazionale.
Un carosello di immagini mostruosamente iconiche che rivelano l’assurda realtà di una pace, costruita sul filo del rasoio, tanto acclamata quanto teatrale: alle immagini di Papeschi fanno da contraltare, in un vortice di colori di tradizione hippie, le bandiere della Nord Corea nelle quali il simbolo del paese asiatico è tradotto in chiave pop-erotica, sottolineando l’aspetto ironicamente romantico di questo “incontro d’amore“.
Chiudono il percorso due pin-up/soldato, proprie dell’immaginario di Ferrigno, che salutano gli spettatori con uno sguardo apparentemente languido ma in realtà sottintendono un’anima torva, sintesi del dualismo su cui gioca la mostra al confine tra drammatico reale e cronaca surreale.
Due modi diversi di raccontare: uno di lettura immediata, l’altro politicamente, e dichiaratamente, scorretto ma sorprendentemente intrigante.
La mostra, promossa dal Comune di Palermo, curata da Laura Francesca Di Trapani e organizzata da Fondazione Job, rimarrà fruibile ad ingresso libero fino al 24 marzo (dal martedì alla domenica; 9,30-18,30).