Un libro di Teresa Triscari, già sotto l’egida di “Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018” che l’ha inserito anche nella sua programmazione culturale con il fregio “Nel segno delle culture”.
Domenica 31 marzo alle ore 17,30 presso lo Spazio Polifunzionale di via Leonardo Da Vinci, 21 a Lascari, si svolgerà la conferenza di presentazione del libro di Teresa Triscari “C’era una volta… e c’è ancora”, Edizioni Tracce, Pescara.
L’iniziativa, organizzata dall’Associazione di Promozione Sociale “Il Girasole” e dal MuVi Lascari, ha ottenuto il patrocinio da parte dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Lascari, della Città di Palermo ed ha ricevuto, per gentile concessione della Presidente Dacia Maraini, il patrocinio dell’Associazione Culturale Onlus Premio Elsa Morante.
Dopo i saluti di Salvatore Ilardo (coordinatore del MuVi Lascari) e Giuseppe Abbate (Sindaco di Lascari), dialogheranno con l’autrice: Maria Elena Amoroso (Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Lascari), Mario Giambalvo (Insegnante di Lettere all’I.I.S. Mandralisca di Cefalù). Modererà i lavori Lucrezia Anselmo (Insegnante di Filosofia al Liceo delle Scienze Umane I.P.S. Scicolone di Cefalù). Leggeranno alcuni brani e poesie del libro Jessica Glorioso e Vincenzo Noto.
Il libro, dieci storie, ciascuna delle quali preceduta da una poesia, si coniuga molto bene con l’habitat di Lascari, impegnata nel rilancio del suo patrimonio storico, artistico e paesaggistico. Questo habitat fatto di strade e straduzze, ma anche di tanta arte e poesia, riaffiora nei racconti di “C’era una volta” che trascrivono e descrivono le bellezze meno note dei nostri luoghi.
La narrazione si articola principalmente in tre filoni: la problematica del diverso; la problematica ambientale; la problematica sociale.
E qua andiamo alla Favola che ha sempre una valenza educativa e allegorica. La Favola può essere divertente, come tutte le storielle che ci raccontano i clown del circo (ma sono divertenti? Ma non sono tristi quei clown?) o drammatiche come “La vita è bella” di Benigni. La Favola, in ogni caso, permette di raccontare anche situazioni difficili e fatti storici drammatici in modo leggero e convincente. Permette di parlare della problematica del diverso senza suscitare imbarazzi o risentimenti.
E, in queste storie, i diversi sono un po’ tutti: dall’albero delle due P”, che apre il libro e che è un essere antropomorfo; ai vari ermafroditi e gay che si celano sotto le sembianze di ninfe; ai bambini abbandonati, anche loro diversi, che ci raccontano il loro bisogno di esistere; ai migranti. Nel libro vengono ricordati Calvino, Elsa Morante, Sepulveda e la stessa Teresa Noce, scrittori che hanno sempre posto l´accento sulle problematiche sociali, civili, politiche pur raccontando storie allettanti, persino, divertenti; pur trattando temi difficili come quello del diverso che, in Sepulveda prende i panni di un gatto che cova l’uovo di una gabbianella facendo, di fatto la parte della femmina; lui, gattone bellimbusto che frequentava le birrerie italiane di Amsterdam!
E, in queste storie, ci sono messaggi tesi e sottesi ora di carattere politico, ora di carattere sociale, ora di carattere ambientale. Certamente non è stato difficile scriverle perché, come dice Pirandello, come dice Claudio Magris, come dice Saba, la realtà è tutta qua, sotto i nostri occhi, tra i nostri anziani, spesso emarginati, dimenticati, oggetto di vergogna; tra i nostri bambini, a volte trascurati, abbandonati e persino sfruttati, o, addirittura, utilizzati come cavie per esperimenti, come succedeva nella Romania di Ceausescu o ad Auschwitz nel periodo nazista, per non citare i tanti Paesi, anche europei di oggi.
La triste mappatura dei drammi sociali! Bambini che vivono e convivono con realtà fatte di continue frustrazioni; bambini sempre in cerca della loro mamma; bambini che devono tollerare espressioni come “utero in affitto” e “madre surrogata”; bambini che cercano sempre gli arcobaleni come diceva Charlie Chaplin.
L’autrice, quella citazione sugli arcobaleni l’ha messa ad epigrafe del racconto “La bambina dei palloncini” dove c’è sì fantasia ma c’è stimolo a crescere, ad andare in su, sempre più in su, come i palloncini e, soprattutto, a cercare un punto di approdo per i migranti, anche loro diversi. Storie o favole?
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