Neanche un anno e mezzo fa Almaviva considerava Palermo un sito strategico, tanto da volerlo trasformare in sede centrale per le attività del gruppo. Oggi, invece, vuole trasferire la proprietà del sito siciliano ad una società creata ad hoc e sempre controllata da Almaviva.
Un’operazione che desta non poche preoccupazioni tra i 3.400 dipendenti, i quali temono che la reale volontà dell’azienda sia quella di scorporare la sede siciliana per abbandonarla al proprio destino. Il rischio paventato dai sindacati è che Almaviva voglia rendersi le mani libere rispetto al sito palermitano, indubbiamente più costoso rispetto a quelli dei Paesi dell’Est, per affidare le commesse laddove il costo del lavoro è più basso.
Al di là delle reali finalità dell’azienda, cosa è cambiato da allora? Perchè questa giravolta da parte di Almaviva? È evidente, infatti, che lo scorporamento di Palermo non risponde alle intenzioni dichiarate da Andrea Antonelli, presidente di Almaviva Contact, durante un incontro con i sindacati tenutosi proprio a Palermo ai primi di gennaio 2017.
Un annuncio che colse di sorpresa le organizzazioni sindacali impegnate ad evitare i trasferimenti di molti lavoratori in Calabria e il licenziamenti di altri, ma che fu seguito da un ammorbidimento delle posizioni dell’azienda e da un accordo, firmato nel maggio del 2017, che dopo un anno di sacrifici prevedeva due anni di investimenti per il rilancio produttivo del call center.
In quell’accordo Almaviva si impegnava ad effettuare “ogni sforzo organizzativo e commerciale funzionale al conseguimento degli obiettivi di recupero della redditività del sito, allo scopo di conseguire nel più breve tempo possibile la piena saturazione della capacità produttiva; a tal fine, l’azienda destinerà in via prioritaria anche sul sito di Palermo le eventuali nuove commesse reperite sul mercato, fatti salvi i casi in cui sussistano specifici vincoli territoriali. Tali impegni sono assunti con l’obiettivo principale di contenere in maniera significativa, e ove possibile, azzerare il ricorso agli ammortizzatori sociali”.
Parole che stridono con quanto reso noto alcuni giorni fa dall’azienda. Un comportamento rispetto al quale i sindacati ed i lavoratori chiedono spiegazioni, anche perchè se Almaviva dovesse continuare per la propria strada sono pronti a ricorrere a tutte le armi di lotta in loro possesso.
“In base a quanto sottoscritto dalle parti – dichiara Maurizio Rosso della Slc Cgil – stiamo valutando la possibilità di impugnare l’accordo per la restituzione ai lavoratori del Tfr e dei 4 scatti di anzianità. L’accordo aveva un orizzonte programmatico molto più ampio dove il periodo dei sacrifici avrebbe condotto al potenziamento del lavoro e alla competitività dell’azienda. Questa societarizzazione e il continuo taglio dei salari – conclude – non servono più a nulla. In un mondo di servizi, sempre più sviluppato, occorrono investimenti per offrire qualità al cliente finale e per essere competitivi sul mercato”.