La mancanza di personale nel dipartimento strategico di Acqua e rifiuti è stata combattuta con le armi a disposizione. Non si sempre si sono rivelate formidabili o di particolare impatto.
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Nel frattempo, mentre le due metà dell’Isola impattano con la difficoltà di smaltire i rifiuti rispetto ai diversi baricentri dell’impiantistica privata ancora disponibile, Palermo e il suo territorio cercano soluzioni che non siano estemporanee.
Adesso, ancora per qualche tempo, il faro acceso su Bellolampo, il sistema discariche, gli incendi dolosi e le emergenze di stagione, reggeranno l’urto della cronaca. Poi, lentamente, la normalizzazione rischia di riprendere il suo posto.
Nella scorsa legislatura il presidente della commissione regionale Antimafia Claudio Fava, in una relazione molto dettagliata, pesante nei toni e specifica nei suoi contenuti, parlava di “emergenza come pretesto per conferimenti obbligati in discarica”, citando “il vassallaggio della funzione amministrativa” etichettando anche “il caso Bellolampo”. Era il 2020.
Fava non aveva mancato di chiedere, in quell’occasione, di rivedere le autorizzazioni Aia e Vas.
Il collegamento che l’Antimafia regionale aveva messo a fuoco collegava il sistema Montante con “interessi privati e compiacenze pubbliche”, ma il “malaffare” potenziale, le connivenze, le strategie di depotenziamento dell’ordine, come nel caso dei recenti incendi, esulano da un singolo contesto, anche se di marcata importanza e valgono anche per ciò che oggi viaggia sotto traccia ed è un nemico invisibile.
Tre anni dopo, nel bel mezzo di un’infuocata stagione estiva, il dipartimento dei Rifiuti di Viale Campania si trova a dover fronteggiare i soliti problemi con armi spuntate, poca voglia di trovarsi in “Zona Cesarini” e nei minuti di recupero con i rifiuti a margine delle località estive, i “vip” che si lamentano come fu nel caso di Selvaggia Lucarelli a Noto e le proteste che si intrecciano con le Srr che giocano nello scaribarile dello smaltimento e del trasporto dei rifiuti fuori regione.
Insomma, a distanza di anni, siamo ancora zero a zero. Certo, molte delle note sviluppate da Fava in quei giorni risentivano del contesto oggetto della relazione al punto che l’ex europarlamentare non risparmiava critiche sulla “scarsa capacità di approfondimento degli uffici”. Fava parlò anche di “istituto della firmetta”, riferendosi agli uffici e di altri mancati raccordi di vigilanza.
Oggi, per non disperdere il contributo di quel particolare tipo di analisi servono risposte immediate dall’assessorato gestito da Roberto Di Mauro, specie sull’avanzamento dell’impiantistica, ma anche una ricognizione “millimetrica” sui volumi delle discariche.
Nel mese di marzo del 2021 la previsione sulla saturazione degli spazi era poco più di un anno e mezzo. Un tempo che è trascorso; che ha lasciato residui di abbancamento sempre più assottigliati, nel quale i governi che si sono succeduti, da Baglieri a Di Mauro, non hanno avuto modo di arrivare a esiti definitivi. Tanto più che ogni volta che si parla di discariche agli sgoccioli e si paventano tempi di difficoltà, quasi creati ad arte secondo i malpensanti, come per incanto le discariche recuperano gli spazi che servono. Sembra quasi un continuo e lento stillicidio.
L’arrivo di un nuovo dirigente al dipartimento Energia, Calogero Burgio, al posto dell’interim assegnato al responsabile dei Rifiuti Maurizio Costa è un tassello nuovo all’interno di una delle due deleghe. La velocità, molto stentata però con cui si continua a operare nel settore dei rifiuti rischia di essere un lusso che i siciliani ad agosto, ma non solo, possono permettersi.