Le parole d’ordine ormai sono quelle: salvaguardia, tutela e valorizzazione. Di milioni di piante, animali e microrganismi, dei geni che essi contengono, dei complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera.
Biodiversità è un termine coniato nel 1988 dall’entomologo americano Edward O. Wilson che definisce il numero, la varietà e la variabilità degli organismi viventi e come questi variano da un ambiente ad un altro nel corso del tempo. Migliaia di specie vegetali e animali fanno dell’Italia uno dei territori più ricchi di biodiversità al mondo. Si contano, infatti, oltre il 30% di specie animali e quasi il 50% di quelle vegetali rispetto al totale di specie presenti in Europa. La Sicilia in questo panorama rappresenta a sua volta un’eccellenza, grazie a una ricchezza di ambienti diversi che spaziano dal mare alla montagna, dalle zone più fredde fino agli habitat quasi desertici.
L’agricoltura siciliana deve la sua unicità proprio a questo tesoro di biodiversità che ha la declinazione più importante nell’ambito della cerealicoltura con il fenomeno dei grani antichi siciliani ma che si riflette anche sul patrimonio olivicolo e ampelografico senza dimenticare le specie marine che proprio nell’ultimo decennio sono state oggetto di un costante monitoraggio. L’agricoltura in questo ha una grande responsabilità e, contemporaneamente, può trarne un grande vantaggio. Le specie autoctone di solito hanno una maggior capacità di adattamento ai cambiamenti climatici e una maggior resistenza ai patogeni e ai parassiti. Inoltre, forniscono anche un vantaggio commerciale per le piccole e medie aziende che possono portare sul mercato prodotti caratterizzati da un’identità e una storia. Secondo la FAO il 66% della produzione agricola globale è rappresentato da sole 9 specie. Favorire la biodiversità significa quindi saper differenziare la propria offerta diventando così un’attrattiva tanto gastronomica quanto turistica.
Per questo motivo sono stati avviati dei sistemi costituiti da aziende agricole, stabilimenti di trasformazione diversificati e ricerca scientifica orientate alla valorizzazione delle produzioni vegetali non solo come alimenti freschi o conservati, ma anche come principi attivi farmaceutici, cosmetici e nutraceutici.
E’ il percorso intrapreso da Gaetano che con i suoi oltre 30 ettari ereditati dal padre e dallo zio coltiva grani siciliani antichi (Maiorca, Perciasacchi, Timilia e Russello), che vengono trasformati in farina nel mulino di Valledolmo. La sua azienda nasce nel 2019 quando, terminati gli studi universitari, Gaetano decide di puntare sulla sostenibilità, in tutti i suoi significati, sia dal punto di vista delle pratiche agronomiche sia da quello della redditività. Le piante officinali, da lui coltivate, servono per creare una reale alternanza tra le coltivazioni e i lavori in campagna, producendo reddito quando l’attività è ferma.
Vogliamo gettare le basi per un’attività di biocosmesi” spiega Gaetano, che vede nelle erbe officinali la materia prima perfetta da unire ai prodotti dell’alveare e all’olio. Rosmarino, origano, salvia, menta e lavanda crescono su terreni senza irrigazione e, nonostante questo, si dimostrano ricchi di oli essenziali. “Non solo, delle officinali non si butta via nulla perché anche i materiali di scarto, una volta messi a macerare, liberano un’ulteriore parte di oli essenziali. Altra pratica da sottolineare è il rispetto degli insetti impollinatori: Non raccogliamo finché ci sono le api”.
I fratelli Fabio e Mauro Bologna coltivano i terreni, commercializzano i prodotti e li utilizzano al ristorante, in una logica di filiera che coinvolge tutto il territorio. Trenta ettari di frutteto, ortive e grani antichi siciliani, un’attività di trasformazione che oggi conta oltre trenta referenze. Parallelamente al settore agricolosi è sviluppata a partire dal 2017 l’attività di trasformazione, dalle marmellate e confetture alle farine, dalla pasta ai legumi, fino alle conserve e ai biscotti.
Le farine sono una colonna portante, infatti, la molitura a pietra consente di conservare il profumo autentico e le proprietà nutrizionali dei grani di varietà Senatore Cappelli, Tumminia e Maiorca. E ancora i legumi, resi unici dal clima e dal terreno siciliano, ricco di minerali: lenticchia verde, lenticchia di Pantelleria, lenticchia nera, ma anche fave, ceci e piselli. Infine le conserve: dai pomodori secchi alla crema di peperoni fino alle zucchine sottolio, alla caponata o ai cavuliceddi. Tutto ciò fa da cornice ad un luogo specializzato nell’accogliere le famiglie con bambini.
Un’iniziativa, questa, che mira da un lato a far crescere la notorietà dei prodotti del comprensorio e, dall’altro, a formare gli operatori locali con corsi per rafforzarne le competenze.
Giuseppe e la sua famiglia, invece, valorizzano il territorio anche grazie a uliveti secolari, nuovi impianti e all’origano selvatico di Motta d’Affermo. Siamo in un raccolto borgo del Messinese, situato a 660 metri d’altitudine, vicino alle falde del Monte S. Cono. Un luogo splendido, che si affaccia su duecento chilometri di costa.
Questo territorio è ricco di uliveti, noccioleti e boschi di quercia. Giuseppe e la sua famiglia nel 2020 aprono che si estende per circa 14 ettari di terreno di cui 8 di colture specializzate quali l’uliveto, il noccioleto e gli alberi da frutto, dove troviamo anche alberi di fichi, ciliegie, albicocche, prugne, pere, mele e carrubi.
Nel lavoro di Giuseppe c’è poi una ricchezza straordinaria che cresce spontaneamente, ovvero l’origano selvatico di Motta d’Affermo, che può vantare eccellenti caratteristiche organolettiche, un’alta concentrazione di oli essenziali e un profumo decisamente aromatico.
Questo è uno dei punti fermi su cui Giuseppe sta insistendo per valorizzare tutto il suo territorio. E’ convinto che l’agricoltura sia capace di rivitalizzare un’intera comunità. Ecco perché si impegna nella cura dei terreni come in un’arte da tramandare ai suoi figli come Rosario di 9 anni che già conosce tutte le piante e mostra notevole interesse all’attività di famiglia e Beatrice, 7 anni, che adora giocare in campagna. “La vita in un paesino migliora la qualità di vita di tutta la famiglia e lavorare in campo completa e arricchisce di momenti di unione familiare le nostre vite”, sottolinea. Il suo obiettivo ad oggi è realizzare un laboratorio di trasformazione.
Quando gli chiedi se sia stanco, non sembra farci troppo caso. Il motivo? “L’agricoltore è il lavoro più bello del mondo!”.