A Palermo il crack è un problema sociale. Negli ultimi anni, Palermo ha visto un aumento preoccupante di episodi legati al consumo e allo spaccio di questa sostanza. Questo fenomeno si inserisce in un contesto già segnato da disuguaglianze profonde e dalla presenza di una criminalità organizzata che sfrutta il disagio sociale. Le bustine di droga, spesso offerte senza scrupoli ai giovani delle borgate, rappresentano l’inizio di un percorso che può portare alla dipendenza, alla criminalità e, nei casi più estremi, alla morte. Ma il crack cocaine è anche un problema trasversale: scavalca i muri sociali, le classi di reddito, gli usi, i costumi. Il comune denominatore tra un ragazzo di via Libertà e un altro dei bassi di Ballarò.
Ragazzi e ragazze qualunque, che studiano, lavorano, hanno interessi, hanno una vita. Gli sforzi delle associazioni locali e dei progetti di recupero sociale cercano di contrastare il fenomeno, promuovendo attività di prevenzione e offrendo supporto a chi ne è vittima. Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga e richiede un impegno congiunto delle istituzioni, della società civile e delle forze dell’ordine. Recentemente abbiamo parlato con Francesco Zavatteri, padre di Giulio, un ragazzo morto a soli 19 anni per overdose, che lo scorso anno ha fondato “La casa di Giulio”, per offrire uno spazio di ascolto e accoglienza per persone con tossicodipendenze e le loro famiglie. Molti giovani cadono preda della dipendenza, bruciando la loro vita con questa sostanza derivata dalla cocaina che devasta il cervello, le famiglie e il futuro di una generazione.
Tuttavia, qualcuno riesce a farcela e a riprendere in mano la propria vita in tempo. Alessandro è uno di questi pochi fortunati. Ha deciso di raccontare la sua storia di dipendenza e riscatto al ilSicilia.it, offrendo una testimonianza preziosa su come sia possibile uscire dal tunnel della droga e ritrovare la speranza.