Guarda il video in alto e la fotogallery in basso
Un reportage dai quartieri periferici di Palermo: dalla mattina alla sera in strada per documentarne il degrado. Per inaugurare gli “speciali” dedicati ai disservizi, abbiamo diretto l’obiettivo verso i temi dei rifiuti e della prostituzione. Battendo il territorio da nord a sud, da est a ovest, negli ultimi giorni di gennaio 2019 è emerso il ritratto impietoso di un’agonia annunciata.
Venghino signori, venghino: Palermo alle vongole è servita, a disposizione della politica forchettona e di una popolazione narcolettica, quindi complice. Allarghiamo pure i rebbi delle forchette e divoriamola tutta. Allegoria gastronomica di un espediente che serve a declinare il livello di disonestà intellettuale in cui proliferano disservizi, malcostume e malaffare di una città che si mostra vergine con un candido manto che non conviene scoprire, in virtù del greve prosieguo di un calembour che ne svelerebbe la vergognosa ipocrisia.
Meglio tornare alla metafora culinaria mutuata dall’aforisma pannunziano. Adattato alla realtà e alla classe dirigente panormita, il gioco è fatto. Immondizia, traffico, fogne intasate, strade dissestate, prostituzione a pochi passi dagli uffici pubblici. Questo è il risultato dell’autopsia di una città che non ha più voce.
Rifiuti. Si comincia di mattina, la temperatura percepita è di 7 gradi, ogni tanto piove, il clima non è proprio dei migliori. Da nord a sud. Zen, Zen 2, Pallavicino, Bandita, Brancaccio, Ciaculli. Discariche a perdita d’occhio. In alcuni quartieri si svolge il mercato rionale ma gli scatti raccolti catturano strade lontane dalle bancarelle. C’è di tutto, sacchi di plastica pieni di spazzatura, materiali di risulta, materassi, elettrodomestici abbandonati. Perfino la carcassa di un’auto tagliata a metà (vedi fotogallery in basso). Terre di nessuno.
In via Panzera, a Brancaccio, la discarica la trovi proprio davanti all’Istituto “Padre Pino Puglisi”. Siamo ad un metro da via Hazolino Hazon, poco distanti dagli scantinati per cui il parroco, cui hanno intitolato la scuola, ha lottato prima di essere assassinato dalla mafia nel 1993. La pretesa è di insegnare legalità e senso civico a questi ragazzi.
Da est a ovest. Viale Michelangelo, Borgo Nuovo, Bandita e più a sud fino a Romagnolo. Qui c’è un ecomostro, una volta era una struttura con pontile che doveva garantire servizi ai bagnanti.
Ha subito due incendi, sequestrato nel 2015 e nel 2018 perché pericolante. Sfugge il motivo di due sequestri. Negli anni non sono serviti gli esposti alla Procura della Repubblica da parte di consiglieri comunali e presidenti di circoscrizione. Due anni fa, la Giunta comunale aveva stornato un capitolo di spesa per la riqualificazione. In realtà, non si capisce neppure se la competenza spetti alla Regione o al Comune. Qualcuno ha strappato via i sigilli, ora è rifugio di senza tetto e, a giudicare dalle scritte sui muri, di debosciati. Tutto documentato dalle immagini.
Non è semplice battere la città in lungo e in largo, tutto è ostacolato da un traffico che strozza qualunque tipo di speranza. I serpentoni d’acciaio delle auto incolonnate impediscono il passaggio anche dell’aria.
Prostituzione. Una casa di appuntamenti en plein air: basta questo per descrivere il Parco della Favorita. In pieno giorno, accanto ad uffici comunali, a poca distanza dalla polizia municipale, con scolaresche in gita, le ragazze si appartano ovunque con i clienti.
Alcuni, per non dare nell’occhio, indossano indumenti sportivi, fingono di correre, poi si nascondono tra gli alberi con le “belle di giorno”. Voci gutturali, fisici imponenti e tanto cerone in viso per schiarire la pelle, ammiccano di continuo agli automobilisti. Ma il video in alto dipinge un quadro migliore di ogni ulteriore descrizione.
Poi Palermo inizia a calmarsi, arriva la notte. Le strade si svuotano e iniziano le ronde di clienti in cerca di prostitute. Sono dappertutto: Via Lincoln, Foro Umberto Primo, via Crispi, le traverse di via Roma. Una lucciola anche sotto il murale di Falcone e Borsellino, uno sfregio.
In via Crispi, le “bianche” ti propongono di appartarti dietro a un camion o dentro l’Autorità portuale. Il cancello è aperto, ci sono le telecamere ma nessuno si accorge di niente. Proseguendo in direzione del Castello a Mare, verso la Cala, la zona diventa colonia delle ragazze africane. Tariffa standard 20 euro.
Tra via Lincoln e la stazione cambia la geografia e la conformazione del sesso, il potere è di nuovo in mano alle “bianche”. Il prezzo s’impenna. Si arriva fino a 70 euro per un amplesso in casa. Si fa sesso dappertutto, tra le auto, dentro portoni di edifici improvvisati ad alcove fast-food.
La strada non fa sconti, devi conoscerne i codici, è la legge della sopravvivenza in queste notti gelide. Ofelia, Pola, Weta, Nina, si fanno chiamare così, quasi tutte romene. Qui non ci sono anticonformisti facoltosi che vengono a salvarti in fuoriserie sulle note di Roy Orbison, soltanto magnaccia dalla faccia livida che controllano ogni movimento. Nessuna redenzione, soltanto il fuoco della maniacalità di voci concitate e mani nervose che frugano tra vestiti umidi mentre si contratta un po’ di sesso stantio a buon mercato.
Ofelia ha occhi grandi e feroci che ti tagliano la faccia. Si guarda intorno di continuo e ha poca voglia di parlare. Ti fissa con disgusto mentre succhia velocemente una sigaretta che vorrebbe farti mangiare accesa se solo potesse farlo. Spara una cifra, elenca le prelibatezze della casa e ti manda a quel paese se non ti decidi in fretta.
Pola ha un’anima avvizzita dipinta sul volto, riesce ancora a sorridere ma la fossetta all’angolo della bocca sparisce quando parla del marito che beveva e la picchiava. Viveva in un villaggio poco distante da Bucarest, allevava polli. Quando è arrivata a Palermo era incinta ma il bambino “me l’hanno strappato via”.
Weta ha origini russe e romene, è inciampata nel classico equivoco sessuale in cui cascano molte donne con la differenza che lui non si è limitato a svanire nel nulla. Le ha spezzato il cuore contro lo spigolo del marciapiede dove ha iniziato a battere e dove è rimasta anche dopo che l’ha abbandonata.
Nina sembra una bambina, difficile credere che abbia 27 anni. Carnagione olivastra, capelli lisci neri, corporatura minuta. Veste solo di nero e lo farà finché la sua vita non cambierà, dice. Di giorno fa la badante poi si fa inghiottire dalla notte. Ogni sera esce da casa tutta in nero, ogni sera è un funerale, ogni notte un’esecuzione.
Storie di vite a perdere. È passata da poco la mezzanotte, il motore è caldo, si torna a casa ma alle spalle rimangono i resti di una giornata pesante da scrollarsi di dosso e tanti interrogativi. Con il sorriso forzato di Pola e le pupille miotiche di Ofelia ancora vive nella mente è difficile non cercare delle responsabilità.
Ingeneroso dare le colpe a un solo soggetto, il problema non è nato oggi però è passato troppo tempo dall’ultima volta che è stato affrontato. Un anno esatto. A gennaio del 2018 (poco più di un anno fa), il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, aveva “strigliato” il sindaco Leoluca Orlando che aveva emanato un’ordinanza antiprostituzione individuando come aree interessate anche via Lincoln, Foro Italico, via Roma, via Crispi, via Daita e via La Lumia, Parco della Favorita. Il provvedimento è scaduto ad agosto scorso, da allora il nulla. Un fenomeno che andrebbe contrastato per proteggere i cittadini stranieri che vivono a Palermo e i residenti dei quartieri a luci rosse. Alcuni di loro, anni fa, sono scesi in strada armati di bastoni per cacciare le prostitute.
L’emergenza rifiuti. Il 24 gennaio si è svolto un incontro tra il sindaco Orlando e Giuseppe Norata, il presidente della Rap, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti. Risultato? In attesa che si completi la settima vasca di Bellolampo, occorre capire quali interventi effettuare per continuare a usare la sesta. La soluzione è contenuta in una nota del Comune che spiega tutto con un burocratese da far venire l’orticaria a chiunque paghi la Tari e vorrebbe semplicemente capire quando finirà di scostare sacchetti di “munnizza” dal marciapiede.
In uno degli ultimi incontri cui era presente anche Norata, Orlando, aveva attribuito la responsabilità dell’emergenza all’ex sindaco, Diego Cammarata, che però ha lasciato la guida di Palazzo delle Aquile nel 2012, ben sette anni fa.
La raccolta dei rifiuti è in affanno, la porta a porta non funziona. Forse si poteva iniziare con quella di prossimità, utilizzando i cassonetti già in funzione. Magari si pensava di risolvere tutto magicamente con la fortunata coincidenza di Manifesta 12. Giochi Aureliani per far dimenticare lo sfacelo. Se, invece, le ricadute economiche ci sono state, vorremmo saperlo. E vorremmo sapere anche come si pensa di utilizzare le risorse. Se ce ne sono… Ma non sembra che Manifesta abbia lasciato le casse piene…
Il sindaco che ripete come un muezzin di avere una visione di Palermo su cui dobbiamo puntare tutto non è più credibile. Bisogna risolvere i problemi e non vivere la città fingendo di essere da un’altra parte. Non c’è tempo di polemizzare con il ministro Matteo Salvini incolpandolo di aver chiuso i porti, perdendo di vista che i porti sono aperti e che, in ogni caso, può chiuderli soltanto il ministro delle Infrastrutture (articolo 83 del codice della navigazione).
Non c’è più tempo per niente se non per Palermo. I palermitani hanno bisogno di fatti che, per dirla alla John Adams, sono argomenti testardi.
Una popolazione antropologicamente votata ad essere prona a tutto ma generosamente pronta a tutto pur di accogliere la weltanschauung, la visione, di una grande metropoli. Per ottenerla, sarebbe pure disposta a sostenere dei sacrifici ma serve maggiore concertazione. Occorre dare ascolto anche a quelle minoranze intense che esprimono istanze di maggioranza. Il palermitano medio sente l’urgenza di una necessità espressiva perché negli ultimi tanti anni, pare sia stato percepito come un ingombro dalla classe dirigente.
Non c’è bisogno di altri progetti faraonici pensati da sepolcri imbiancati, nati per lusingare salotti di elite pseudoculturali, accontentare gruppi di interesse ed eseguiti per lasciare il segno tangibile di un passaggio. Il rischio è quello di fermarsi ad un passo dall’infinito.
Infine, alla luce di questo reportage e degli elementi che abbiamo raccolto, rivolgiamo quattro domande al sindaco Leoluca Orlando:
1) è in grado di dare oggi un orizzonte temporale entro cui risolvere l’emergenza rifiuti?
2) Cosa intende fare per contrastare il giro di prostituzione dilagante in città?
3) A gennaio del 2018 ha aderito formalmente al Partito Democratico, nel maggio successivo ai microfoni della nostra rubrica, “”Bar Sicilia”, ha dichiarato che sarebbe stato sindaco di Palermo fino al 2022 (minuto 22,05). È passato quasi un anno, a norma di legge la carica di sindaco è incompatibile con quella di parlamentare europeo, a maggio ci sono le elezioni. Le rivolgiamo di nuovo la domanda: ha intenzione di accettare candidature o di candidarsi per una poltrona a Strasburgo?
4) Aspira ad una carica in seno all’Unhcr?
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