Se ne è andato Andrea Camilleri, uno degli ultimi intellettuali di lungo corso che, con i suoi 93 anni, ha arricchito con sfumature diverse ma sempre efficaci e pertinenti il mondo della cultura dell’Italia tutta. E’ morto stamani all’ospedale Santo Spirito di Roma dove era da tempo ricoverato.
“La ASL Roma 1 – si legge in una nota – comunica con profondo cordoglio che alle ore 08.20 del 17 luglio 2019 presso l’Ospedale Santo Spirito è deceduto lo scrittore Andrea Camilleri. Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del Maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio“.
Per le nuove generazioni al nome Camilleri si associa, immediatamente, quello di Montalbano, il commissario protagonista di ben 26 romanzi, e cinque raccolte per un totale di 25 milioni di copie vendute, che negli ultimi decenni, tra TV e carta stampata, hanno portato alla ribalta la fisionomia, in senso lato, di una terra, la Sicilia, difficile da spiegare anche per chi ci è nato.
Con una capacità unica Camilleri, accompagnato dalla sua inconfondibile voce roca, tra pause e sospiri capaci di generare in chiunque un immaginario vivido, ha saputo esportare, è il caso di dire, un patrimonio culturale imponendo pacificamente locuzioni dialettali rimaste proverbiali, non tradotte nelle altre lingue, ma presentate in siciliano anche nelle versioni internazionali.
Impareggiabile, tra gli innumerevoli passaggi video, la sua spiegazione del verbo siciliano “tampasiare”.
Ma il contributo lasciato da Andrea Camilleri, siciliano nelle viscere non solo di nascita, amante sì della propria terra ma con il piglio concreto e l’occhio sempre acuto pronto all’imparzialità e alla giusta critica, ha origine molto tempo prima e affonda le radici anche nella storia del nostro Paese.
Nato a Porto Empedocle nel settembre del 1925, nel maggio del ’43, a causa dell’imminente sbarco degli alleati nell’Isola non sostenne l’esame di maturità e partì, come raccontò più volte, per “una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere di sangue, di paura”.
Fu nei giorni della guerra che lo scrittore assistette, con degli amici d’infanzia, ad un episodio che lo colpì profondamente: un soldato americano che aveva i gradi nascosti da fiori alla vista di una tomba tedesca, con un gesto inconsulto, con molta rabbia e odio, spezzò la croce che era stata posta lì con un gesto caritatevole. Quel soldato, si scoprì più tardi, era il generale Patton, militare di alto ingegno e coraggio ma definito dai suoi stessi sottoposti, di chiara origine siciliana, “un uomo fituso“.
Tanti i ricordi e gli aneddoti risalenti a quel periodo che il Maestro Camilleri, memoria e testimonianza storica vivente, ricordava sempre come monito soprattutto per le nuove generazioni che hanno conosciuto questi fatti solo dai libri di scuola. Sono stati proprio i giovani i principali interlocutori a cui, soprattutto dai programmi televisivi, Camilleri si è rivolto negli ultimi tempi, sottolineando il “bisogno di nutrire in loro la speranza nel futuro”.
Dal 1949, trasferitosi a Roma, cominciò a lavorare alla Rai come delegato alla produzione, regista e sceneggiatore, il suo nome è stato legato ad alcune fra le più note produzioni poliziesche della TV italiana, come i telefilm del Tenente Sheridan e del Commissario Maigret, e a diverse messe in scena di opere teatrali, con un occhio di riguardo a Pirandello di cui, lasciando sempre tutti a bocca aperta, raccontò più volte anche “lo strano caso legato alle sue ceneri”.
Fu anche autore di saggi sullo spettacolo e docente di Istituzioni di Regia all’Accademia d’Arte Drammatica. Tra gli altri suo allievo, che lo ricorda sempre con grande affetto e riconoscenza, l’attore Luigi Lo Cascio.
L’esordio nella narrativa fu, per certi versi, tardivo: nel 1978, dopo una decina d’anni di inutili ricerche di una casa editrice disposta a dargli credito, pubblicò gratis “Il corso delle cose” (Lalli), con un editore “a pagamento” e con l’impegno di citare l’editore stesso nei titoli dello sceneggiato TV tratto dal libro “La mano sugli occhi”.
Nel 1980 passò alla Garzanti con “Un filo di fumo”, riedito poi, come il primo, da Sellerio Editore, primo di una serie di romanzi ambientati nell’immaginaria cittadina siciliana di Vigàta a cavallo fra la fine dell”800 e l’inizio del ‘900.
Ma fu il 1992 l’anno della svolta: sempre con Sellerio esce “La stagione della caccia” e da quel momento il resto è storia che tra, romanzi, serie televisive, appuntamenti unici come la narrazione “Tiresia sono”, che ha incantato il pubblico del Teatro Antico di Siracusa, hanno reso Camilleri ponte culturale tra più generazioni.
“Uomo estremamente libero e coerente, comunista a prescindere, dotato di una grande ironia e auotoironia”: lo ricorda così il giornalista Mario Azzolini, amico dello scrittore che conserva con grande cura la copia del libro, con dedica personale, non in vendita, stampato da Sellerio come regalo in occasione degli ottant’anni di Camilleri, antologia di tutte le copertine delle versioni in lingua straniera dei sui libri pubblicati fino ad allora.
Superfluo dire che mancherà a tutti noi, siciliani e non: la sua presenza fragile, negli ultimi tempi ma sempre rassicurante, lo stato di cecità che da anni lo accompagnava non ha mai intaccato il pensiero lucido e la sua creatività messa a frutto dell’esperienza di una vita.
In fondo era un po’ il “nonno di tutti noi“, il grande saggio che in poche parole ristabiliva un’equilibrio sensato.
Alla moglie, alle figlie, ai nipoti, alla famiglia tutta le più sentite condoglianze dalla redazione de ilSicilia.it.