La mancata presentazione della lista “Micari Presidente” a Siracusa e la sua esclusione a Messina sarebbero la conseguenza di una guerra interna al Partito democratico. E’ quanto trapela da alcuni ambienti del Megafono e dello stesso Pd. Uno scontro durissimo, senza esclusione di colpi, che si sarebbe consumato nel corso della trattativa per la formazione delle liste.
Un susseguirsi di ricatti e veti incorociati che ha finito per danneggiare il candidato presidente del centrosinistra, costretto a correre con una lista zoppa. A farne le spese anche il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta e i candidati del suo movimento, pronti a presentarsi in tutte le nove province dell’Isola e che adesso si ritrovano in una formazione che avrà davvero pochissime chance di superare la soglia del 5%.
A questo si aggiunge, fanno notare, “l’inaffidabilità” dimostrata in questa occasione da Leoluca Orlando, regista della candidatura di Micari e della sua lista, che a pochi giorni dal termine ultimo per la presentazione delle liste ha alzato le braccia.
Cosa è successo a Palermo in via Bentivegna, sede dei democratici siciliani? Tutto ruota intorno alle candidature delle liste a Siracusa e Messina. Le città in cui i destini delle liste del Partito democratico e di Micari Presidente si incrociano.
A Siracusa circa due settimane fa la Direzione provinciale del Pd sceglie i 5 nomi da mettere in lista. Tra i candidati non ci sono due nomi di peso. Il primo è Gaetano Cutrufo, presidente del Siracusa Calcio, ma soprattutto espressione del sindaco renziano Garozzo legato a Davide Faraone. Il secondo, invece, è Pippo Basso, sindaco di Carlentini, vicino al segretario regionale dei dem Fausto Raciti.
Le due esclusioni eccellenti hanno scaldato gli animi tra le varie anime del Partito democratico, che nella composizione della lista Micari Presidente hanno trovato un ultimo tavolo da gioco per tentare il tutto per tutto. Così entrambe hanno provato a mescolare le carte a Siracusa, utilizzando come asso nella manica i propri candidati di area che avrebbero dovuto presentarsi con la lista Micari Presidente. A loro è stato chiesto di non accettare la candidatura se il Pd non avesse ripescato Cutrufo e Basso.
A Messina sono stati due i fatti che hanno rallentano la presentazione della lista Micari fino a comprometterla. Il primo riguarda la richiesta da parte del renziano Nicola Barbalace di correre in compagnia di Massimo Simeone e Tany Isaia, per rendere la lista più competitiva. Una richiesta legittima, se non fosse che l’operazione sarebbe dovuta passare da un nulla osta del Pd di Messina, visto che Isaia era già stato inserito nella lista dei democratici. Il nulla osta non è mai arrivato, motivo per cui Barbalace avrebbe temporeggiato più del dovuto prima di apporre la sua firma sui moduli per la propria candidatura.
Ad aggravare la situazione l’indicazione da parte dei responsabili dell’ex lista dei territori di due candidate donne date da giorni per sicure e che così sicure non erano. A poche ore dalla scadenza dei termini una non era in possesso neanche del proprio certificato elettorale e l’altra, addirittura, raggiunta al telefono negava di aver mai dato la propria disponibilità a candidarsi.
E’ evidente come le logiche interne alle correnti del Pd e il fuoco amico abbiano avuto la meglio sull’interesse generale. Come se l’importante fosse soltanto pensare a se stessi e indebolire gli avversari interni, lasciando Micari in balia del proprio destino. Ma a chi giova tutto questo?