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Il mercante di Baghdad nella Palermo del X secolo

giovedì 2 Luglio 2020
Ibn Hawqal

Palermo, nella seconda metà del X secolo, si apprestava a diventare sempre più una grande metropoli mediterranea. La città era abitata e frequentata da molteplici etnie, d’altra parte, come il resto della Sicilia e di molte altre aree mediterranee dell’epoca.

In tale contesto, un mercante di Baghdad, Ibn Hawqal, dopo aver viaggiato per circa trent’anni, scrisse nel 977 “Configurazione della Terra”, un testo di geografia, un resoconto delle proprie peregrinazioni che coinvolsero diverse regioni del bacino mediterraneo, come l’Ifriqiya, la Spagna, l’Italia meridionale e la Sicilia.

Prima di addentrarci nel capitolo dedicato alla Sicilia, quasi del tutto incentrato su Palermo, cerchiamo di capire qual è l’importanza dell’opera di Hawqal. Quest’ultimo fu il primo geografo orientale dell’età abbaside (750-1258) ad attribuire, nell’ambito del mondo islamico, un posto centrale al Mediterraneo. Infatti, fino a quel momento i geografi orientali, nelle loro rappresentazioni, avevano conferito al mar Mediterraneo, ancora visto in larga parte come il “mare dei romani” e come uno spazio ostile, una posizione marginale, riconoscendo un ruolo di primo piano al mar Rosso e all’Oceano Indiano.

Quindi, Hawqal fu artefice di un’importante rottura rispetto alla visione tradizionale che era stata tramandata dai geografi di Baghdad sull’Occidente musulmano, cosciente della situazione storica del momento. Infatti, ormai l’Iraq, cioè il centro politico tradizionale musulmano, non era più in grado di coordinare in modo unitario le diverse dominazioni islamiche. In sostanza, il mondo islamico descritto da Hawqal era diventato un mondo policentrico ed egli sottolineo allo stesso tempo il peso delle periferie, per quanto l’Iraq e l’Iran, continuassero ad essere il cuore dell’Islam. Per il nostro geografo, il Mediterraneo sarebbe diventato decisivo per il destino del mondo musulmano, così come decisivo gli sembrava lo scontro tra greci, latini e musulmani.

Ma nonostante fosse attraversato da conflitti, Hawqal fu anche il primo a descrivere lo spazio mediterraneo, musulmano e cristiano, come uno spazio unitario, con peculiari caratteristiche, un mondo autosufficiente, un ambito omogeneo dove le reti commerciali mettevano in collegamento le rive nord e sud del bacino, le cui regione erano più popolate e ricche di molte aree dell’Oriente musulmano. In un contesto del genere, la Sicilia, trovandosi in una posizione geografica favorevole, era anche punto di approdo e ponte, quasi obbligato, dei traffici commerciali mediterranei.

La Palermo che Hawqal visitò, verosimilmente intorno al 973 (all’epoca governata dall’emirato Kalbide 948- 1040 circa), era l’esito di un lungo e complesso processo di trasformazione urbanistica, iniziato subito dopo la conquista dell’831. A quell’epoca si trattava di una piccola città greco-romana e venne scelta dagli emiri aghlabidi come sede del proprio potere. Per cui, il più antico nucleo fortificato di Panormos (di origine punica) chiamato dai musulmani Balarm e poi Qasr al-qadim, il castello vecchio oggi chiamato Cassaro, divenne sede del governo, della pubblica amministrazione, degli uffici e vennero costruiti nuovi edifici, come moschee e bagni. La città di Palermo iniziava ad estendersi al di là della cinta muraria, raggiungendo il porto.

Fu sotto il dominio dei Fatimidi (910- 948) che l’antica Panormos iniziò ad assumere la fisionomia delle grandi capitali del mondo musulmano del IX e X secolo, con la costruzione della Khalisa, cioè la cittadella del principe e delle élite politico-governative, secondo le caratteristiche delle altre grandi capitali dell’impero fatimide: Mahdiyya e Sabra al-Mansuryya, in Tunisia e Cairo, in Egitto. La Palermo descritta da Hawqal, oltre alla Khalisa, destinata ai poteri governativi e al Balarm (l’antico nucleo fortificato), era anche costituita dai nuovi quartieri sviluppatesi fuori dalle mura, dove vi erano abitazioni, mercati, botteghe, moschee e bagni. Inoltre, il tessuto urbano era anche costituito da architetture idrauliche, come mulini e norie, e da giardini e frutteti.

Naturalmente, ci si deve allontanare da una prospettiva che presuppone un veloce processo di islamizzazione e arabizzazione totale di Palermo e della Sicilia. Ci troviamo di fronte ad una realtà multietnica e multiculturale nella quale si parlavano diverse lingue, come probabilmente aveva avuto modo di constatare lo stesso Hawqal: vi erano comunità ebraiche che parlavano in arabo ma con caratteri ebraici, così come cristiani che parlavano greco e arabo. D’altra parte, nella capitale di Sicilia è stata accertata la presenza di una chiesa greca, così come l’esistenza di monasteri di rito greco in ambienti urbani parecchio islamizzati (Palermo, Agrigento, Marsala); addirittura vi erano cristiani che frequentavano regolarmente la corte degli emiri. Bisogna considerare che le relazioni e gli scambi della Sicilia con l’Oriente è un fenomeno di lungo periodo, infatti le fonti, soprattutto archeologiche ed epigrafiche, attestano già nella tarda antichità la presenza, nelle principali città portuali dell’Isola (Palermo, Siracusa, Catania), di mercanti ebrei, orientali, siriani, egiziani.

L’affermazione dell’emirato aghlabide determinò l’inserimento della Sicilia nella Dar al-islam, cioè nello spazio islamico, con effetti non solo sul piano religioso ma anche sul piano sociale, culturale, linguistico, con conseguenze anche sui costumi, pensiamo all’alimentazione o ai modi di vestire, pure sulla mentalità. Ma nonostante ciò, il pluralismo socio-culturale-linguistico-religioso sarà una caratteristica di Palermo, della cui organizzazione urbana Hawqal ci ha lasciato un’interessante descrizione, e della Sicilia tutta del IX e X secolo.

Una Palermo e una Sicilia abbracciate e arricchite da influenze e stimoli provenienti dall’Oriente e dai quattro angoli del Mediterraneo.

 

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