Il Sicilia.it nella edizione di ieri (domenica 14 marzo) ci ha dato notizia con un articolo del prof. Pietro Busetta che il ponte sullo stretto non si farà, nonostante fosse stato inserito tra le opere da realizzare con il recovery fund nel documento presentato dalla Regione siciliana.
Probabilmente giustificheranno questa decisione con la “transizione ecologica” che tutti proclamano che, però, serve a nascondere il vero motivo di tale scelta dal momento che la sua attuazione costringerebbe il governo nazionale ad accompagnarla, come spiega il prof Busetta, con ulteriori investimenti per le conseguenti infrastrutture che modernizzerebbe una parte importante del Mezzogiorno.
Sarebbe ora, per rispetto della dignità dei siciliani, porre fine a questa telenovela che ha avuto inizio nientemeno nel 1884 allorché il15 maggio di quell’anno un importante giornale dell’epoca dava notizia con evidenza che <<corre voce che la Società delle Ferrovie V.E. stia per intraprendere i lavori di un gigantesco ponte sullo stretto di Messina>>.
Di questa opera si continuò a parlare nelle epoche successive, dal periodo giolittiano a quello del regime fascista, passando tra le due guerre mondiali senza alcuna conseguenza concreta.
Con la nascita della Repubblica si registrarono pochi accenni all’opera, l’interesse era per la ricostruzione generale del Paese, ma nel 1967 nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali, il segretario della DC, Mariano Rumor, parlando in piazza Politeama, rilanciò con grande enfasi la proposta di realizzare il Ponte, a conferma disse “dell’audacia e della lungimiranza della Democrazia CristIana”.
La sera successiva da piazzale Ungheria gli rispose il segretario del PCI Luigi Longo che si dichiarò d’accordo, aggiungendo però sarcasticamente: “E’ cosa utile purché a costruirlo non siano i democristiani di Agrigento”, con riferimento alla dissennata politica edilizia della DC agrigentina che l’anno precedente aveva provocato un violento movimento franoso, la famosa Frana di Agrigento, che sconquassò mezza città con migliaia di sfollati.
La proposta di Rumor suscitò grandi entusiasmi e contribuì in modo rilevante al successo elettorale della DC.
La proposta sembrò non essere la solita promessa elettorale poiché nel 1969 il ministero dei lavori pubblici bandì un concorso internazionale di idee con la proclamazione anche dei vincitori, ma dopo non successe nulla. Qualcosa di concreto si mosse nel 1981 con la costituzione della Società per azioni Stretto di Messina che produsse uno studio di fattibilità che indicava tre soluzioni: il tunnel sotterraneo, ripreso l’anno scorso da Conte, un ponte sommerso e uno sospeso.
Tra annunci e silenzi entrambi assordanti nel 2008 la vicenda Ponte ebbe un risveglio grazie a Silvio Berlusconi che in ogni campagna elettorale ne aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. Sembrava che finalmente si riavviasse l’iter dell’opera e si giunse perfino a stipulare da parte della società Stretto di Messina un general contractor con una associazione di aziende italiane e straniere guidata da Impregilo, la più grande impresa italiana di costruzione che faceva riferimento alla Fiat.
Con l’avvento del Governo di Mario Monti si bloccò tutto poiché si decise di revocare il finanziamento non considerando il Ponte “un’opera prioritaria”.
Questo provocò la messa in liquidazione della Società dello stretto e l’avvio di un contenzioso per risarcimento danni nei confronti dello Stato da parte delle aziende che avevano stipulato il general contractor con la società.
Questa in breve sintesi e nei passaggi più salienti la lunga storia del Ponte.
Sappiamo essere questa una questione che divide i partiti e anche all’interno degli stessi, ma è bene che una volta per tutte il governo metta la parola fine a questa grottesca vicenda, se l’opera si deve fare oppure no. Brinderanno i favorevoli e si metteranno cuore in pace i contrari e viceversa. Sarebbe, intanto, un atto di rispetto nei confronti dei siciliani e si eviterebbe di aspettare una prossima puntata di questa lunga telenovela che assomiglia sempre più a una sceneggiata.