Lo spartiacque è stato il 4 marzo 2018. Dopo le Politiche la Lega di Matteo Salvini non ha smesso un solo minuto di fagocitare consensi. Sfruttando una sempre più sottile polarizzazione ideologica è riuscito ad eroderli perfino al Movimento 5 Stelle che sembrava aver preso il posto dei vecchi partiti di massa. Sia nell’organizzazione capillare del territorio (la Lega è un partito organizzato e strutturato), che come serbatoio di idee.
Il dato emerge da un sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera con le intenzioni di voto degli Italiani diffuso oggi, dal quale viene fuori che se si votasse oggi la Lega volerebbe al 31,2 per cento (contro il 17,4 delle Politiche di marzo), mentre il Movimento 5 Stelle sembra annaspare attestandosi al 29,8 per cento, quasi tre punti in meno rispetto a marzo, quando aveva ottenuto il 32,7.
Stabile tutto sommato il Pd al 18,9, mentre nel centrodestra non ride Forza Italia, che oggi prenderebbe un risicato 8,3 per cento, molto meno rispetto al 14 per cento delle recenti elezioni politiche. Nello stesso schieramento appare in difficoltà anche Fratelli d’Italia, che stando al sondaggio si fermerebbe al 2,3 per cento.
La lettura del dato
Il merito di Matteo Salvini è forse quello di essere riuscito ad incunearsi negli spazi vuoti lasciati dalla vecchia politica fatta di una classe dirigente che, nella migliore delle ipotesi, ha creato una paralisi generata dalla totale assenza di istanze normative e da rinnovate posizioni ideologiche.
Il M5S, verrebbe da dire, l’ha buttata in caciara; il Pd con tutte le sue anime è rimasto al palo, sovrastato anche dalle lunghe ombre dei sospetti che si sono abbattuti su Matteo da Rignano (Matteo Renzi, ndr) per la mala gestio del “bail in”, di Banca Etruria e compagnia bella; il centrodestra, con un Berlusconi che perde smalto, ha smarrito quasi tutta la sua potenza di fuoco.
In questa nebulosa di cupio dissolvi, Matteo Salvini che, per usare un’espressione inflazionata, parla alla pancia del Paese, continua a riscuotere successo elettorale e per di più, questo è molto importante, senza tralignare dagli ideali della Lega. Non ha voltato le spalle al popolo dopo aver posato le padane terga sulle poltrone di Palazzo Chigi e questo la gente lo vede e lo annusa. Alla gente questo piace.
Sono trascorsi soltanto quattro mesi dal d-day del 4 marzo eppure sembra sia trascorsa un’era da quando, alla vigilia delle Politiche, il leader con la felpa e a cavallo di una ruspa, tentava di raggranellare quella credibilità politica di cui oggi, in Italia, forse non gode nessuno quanto lui.
La tendenza della forbice di scarto, inoltre, anche in considerazione delle precedenti indagini, sembra proiettata verso l’alto in favore di Salvini. Merito soltanto suo o anche dell’organizzazione interna del suo partito? Questo può saperlo soltanto chi vive il Carroccio dal di dentro, ma una cosa è certa e non sfugge a chi si occupa di comunicazione: al di là dei modi più o meno schietti, al di là del linguaggio greve e delle azioni plateali, Salvini è un abile comunicatore.
Di sicuro non passerà alla storia come un Ronald Reagan all’italiana ma continua a dividere la sua funzione dalla condizione di “padre di famiglia”, la sua fermezza politica dall’umana pietas e raccoglie le simpatie e i consensi dell’elettorato medio. Mentre tutto questo accade, il diametro del paniere delle intenzioni di voto si slabbra sempre più. E l’aggettivo “moderato“, in Italia, inizia ad assumere connotazioni mutevoli e tutte nuove da interpretare. I “vaffa day” non bastano più. Il Belpaese vuole vedere i fatti e se il buongiorno si vede dal mattino, quattro mesi di governo dicono già tanto.