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Incompatibilità del consigliere comunale per l’esistenza di un debito liquido ed esigibile verso il comune

sabato 4 Giugno 2022

In vista delle elezioni, il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali pubblica una nota in merito alla possibilità, per un consigliere comunale incorso nella causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 6, del decreto legislativo n. 267/2000, di estinguere il proprio debito nei confronti del Comune mediante pagamento rateale.

LA NOTA

Nello specifico, si tratta di una somma che il consigliere è stato condannato a pagare in favore dell’ente a titolo di rimborso delle spese legali per un contenzioso sorto prima dell’assunzione della carica.
Al riguardo, si rappresenta quanto segue.

In linea generale, può osservarsi che le incompatibilità riguardano ipotesi in cui gli amministratori si trovano in situazioni di conflitto di interessi con l’ente locale, in quanto portatori di interessi propri o di congiunti in contrasto con quelli dell’ente rappresentato. Le cause di incompatibilità, così come quelle di ineleggibilità sopravvenuta, possono essere rimosse dall’interessato nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge.
Con specifico riguardo all’articolo 63 del decreto legislativo n. 267/2000 – richiamato espressamente nella richiesta di parere – la giurisprudenza costituzionale ha individuato la sua ratio nell’impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni pubbliche soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o che si trovino, comunque, in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte Cost. n. 44/1997; Id. nn. 220/2003 e 288/2007). La sussistenza di una ipotesi di incompatibilità impedisce di ricoprire la carica di consigliere comunale e per essa è previsto uno specifico procedimento di contestazione, all’esito del quale, in assenza di rimozione della causa contestata da parte dell’amministratore interessato, si determina la decadenza dalla carica (cfr. Corte Cost. n. 450/2000).
Secondo il costante insegnamento del Supremo Giudice delle Leggi, il diritto di elettorato passivo, quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale, può essere unicamente disciplinato dalla legge e può essere limitato soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali; pertanto, essendo le disposizioni normative in materia di ineleggibilità e di incompatibilità di stretta interpretazione ed applicazione, le stesse non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva (v. Corte Cost. n. 44/1997 supra cit.; v. anche Cass. Civ., sez. I, n. 28504/2011). La Consulta ha, altresì, rimarcato che “è proprio il princìpio di cui all’art. 51 della Costituzione a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità (ex art. 2 della Costituzione). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale” (in questi termini Corte Cost. n. 25/2008; v. anche Corte Cost. n. 288/2007 cit.).
Ciò premesso, l’articolo 63, comma 1, n. 6), del decreto legislativo 267/2000 dispone testualmente che: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (…)”.
Alla luce della prima parte della disposizione appena riportata, è incompatibile a ricoprire la carica di consigliere comunale colui che abbia un debito liquido ed esigibile verso il comune e che, per lo stesso, sia stato legalmente messo in mora dall’ente creditore, senza che sia avvenuto il pagamento del quantum dovuto. Con riferimento, invece, alla seconda parte della predetta disposizione, l’incompatibilità sussiste solo nel caso in cui l’amministratore, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei confronti del comune, abbia ricevuto invano la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46, del D.P.R. n. 602/1973.
Nel caso che ci occupa, il debito di cui si tratta è sorto all’esito di un contenzioso con il Comune e quest’ultimo ha formalmente notificato l’atto di messa in mora al consigliere comunale debitore. Pertanto, sussisterebbero i presupposti per l’applicazione del succitato articolo 63, comma 1, n. 6 nella sua prima parte.
In merito alla eventuale rateizzazione del pagamento, questo Ministero ha già avuto modo di chiarire, in precedenti analoghi, che l’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del Comune ed a nulla rileva la concessione da parte dell’ente di un piano di rientro al fine di far venire meno la sussistenza della causa di incompatibilità. Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che la dilazione non è idonea “a far venir meno il requisito della esigibilità del debito per come contemplato dall’art. 63, comma primo, n. 6, D.lgs. n. 267/2000 ai fini della configurabilità della causa di incompatibilità alla carica di consigliere comunale, attenendo la rateizzazione al mero profilo delle modalità di versamento del relativo importo, senza incidenza alcuna, per contro, sull’attualità della dovutezza del pagamento e, quindi, sulla correlata immediata azionabilità nel caso di specie della pretesa creditoria vantata dal Comune” (cfr. Corte di Appello di Catanzaro, I Sezione Civile, sentenza 22 ottobre 2014, n. 1467). In caso di concessione della rateizzazione, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso.

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