Tempi duri per i centristi di Sicilia che hanno scelto di appoggiare Micari. Gianpiero D’Alia è stato a lungo in questi mesi di avvicinamento alla campagna elettorale un regista ascoltato e attento nel centrosinistra siciliano. Ha provato a mettere insieme i cocci di una coalizione che è stata sul punto di andare in frantumi diverse volte. Ha tenuto il campo creando le condizioni perché si desse tempo ad Alfano, in una girandola snervante di tempi di attesa, di scegliere in quale schieramento confluire.
Lo stesso segretario del Pd Raciti non ha fatto mistero di vedere bene il deputato nazionale messinese sul campo di battaglia a guidare le operazioni come candidato per Palazzo d’Orleans.
Un’ipotesi che non si realizzata. Oggi la realtà sta tutta in una fotografia. Pubblicata da LA SICILIA due giorni fa che ritrae Giovanni Pistorio, fino a pochi mesi fa assessore ai Lavori pubblici di Crocetta, costretto a dimettersi dal governatore dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni a cui alludeva agli orientamenti sessuali di Crocetta, che partecipa, immortalato dai flash dei fotografi, ad una manifestazione di Nello Musumeci. A D’Alia è sfuggito anche un commento amaro : “in questi giorni sto lavorando a una nuova edizione de ‘I miserabili’ ”.
Il tema non è più dunque i ‘saltafossi’ ( ce ne sono stati di pari numero e consistenza quando Lombardo nel 2009 prese atto dell’implosione della sua coalizione e fece l’accordo a sinistra). Il punto diventa elettorale. Di numeri, e consensi. Organizzativo e immediato nella sua definizione.
Il centro politico siciliano infatti, dopo essere stato a lungo ago della bilancio nella fase di preparazione, oggi teme il confronto duro dei territori che hanno identificato in Musumeci da un lato e Cancelleri dall’altro due riferimenti centrali su cui orientare la direzione del proprio consenso.
A questo punto la possibilità di fare numeri pesanti (da doppia cifra) per Alfano e D’Alia messi insieme nelle liste di Alternativa popolare, si fa più complessa, e un ragionamento non molto diverso da questo va fatto anche per il partito di Cardinale Sicilia Futura che ha provato a radicare nelle varie province in questi mesi la propria compagine.
I nomi persi in questi mesi, un’autentica emorragia, da Lentini a Caronia, Germanà, sono la rappresentazione plastica e resa visibile agli elettori che l’inerzia del consenso si è spostata baricentricamente dall’altra parte.
Vanno meglio le cose a destra per i centristi, da Lagalla a Cantiere popolare, ma questo non si traduce automaticamente in voti, seggi e successi. La sensazione infatti rimane quella di partenza. Per la prima volta cioè da quando si vota per l’elezione diretta del presidente della Regione, cioè dal 2001, i siciliani hanno perso di vista la bussola originaria. Bisognerà capire per valutare in tal senso la conseguenza e l’effetto, quale sarà il ruolo, la funzione e la capacità di prendere voti delle liste a supporto dei presidenti, prima tra tutte #diventeràbellissima.
Con i 5stelle che faranno il vuoto in una certa fascia di voto di porotesta e malcontento, gli spazi si assottiglieranno ancora di più.
Da un approccio civico era partito del resto Musumeci e a quello tendeva, senza esserci riuscito Orlando.
La partita diventa a quel punto tra il vecchio modo di contare i voti articolandoli nei contenitori di centro (la vecchia Balena bianca che ha vissuto sotto mentite spoglie anche nella seconda Repubblica) e la nuova cifra di rappresentanza proposta agli elettori che passa per sembianze alternative e diverse.
L’azzeramento dei cespugli, che in questi anni ha caratterizzato buona parte della politica all’Ars, specie nell’era Crocetta, non è comunque scontato.
La differenza, piaccia o no, la faranno ancora una volta i voti strutturati. Anzi, non manca chi si spinge oltre a prevedere che un candidato presidente uscito dalle urne in questa situazione sarebbe ben lontano dalla maggioranza per governare. Paradossalmente i vecchi grandi elettori e i big del voto siciliano, conteranno ancora di più.
Le transumanze dunque non finiranno. Gli schemi saranno più o meno sovrapponibili. E soprattutto la governabilità del parlamento siciliano in appoggio a eventuali maggioranze per governare la Sicilia, rimarrà precaria. Ma questo film i siciliani l’hanno già visto.