A Libero Grassi spetta un posto di rilievo nella storia della Sicilia e del Paese, poiché con il suo sacrificio ha segnato una svolta profonda, contribuendo a quel riscatto civile che, partendo dalla Sicilia, ha contaminato positivamente tutto il Paese.
La mafia non pensava che avrebbe fatto il peggiore affare della sua esistenza criminale eliminando quell’imprenditore. Al contrario, riteneva che la sua morte sarebbe stata di monito per chi avesse pensato per un momento di seguire quell’esempio.
Non che prima di quel 29 agosto del 1991 non ci fossero stati imprenditori che, con coraggio e dignità, avessero posto un netto rifiuto alle richieste estorsive, pagando con la vita quel gesto eroico e solitario.
Il 27 ottobre del 1985, mentre accompagnava a scuola la figlioletta di otto anni, era stato assassinato l’imprenditore Pietro Patti che non si era piegato alle richieste estorsive della mafia di Brancaccio.
Il 15 dicembre del 1988 veniva ucciso davanti al portone di casa l’imprenditore edile Luigi Ranieri, perché si era rifiutato di assoggettarsi al sistema degli appalti governato da Cosa nostra.
Il 23 febbraio del 1985 Roberto Parisi titolare della Icem, la società che aveva in appalto il servizio d’illuminazione pubblica del Comune di Palermo, veniva crivellato di colpi, insieme al suo autista, nella zona di Partanna Mondello, da un commando mafioso di almeno cinque uomini.
Ne citiamo solo alcuni, tutti caduti per essersi opposti alle imposizioni di Cosa Nostra in nome della libertà e della dignità come persone e come imprenditori.
Tutti muoiono in solitudine, nonostante la loro l’eliminazione fosse stata preceduta da violente intimidazioni verso i loro beni, forse perché pensavano e speravano che alla fine i mafiosi si convincessero che non l’avrebbero spuntata e quindi, avrebbero desistito dai loro propositi.
Anche Libero Grassi è solo. Ha, perfino, contro la sua associazione di rappresentanza, la Confindustria, che lo redarguisce pubblicamente per la sua azione di denuncia. A differenza, però, dei suoi colleghi imprenditori uccisi prima di lui, esce allo scoperto, ingaggia una battaglia frontale con i suoi estorsori, li mette alla berlina.
Grande scalpore suscita la sua lettera al Giornale di Sicilia in cui, con nettezza, spiega come non bisogna in alcun modo cedere ai ricatti e alla prepotenza mafiosa. Il caso diventa anche di rilievo nazionale grazie alla famosa trasmissione televisiva Samarcanda in cui Grassi, intervistato da Miche le Santoro, dice: “Se tutti si comportano come me si distruggono gli estorsori”.
Perfino la stampa straniera lo intervista, impressionata dal suo coraggio nel denunciare la mafia.
Nasce così la vera rivoluzione siciliana in cui le parole libertà, dignità e civiltà riacquistano il loro significato.
Dopo la sua morte vi è stato un fiorire d’iniziative di carattere politico, sociale e civile da parte di enti, associazioni, istituzioni nell’impegno contro la mafia e i fenomeni d’illegalità. Iniziative che hanno trovato stimolo e incoraggiamento dall’impegno profuso dalle forze dell’ordine e dalla magistratura nel reprimere la fonte primaria del potere mafioso, le estorsioni.
Attorno alla parola d’ordine “No al pizzo” si è sviluppato un movimento che ha visto le associazioni imprenditoriali scendere in campo, cominciando a espellere coloro i quali, tra i propri associati, pagavano il pizzo e non denunciavano alla magistratura le estorsioni subite o richieste.
La nascita del comitato AddioPizzo ha portato, poi, migliaia di commercianti e imprenditori a dichiarare pubblicamente che non si sarebbero mai piegati alle richieste estorsive, svolgendo anche un’opera di educazione civile nei confronti dei consumatori stimolati ad acquistare prodotti delle aziende che avevano sottoscritto l’impegno antiracket, dando al Consumo una valenza etica e di azione solidale.
La famosa frase affissa sui muri di Palermo, “un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”, fu una vera frustata alle coscienze di una città che sembrava rassegnata e incapace di reagire.
Un grande impatto nell’opinione pubblica è stata, inoltre, la decisione delle più importanti associazioni d’impresa di costituirsi parte civile nel processo nei confronti degli estortori, a difesa delle imprese.
Un modo anche per onorare Libero Grassi, un risarcimento morale, seppur tardivo, ma che rappresentava anche la certezza che il mondo imprenditoriale intendeva approdare a una salda e irreversibile linea di legalità e di rifiuto di ogni forma di connivenza con la mafia.
Oggi si ha l’impressione che quella spinta, quell’impegno, si sia affievolito per le difficoltà e la crisi che attraversa il movimento antimafia. Hanno avuto, indubbiamente, il loro peso polemiche ed errori, e soprattutto le degenerazioni da parte di chi ha considerato la lotta alla mafia non un valore in sé, ma l’occasione per costruirsi spazi di potere e di privilegio.
Si avverte una certa stanchezza in momento in cui Cosa nostra tenta di riorganizzarsi e riparte dal pizzo e dal controllo asfissiante sulle attività economiche e commerciali. Dopo una fase di silenzio riprende perfino a sparare e a uccidere in pieno giorno in un mercato popolare affollato da centinaia di persone.
Per ricostruire un nuovo movimento antimafia è necessario ripartire dalla lezione di Libero Grassi, dal suo sacrificio, perché può rappresentare un momento di crescita civile e culturale, in particolare per le nuove generazioni. Come recita un vecchio proverbio arabo, la differenza tra il giardino e il deserto non è l’acqua ma l’uomo.