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La Sicilia e il suo futuro dopo la prova del coronavirus

mercoledì 22 Aprile 2020
cultura agrigento

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione del giornalista e scrittore Fabrizio Fonte, presidente del Centro Studi Dino Grammatico.

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Le vicende legate al «coronavirus» potrebbero, per certi aspetti, porre in essere un inaspettato ragionamento attorno al concetto di «made in Sicily» nella sua accezione più ampia. Considerato il fatto che molto probabilmente verrà rivisto, ed anche in maniera abbastanza evidente, il fenomeno della globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora.

È chiaro che nei prossimi mesi, se non addirittura nei prossimi anni, molte cose cambieranno nella nostra vita del passato e che, pertanto, anche l’aspetto dei viaggi, o comunque degli scambi commerciali, subiranno dei profondi cambiamenti. Tutto ciò potrebbe dunque portare, a partire già dalla prossima estate, ad una sorta di turismo di prossimità quantomeno su base regionale. Se così fosse si potrebbe far riscoprire, innanzitutto agli stessi siciliani, ciò da cui si è circondati e che si “possiede”, ovvero il grande patrimonio architettonico, paesaggistico e naturale di cui sono detentori e che, purtroppo, in passato, per la triste abitudine esterofila di guardare a chi viene da fuori con una preventiva ammirazione, non si apprezzava per come sarebbe stato meritevole. In una situazione negativa, come è purtroppo quella del «corona virus», ci potrebbero essere dei frangenti che, invece, riportano una loro positività. L’auspicio è di conseguenza quello che si possa ripartire proprio da una Sicilia vista, stavolta, attraverso degli «occhi nuovi».

Un po’ come quando ci furono le primavere arabe che, con il mondo del Maghreb bloccato dalle sue guerre, nell’Isola si segnò un exploit di presenze, perché molti turisti, nel timore di recarsi in quei luoghi, preferirono come loro meta la tranquilla e bella Sicilia. Ragion per cui potrebbero, anche in questo caso, fare lo stesso ragionamento. In parole povere oggi occorre un’azione politica che sappia approfittare del momento, al fine di puntellare un’economia fragile e che, certamente, deve essere legata al comparto turistico. Iniziare a ragionare, attraverso questi parametri, su di una Sicilia sicura, nel senso che, per fortuna, questa pandemia è stata contenuta, le consentirebbe nel medio-lungo termine di essere una meta privilegiata.

Appare dunque necessario lavorare in maniera seria e sostenuta proprio in questa direzione, perché è evidente che il mondo cambierà e la Sicilia, stavolta, si deve fare trovare pronta, sarebbe, in caso contrario, l’ennesima occasione perduta, per lanciare un nuovo modello di sviluppo. Oltretutto le dinamiche di queste settimane, anche su di una logica nazionale, hanno messo in luce l’importanza giuridica del regionalismo italiano e da questo punto di vista l’Isola, grazie al suo Statuto autonomista, non è seconda a nessuno. Già a partire dalle rivendicazioni sull’articolo 31 dove si è polemizzato su di una sorta di assunzione di poteri forti, ma che in realtà è proprio lo Statuto che ha rango costituzionale che indica, per quanto riguarda l’ordine pubblico, nel Presidente della Regione, in circostanze straordinarie, il riferimento delle Forze Armate e della Polizia di Stato.

Riprendere molti aspetti dell’Autonomia, che purtroppo, da oltre settant’anni, sono stati marginalizzati, potrebbe risultare un’opportunità insperata. È innegabile, infatti, che si stia vivendo una fase che sta azzerando un po’ tutti i tradizionali preconcetti ed è, pertanto, necessario che i siciliani si debbano muovere in maniera differente rispetto al passato. Anche perché paradossalmente nonostante le regioni del Nord-Italia siano le più colpite dalla pandemia sapranno, per la consistenza del loro tessuto imprenditoriale, riprendersi anche prima rispetto al Mezzogiorno. Questa considerazione però non deve deprimere o demoralizzare deve, piuttosto, rappresentare uno stimolo per guardare stavolta, come già sostenuto in precedenza, con «occhi nuovi» ad un futuro diverso. Questo casuale “azzeramento” potrebbe, perfino, “facilitare” la nascita di una classe dirigente capace di puntare veramente su prospettive di rilancio e, paradossalmente, su di uno Statuto che, pur essendo datato, potrebbe tornare utile, perché ha veramente tutte quelle peculiarità e, soprattutto, offre tutte quelle prerogative che oggi sono proprio rivendicate dalle regioni settentrionali.

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