Il peggio o il meglio di sé, a seconda del punto di vista, i deputati lo danno quando c’è da spartirsi la torta. Quella sulla tavola appena apparecchiata vale 110 milioni di euro. Tanti sono i soldi che il governo ha messo nella manovra di assestamento per il 2016. Un testo che l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei (in foto), avrebbe preferito non assemblare, rinviando tutto alla manovra per il 2017 che peraltro dovrebbe essere approvata entro fine dicembre. E invece è prevalsa la linea di giocarsi la partita, anche perché in ballo non c’è tanto il destino della ex Province (per loro un emendamento ha aumentato il finanziamento a 23 mln di euro), alcune delle quali non hanno neppure i soldi per comprare la carta igienica, ma la necessità di dare almeno qualche contentino alla vigilia del referendum costituzionale. Questione di consenso.
Nell’assestamento di bilancio c’è un po’ di tutto, “norme mancia” le definisce Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia. Non c’è nulla invece per i comuni che hanno cercato di fare lobby fino all’ultimo mettendo in guardia l’Assemblea e costringendo Giovanni Ardizzone a bacchettare i deputati imponendo una road map rigida per l’approvazione del disegno di legge entro la fine della prossima settimana. Il problema l’ha spiegato Leoluca Orlando, presidente dell’Anci, durante un briefing alla torre Pisana con Ardizzone e i capigruppo: se non arriveranno 65 milioni di euro entro fine anno, come promesso dal governo Crocetta, sarà un disastro. Molti comuni sono sull’orlo del fallimento, non potendo chiudere i bilanci. E devono farlo entro il 30 novembre. Ma nel testo esitato mercoledì notte in commissione Bilancio, dopo una lunga maratona e una tensione alla stelle, non c’è la posta per i comuni. Perché?
La manovra è nata male e rischia di finire peggio. Dopo un tira e molla sulla necessità di portare a sala d’Ercole il quinto documento finanziario in un anno, sintomo evidente di un governo e di una maggioranza tutt’altro che compatta, il testo è arrivato in commissione Bilancio con tutte le incognite già emerse quando fu approvato in giunta, dove le urla che uscivano dalla stanza fecero tremare pure gli alberi di piazza Indipendenza. E in commissione, puntualmente, sono esplose le contraddizioni e i maldipancia. S’è giocata una partita al “fotticompagno”, così se l’assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici (Pd) ha perso i fondi per la vitivinicoltura nonostante la strenua difesa dell’articolo fatta da Giovanni Panepinto, il collega alle Infrastrutture Giovanni Pistorio (Centristi per il sì) s’è visto sfumare la norma sul social housing. Insomma, se perdo io perdiamo tutti. Siccome la coperta è corta alla fine a pagare sono i comuni, nonostante dall’opposizione, Toto Cordaro, capogruppo del Pid-Gs, abbia insistito con la maggioranza per varare una manovra rispondendo alle emergenze, tra cui appunto i comuni, le ex Province, i disabili, i precari, e lasciando stare “le marchette”. Ma la guerriglia interna alla coalizione che sostiene il governo ha finito per far saltare il traballante banco. E la porta sbattuta in faccia ai comuni è un chiaro messaggio al governo Crocetta, accusato di avere perso tempo prezioso e di avere inanellato errori su errori che hanno determinato il blocco al Cipe di alcune risorse, parte delle quali servivano proprio a dare linfa ai comuni boccheggianti.
Ora la partita si sposta in aula. Si comincia lunedì mattina, come ha imposto Ardizzone per cercare di chiudere la pratica il prima possibile. Nel week-end la rissosa maggioranza affilerà le armi, chi s’è visto scippare il pezzo di torta in commissione cercherà di riprendersela con gli interessi durante i lavori in aula. Ma attenzione alle opposizioni: non staranno certo alla finestra pronte ad approfittare del minimo passo falso di governo e maggioranza.
(AM)