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Le indagini

Operazione antimafia della Dda di Catania, otto fermi tra la Sicilia e Pavia

mercoledì 25 Giugno 2025

Un’ordinanza cautelare nei confronti di otto persone è stata eseguita nelle province di Catania e Pavia da 80 finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza del capoluogo etneo nell’ambito di un’operazione antimafia coordinata dalla Procura distrettuale con venti indagati.

Il provvedimento emesso dal gip, che dispone misure cautelari personali e reali, ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, detenzione di armi, trasferimento fraudolento di valori e spaccio di sostanze stupefacenti tutti aggravati dal metodo mafioso. Particolari sull’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella sala meeting della Procura a Palazzo di giustizia.

Eseguito anche il sequestro preventivo di due imprese, una Srl e una ditta individuale, di Aci Sant’Antonio per un valore complessivo di 1 milione di euro e contestualmente sono stati notificati, nelle province di Catania, Messina, Monza, Pavia, Prato e Reggio Calabria, gli avvisi di conclusione delle indagini a tutti i soggetti coinvolti.
Al centro delle indagini, spiega la Dda etnea, “la permanente operatività del gruppo criminale appartenente al clan Laudani attivo nella provincia di Catania e, in particolare, nei territori di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena e zone limitrofe“.

Dall’inchiesta sarebbe emerso il “condizionamento illecito del mercato degli agrumi – soprattutto dei limoni – e dei relativi trasporti“, da parte della cosca legata a Orazio Salvatore Scuto che, nonostante fosse detenuto, si sarebbe “avvalso di un gruppo di uomini di fiducia per monopolizzare la filiera del mercato agrumicolo dei territori dei paesi pedemontani“. Tra questi Angelo Puglisi, Ivano Aleo, Salvatore Faro, Antonino Di Pino, Giuseppe Scuto e Alessandro Settimo Bonaccorso.
Orazio Scuto avrebbe “dato ordini dal carcere utilizzando schede telefoniche fittiziamente intestate a extracomunitari e introdotte illegalmente in carcere con un drone, restando così in contatto con i fedelissimi che lo chiamavano papà“.

Secondo la Procura di Catania dalle indagini della guardia di finanza sarebbero “emerse diverse condotte ritenute estorsive a danno di imprenditori del settore e le pressioni intimidatorie esercitate nei confronti degli operatori economici riottosi, con la paventata possibilità di ricorrere a violente rappresaglie, anche per imporre le scelte imprenditoriali in merito alle imprese da escludere o da favorire, tra cui quella riconducibile di fatto a Orazio Scuto“. La forza di intimidazione del clan, secondo l’accusa, “sarebbe stata, peraltro, assicurata dalla disponibilità di armi, come testimoniato dal contenuto delle conversazioni captate e dal sequestro eseguito nei confronti dell’indagato Scuderi Roberto, a riscontro delle attività tecniche, di due pistole semiautomatiche con matricola abrasa”.

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