I sogni muoiono all’alba e tali rimangono anche se dopo nove anni non si poteva più relegare tutto all’onirico: Mosaicoon chiude, la morsa della concorrenza ha scalfito la sua organizzazione fino a fare inceppare un meccanismo che sembrava perfetto.
Chiunque a Palermo si sia occupato di comunicazione avrebbe voluto farne parte, l’eldorado professionale di chi avrebbe prestato la propria forza lavoro anche soltanto per inserire l’esperienza nel curriculum. In una città come Palermo in cui se trovi un nuovo lavoro la domanda di prammatica non è “di cosa dovrai occuparti” ma “ti pagano?”, nuove legioni di esperti di videomarketing e comunicazione avrebbero fatto carte false per inserirsi nell’organico.
La nave affonda e trascina con sè tutto l’equipaggio, composto da circa 100 lavoratori. Ugo Parodi, il fondatore, ha preferito evitare la consueta via crucis di concordati preventivi, fallimenti e scandalucci vari che si accompagnano sempre in casi del genere, preferendo chiudere i battenti dopo due anni di recessione.
Google e Facebook, su tutti, non hanno lasciato scampo alla realtà tutta palermitana che aveva portato il verbo panormita in tutto il mondo: India, Gran Bretagna, Corea, solo per citare alcune delle sedi.
All’occhio attento del cittadino che vive Palermo annusando i marciapiedi e ascoltando i commenti dell’uomo che passa, non era sfuggito quel trasferimento dalla Mondello à la page a Isola delle Femmine. Con tutto il rispetto per la frazione marinara, quest’ultima non poteva competere in termini di “rappresentanza”.
Adesso, a Mondello e ai palermitani rimane il ricordo della “Silicon Valley” nostrana, agli ex dipendenti una realtà incerta.