Numerosi i non ricordo. Alla fine saluta il cugino lontano Giuseppe Graviano e dice una frase: la più importante che ha fatto porre numerose domande all’interno dell’aula in cui ieri si è celebrata l’ennesima udienza del processo “Ndrangheta Stragista”. Stiamo parlando di Roberto Mandalà chiamato a deporre dall’avvocato Giuseppe Aloisio difensore del boss di Brancaccio Graviano. Nel processo che si sta svolgendo a Reggio Calabria sono imputati oltre che Graviano anche Rocco Santo Filippone accusati di essere i mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi nel gennaio del 1994 lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi di Scilla.
Roberto Mandalà ad oggi sta scontando una condanna definitiva nel carcere di Ivrea per droga, rapine ed altri reati. Come la calunnia. Si perché il malavitoso palermitano che ha perso un fratello ed un cugino attraverso delitti di mafia era un aspirante collaboratore di giustizia ma poi ha ritrattato la sua posizione.
Ha testimoniato parlando di vari omicidi di mafia come quello di Russo Domenico ma anche quello di Michele Graviano il padre di Giuseppe. Uno dei suoi interrogatori è stato il 3 settembre 2012.
La deposizione
“Sul delitto ha deposto, innanzi a al PM, Mandalà Roberto, secondo il quale Graviano Michele è stato ucciso da D’Agostino Rosario e Contorno Salvatore a colpi di lupara. Il dichiarante ha indicato quale movente del delitto la rappresaglia per l’omicidio del proprio fratello Mandalà Pietro punito per non aver aderito alla fazione di cosa nostra fedele ai corleonesi della quale era esponente proprio Michele Graviano, il quale ultimo era ritenuto della famiglia del Mandalà il mandante del delitto del proprio congiunto. Mandalà Roberto ha aggiunto che il padre covava profondo rancore verso persona e da aver rappresentato una volta allo stesso Graviano, il proprio desiderio di ucciderlo rivolgendogli pure un insulto. Fintanto che una sera Contorno Salvatore che in quel tempo viveva latitante protetto da Badalamenti si è presentato nella casa della famiglia Mandalà e così ha rassicurato il padre del dichiarante. “Non ti preoccupare che ti vedrai lo spettacolo presto…sarà fatto”. La deposizione di Mandalà doveva essere oggetto di esame al quale lo stesso Mandalà si è sottratto “adducendo minacce che avrebbe subito la propria famiglia”.
L’udienza a Reggio Calabria
Tanti sono stati i non ricordo da parte di Mandalà alle domande dell’avvocato Aloisio inerenti agli stessi omicidi di cui aveva parlato nel 2012.
“Io purtroppo ho ritratto non posso rispondere più. Mi dispiace purtroppo mi sono preso tre anni di condanna per calunnia“. Davanti all’avvocato Aloisio e il Presidente Ornella Pastore e il Pm Giuseppe Lombardo. “Ho ritrattato le dichiarazioni perché purtroppo la verità non l’hanno voluta e basta“. Afferma Mandalà
Alla domanda da parte dell’avvocato del Graviano: “Da chi?“. Roberto Mandalà ha risposto: “E’ un po troppo lunga come risposta“.