Un viaggio di sola andata è quello che molti rifiuti siciliani devono compiere per il loro smaltimento. I tragitti sono spesso lunghi e costosi, ed il sacrificio economico non può gravare solo sulle singole aziende municipalizzate o sui cittadini. Per questo motivo, negli ultimi giorni l’assessorato regionale all’energia e ai rifiuti retto da Roberto Di Mauro ha stanziato la somma di 45 milioni di euro per coprire gli “extracosti” del trasferimento fuori dall’Isola della quota di rifiuti eccedente le capacità di smaltimento degli impianti locali.
Le istanze presentate, ammesse e finanziabili sono 183, provenienti da altrettante amministrazioni comunali. Gli importi erogati, chiaramente, variano in base ad alcuni criteri tra i quali: il rispetto della normativa vigente in materia di trasferimento rifiuti, la produzione delle dichiarazioni di veridicità, l’effettivo periodo temporale nel quale si è realizzato il trasferimento fuori regione. Di questi elementi, va prodotta apposita documentazione che attesti quanto dichiarato.
Nel dettaglio, i Comuni partecipanti sono riconducibili prevalentemente all’area della Sicilia orientale tra Catania, Messina e Siracusa. Pochissime, invece, le amministrazioni comunali della zona occidentale la cui istanza è stata approvata. Palermo ne conta appena nove, mentre Trapani soltanto tre in più.
Ma i dati che emergono dal recente passato in merito allo smaltimento dei rifiuti fuori dall’Isola non appaiono preoccupanti a tal punto da dover richiedere un finanziamento così sostanzioso. Secondo il Rapporto 2022 di Ispra, infatti, la Sicilia ha esportato fuori regione circa mille tonnellate di rifiuti urbani non pericolosi, piazzandosi al quartultimo posto a livello nazionale per quantità di rifiuti esportati. Questo dimostra che nonostante le innumerevoli problematiche legate al funzionamento degli impianti di smaltimento nell’Isola, in realtà i ritmi che vengono mantenuti sono sufficienti a coprire quasi l’intero fabbisogno. Per rendere l’idea, è significativo il paragone con la Campania o il Lazio che, rispettivamente, smaltiscono 274 mila e 98 mila tonnellate in impianti extraterritoriali.
Inoltre, Ispra afferma anche che sono entrati negli impianti siciliani 562 tonnellate di rifiuti importati. Da queste informazioni emerge, innanzitutto, il fatto che parte dei rifiuti extraregionali che vengono introdotti negli impianti dell’Isola potrebbero essere sostituiti da immondizia prodotta in loco. Così, si otterrebbe una considerevole riduzione dei costi, che fra trasporti ed oneri contrattuali lievitano a dismisura.
Tuttavia, occorre ammettere che periodicamente le discariche siciliane risultano sature, costringendo alcune municipalizzate a stipulare accordi fuori regione per il conferimento delle eccedenze. Tali situazioni emergenziali si verificano anche e soprattutto a causa della scarsa efficienza nella diffusione della raccolta differenziata nell’Isola. A causa di Comuni in cui questa non è mai partita ed altri nei quali la separazione svanisce nella fase di smaltimento, la conseguenza diretta è il veloce riempimento delle vasche interne agli impianti. In queste, infatti, vengono gettati prevalentemente i rifiuti “indifferenziati” che, in quanto tali, non sono destinati al riciclo. Solo recentemente la situazione sta migliorando.
A tal proposito, Paolo Amenta, presidente di Anci Sicilia sottolinea: “Nella nuova legge finanziaria viene trascurata totalmente la questione rifiuti. Il rincaro della Tari si sta scaricando sulle tariffe dei cittadini. Stiamo già portando alcuni rifiuti fuori regione, pur avendo già quasi l’80% di differenziata.”
Lo sviluppo della raccolta differenziata nell’Isola, tuttavia, è storia recentissima. Secondo Ispra, infatti, fino al 2021 la Sicilia è stata la regione italiana meno “disciplinata” nella differenziazione dell’immondizia. Con una percentuale di riciclo pari soltanto al 46,93% dei rifiuti totali del territorio, l’Isola aveva prodotto in quel periodo più di un miliardo e 100 mila tonnellate di pattume in un solo anno.
Ma ad oggi, la presenza di una situazione emergenziale ancora irrisolta è ancora più difficile da spiegare se si considera che i cittadini siciliani, secondo le informazioni diffuse da Cittadinanzattiva, è la terza regione d’Italia in cui si paga il maggior prezzo della Tari. Mediamente, la tassa sui rifiuti si attesta intorno ai 400 euro, dietro soltanto a Campania e Puglia.
Quasi imbarazzante l’entità del tributo che i cittadini catanesi sono costretti a versare. Il capoluogo etneo, infatti, è il più caro d’Italia con una cifra che si aggira mediamente sui 600 euro. Al settimo posto, invece, è presente anche la città di Messina, con una somma che supera di poco i 450 euro.