“La bestia senza anima che il nostro genio domina“: quasi un ritornello in cui si alterano, prima uno poi l’altro, la bestia che si nutre dell’essere in palcoscenico e la ratio dell’uomo che prova a dominarla.
Un gioco a tratti impari o impossibile che ha visto Marìka Pugliatti, anche autrice, protagonista della pièce “SU-A (ovvero, Sull’Attore)“, spettacolo in rassegna al Festival Teatro Bastardo ospitato al Biondo, sulla crisi dell’Attore, macchina-marionetta-bestia da lavoro.
Azione teatrale in quattro posizioni, (Sulla sedia, Al muro, Sul tavolo e Al buio) dove in un continuo monologo intimo e personale, in parte autobiografico, l’attrice si muove sicura, sperimentando il lavoro dell’attore nella dimensione esistenziale plurivoca.
Una via l’altra la Pugliatti è attrice/lavoratrice/marionette/Bestia in una perenne lotta per la sopravvivenza dai tratti bestiali, che in questa nuova rielaborazione assume toni ancora più cinici e crudi.
Un’attrice “marionetta”, sempre una donna, provocatoriamente una Bestia, che sotto le luci del palco mostra tutto di sé e della sua vita personale e professionale, sempre“ferocemente bestiale”, non c’è spazio per altro, solo per le manifestazioni di un’ossessione: il lavoro, che è finzione e vita senza più soluzione di continuità.
Le quattro posizioni possono lasciar pensare a figurazioni ormai classiche della disumanizzazione, dall’interrogatorio al campo di sterminio, dal tavolo operatorio alla reclusione, ma sono anche il luogo in cui la “vittima” ha ancora modo di raccontare di sé.
Ammicca, sculetta, sciorina un vecchio repertorio che lascia trasparire una velata emozione. Per andare avanti è costretta a una completa autonomia, alla solitudine; mostra denti e unghie, lotta per sopravvivere, vendendosi in un frenetico atto di autopromozione. E dimenticandosi dei suoi poteri: libertà e creatività.
Efficace, infine, l’ultimo passaggio dello spettacolo in cui, dopo incursioni anche fisiche sul pubblico, la Pugliatti lo coinvolge ancora una volta con l’espediente della riflessione della luce per riproporre il fatidico ritornello, ancora irrisolto, su “la bestia senza anima che il nostro genio domina“.