Se non verrà mantenuto un adeguato livello d’investimenti pubblici nel Mezzogiorno, l’Italia rischia un taglio dei fondi strutturali. È l’allarme della Commissione Ue, che nei giorni scorsi ha inviato una lettera al Governo “indicando le cifre più che preoccupanti sugli investimenti al Sud, che sono in calo e non rispettano i livelli previsti per non violare la regola Ue dell’addizionalità”. Lo ha detto il direttore generale per la Politica regionale della Commissione Ue, Marc Lemaitre.
Per garantire un effettivo impatto economico, il principio di ‘addizionalità‘ garantisce che i fondi strutturali non sostituiscano la spesa pubblica, ma che rappresentino un ‘valore aggiunto‘. L’impegno contenuto nell’accordo di partenariato siglato dall’Italia e da Bruxelles per il 2014-2016 era d’investire al Sud risorse pubbliche pari allo 0,47% del Pil del Mezzogiorno, mentre – indica la lettera della Commissione – i dati parlano dello 0,40%. Pur sembrando minima, la differenza di 0,07 punti percentuali equivale a circa il 20% in meno di risorse pubbliche spese sul territorio. E la tendenza per gli anni successivi non fa ben sperare. Se si guarda al 2014-2017, il tasso d’investimenti scende allo 0,38%. L’impegno italiano è invece quello di garantire un livello di spesa pubblica al Sud pari allo 0,43% del Mezzogiorno per il 2014-2020.
La Commissione chiede quindi al governo quali misure intende intraprendere per invertire la tendenza e garantire un adeguato livello d’investimenti al Sud. Nel caso in cui non fossero rispettati gli impegni presi con Bruxelles, la Commissione potrebbe anche attuare una “rettifica finanziaria”, che significa un taglio dei fondi strutturali.
“Non conosco nessun altro Paese che ha una situazione così debole” per quanto riguarda gli investimenti pubblici, ha detto Lemaitre aprendo i lavori della Settimana europea delle città e delle regioni. “Gli sforzi europei fatti attraverso il bilancio comunitario sono stati neutralizzati dai tagli agli investimenti pubblici nel Mezzogiorno”, ha continuato il direttore generale, “questo è legato anche alla capacità amministrativa, ma siamo certi che con un’attenzione adeguata dedicata a questo campo potrebbero esserci molti investimenti pubblici in più al Sud. E allora, forse, cominceremmo a fare la differenza”.
GIÀ NEL 2015 L’ESPOSTO DI ARMAO
Già quattro anni fa, nel 2015, l’attuale assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, aveva lanciato un esposto-denuncia nel quale metteva nero su bianco gli “Inadempimenti da parte dello Stato italiano del diritto europeo in materia di coesione economico-sociale e territoriale – legge 23 dicembre 2014, n. 190 – violazione dei principi delle politiche di coesione economico-sociale e territoriale”.
Armao nella qualità di Presidente dell’Associazione “Sicilia-Nazione“, lo indirizzava al presidente della commissione dell’unione europea e al commissario europeo alla politica regionale.
«Non vi è traccia alcuna – si legge nell’esposto di Armao – di destinazione territoriale delle risorse di tal guisa riprogrammate, ma esse sono state in buona sostanza acquisite al bilancio dello Stato per l’adozione di misure nazionali (…) Non può quindi revocarsi in dubbio che la sottrazione delle risorse operata dal legislatore italiano con la legge di stabilità per il 2015 (l. n. 190/204) e per di più senza che risulti alcuna formale (e necessaria) condivisione da parte della Commissione UE determina un gravissimo pregiudizio alle aree del Mezzogiorno d’Italia ricomprese nell’obiettivo Convergenza ed in particolare alla Sicilia che, a causa di tale inopinata decisione, perderebbe circa un miliardo e 200 milioni di euro di fondi a destinazione perequativa, è più puntualmente viola le regole europee sul l’impiego delle risorse per la coesione».
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