L’idea è quella di sfruttare l’accoppiamento per diffondere modifiche genetiche utili, che rendano le zanzare sterili o incapaci di trasmettere il parassita della malaria.
Uno studio italiano, nato da una collaborazione tra Istituto dei Sistemi Complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università Sapienza di Roma e Università di Perugia sta cercando di capire come funzioni l’accoppiamento.
La malaria
Ogni anno causa centinaia di migliaia di decessi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) circa il 90% dei casi di malaria nel mondo e il 92% dei decessi avvengono nella Regione africana.
La malaria è un’infezione dei globuli rossi causata da una di cinque specie di protozoi del genere Plasmodium.
I sintomi
Sono febbre, brividi, sudorazione, una sensazione di malessere generale e, talvolta, diarrea, dolore addominale, difficoltà respiratorie, stato confusionale e crisi convulsive. Altri segni sono l’ingrossamento della milza, l’anemia (dovuta alla distruzione dei globuli rossi infetti) e in alcuni casi danni cardiaci, cerebrali, polmonari o renali.
La ricerca
“Sappiamo che questi insetti si accoppiano in volo e che i maschi si associano in gruppi, sciami di centinaia di individui, per essere più visibili e attrattivi alle femmine. Ma non ne sappiamo molto di più”, commenta Roberta Spaccapelo dell’Università di Perugia, una delle autrici dello studio guidato da Andrea Cavagna di Isc-Cnr e Sapienza.
“La novità più importante presentata nell’articolo è che siamo riusciti a documentare vari eventi di accoppiamento”, spiega Stefania Melillo di Isc-Cnr e Sapienza, una delle ricercatrici: “Coppie di zanzare che volano insieme per un periodo di tempo che arriva anche a 15 secondi. Ma la cosa più stupefacente – continua Melillo – è sicuramente aver osservato e documentato la competizione nell’accoppiamento: più maschi che competono per accoppiarsi nello stesso momento con la stessa femmina”.