Con legge regionale Siciliana 13 agosto 2020, n.19 di riforma sul Governo del territorio sono state eleminate le zone territoriali omogenee “E” disciplinate dalla precedente legge urbanistica n.71/78 con artt.2 e 22.
Le zone agricole nella nuova legge dunque per il Governo del territorio non esistono più, tranne un cenno indiretto lo si riscontra all’art. 5 della nuova legge di riforma “sostenibilità e riduzione del consumo di suolo” con il quale il legislatore ha introdotto una norma mirata a mantenere e conservare le zone in generale attraverso la limitazione degli usi. Con tale normativa restrittiva si è voluto perseguire la riduzione del consumo di suolo, mediante il riuso e la rigenerazione urbana, al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile e di assicurare un elevato livello di protezione e di qualità dell’ambiente, procedimento che sarebbe stato ammissibile con la legge preesistente.
La normativa sulle zone agricole scompaiono dunque dalla disciplina urbanistica senza tenere conto che sono venute a mancare i presupposti fondamentali della ragionevole destinazione d’uso. Abbiamo dunque dimenticato con grande rapidità il contenuto della normativa previgente alla L.R.19/2020, con la quale l’art.2 della legge regionale n°71/1978 stabiliva i criteri di formazione dei piani regolatori generali ed in particolare: Nella formazione degli strumenti urbanistici generali non possono essere destinati ad usi extra agricoli i suoli utilizzati per colture specializzate, irrigue o dotati di infrastrutture ed impianti a supporto dell’attività agricola, se non in via eccezionale, quando manchino ragionevoli possibilità di localizzazioni alternative. Le eventuali eccezioni devono essere congruamente motivate. Nel verde agricolo, per le abitazioni, l’indice di densità fondiaria non può superare 0,03 mc/mq. Nei nuovi strumenti urbanistici dei comuni di cui al comma precedente le zone destinate dagli strumenti urbanistici vigenti a verde agricolo possono essere destinate, per non più del 40 per cento, ad insediamenti di edilizia economica e popolare secondo le disposizioni vigenti e, per la parte rimanente, ad edificazione per edilizia residenziale, con indici di densità fondiaria comunque non superiori a quelli previsti per il verde agricolo.
L’introduzione di una nuova disciplina di salvaguardia paesaggistico-ambientale attraverso la delimitazione cartografica, nell’ambito della zonizzazione, di possibili nuove sotto aree agricole di protezione e difesa paesaggistico-ambientale, cui si correla una previsione normativa, pone precise limitazioni all’edificazione e fornisce la vigente normativa n.19/2020, solo indicazioni vincolanti con lo scopo che la nuova legge sul governo del territorio si è dotata per assicurare un elevato livello di protezione e di qualità dell’ambiente (art.5 comma, 1 e 2).
Con la eliminazione delle zone agricole, si sono creati tutti i presupposti per liberare ogni vincolo che consenta la coltivazione del fondo, arrecando un pregiudizio e tutte le condizioni per impedire e scoraggiare l’utilizzo colturale secondo determinate regole e modalità (quelle che, possiamo definire “intensive” e per il ciclo del biologico) concentrandosi in via preclusiva sulle strutture di maggior impatto paesaggistico che potrebbero fortemente incidere sull’agricoltura per un determinato periodo.
La destinazione agricola di una determinata area è volta non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo per la coltivazione dei fondi, piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, o di occupazione con strutture tecnologiche (pannelli fotovoltaici) con la conseguenza che, salvo diverse specifiche previsioni, essa non può considerarsi incompatibile con la realizzazione di tali impianti, e ove estesi dovrebbero essere ragionevolmente localizzati al di fuori delle zone abitate.
Se è vero che il potere di pianificazione del territorio non può precludere insediamenti industriali e/o tecnologiche in zone a destinazione agricola, salvo che in via eccezionale, la destinazione agricola ha in realtà lo scopo di impedire e/o precludere in via assoluta e radicale qualsiasi intervento urbanisticamente rilevante.
L’attribuzione di una destinazione agricola ad un determinato terreno è volta dunque non tanto e non solo a garantire il suo effettivo utilizzo a scopi agricoli, quanto piuttosto a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione anche in funzione della valenza conservativa di valori naturalistici, che di per sé assume tale tipo di destinazione di zona.
Ebbene per la nuova legge di riforma del Governo del territorio le destinazioni agricole contemplate dal regime urbanistico fin dalla legge costitutiva dell’immediato dopo guerra, non esistono più, si prevede soltanto un cenno indiretto per garantire ai cittadini l’equilibrio delle condizioni per la quota di valori naturalistici e ambientali necessaria a compensare gli effetti dell’espansione urbana.
Lo svolgimento di attività di produzione e di commercializzazione nella fattispecie di energia rinnovabile mediante vaste aree per la collocazione di un parco fotovoltaico si appalesa incompatibile con la destinazione agricola, tenuto conto che nessun incentivo e/o beneficio ne ricaverebbe il proprietario di un fondo sotto il profilo colturale e culturale, ma un esclusivo beneficio soltanto in termine economico e per un lasso di tempo stabilito. Le basi culturali, normative e spirituali di partenza sono state rappresentati dalle Decisioni UNESCO (2010 e 2013), che riconoscono lo stile di vita dei nostri padri come PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE DELL’UMANITA’, E DALL’ENCICLICA “LAUDATO SI’” di PAPA FRANCESCO.
La destinazione d’uso agricola impressa dai piani regolatori comunaligenerali comunali è coerente con la disciplina urbanistica ed è finalizzata a garantire il suo effettivo utilizzo a scopo agricolo e a preservarne le caratteristiche attuali di zona di salvaguardia da ogni possibile nuova edificazione, con la conseguenza che, salve diverse specifiche previsioni essa non può considerarsi incompatibile con la realizzazione ad esempio di un impianto tecnologico strumentale alla coltivazione dei prodotti agricoli ed alla loro trasformazione.
Eventuali restrizioni insediative introdotte sulle zone agricole, sono state ragionevolmente intese a rafforzare le cautele in tema di edificazione in zona agricola, sono misure assunte all’intuibile scopo di evitare, in territori ad alta valenza paesistico-ambientale, sia interventi speculativi penalizzanti detta tutela, sia quelli del tutto estranei alla coltivazione dei fondi e preordinati a svolgere altri e non consentiti scopi abitativi.
Gli interventi aventi ad oggetto la realizzazione di una vasta area per l’impianto di un campo fotovoltaico non possono ritenersi “strumentali all’attività agricola”.
La destinazione a zona agricola, segnatamente quando riguardi aree libere e non sottratte ancora a tal primaria vocazione, ha già in sé una valenza conservativa dei vincoli naturalistici, sicché è corretto e non abbisogna di diffusa motivazione l’uso di apposita variante dichiaratamente destinata a tutelare l’ambiente, in quanto garantisce i valori sottesi all’art. 9 della Costituzione Italiana, e secondo i noti canoni di ragionevolezza e proporzionalità.
L’Autore Cesare Capitti (1951), già Dirigente Capo Servizio del Dipartimento Urbanistica dell’Assessorato regionale del Territorio Ambiente della Regione Siciliana, attualmente svolge attività di Cultore del Settore ICAR 21 Urbanistica, presso l’Università degli Studi di Palermo. Già componente del Consiglio Regionale dell’Urbanistica, della Commissione per il risanamento delle zone “A” e B1” del P.R.G. del Comune di Ragusa. Esperto di restauro e recupero di Centri Storici; Componente della commissione speciale per il paesaggio istituita ai sensi dell’art.148 del codice dei Beni Culturali e Ambientale. Ha svolto attività di docenza presso la facoltà di Architettura e di Ingegneria dell’Università degli Studi di Palermo.