La sezione operativa navale della Guardia di finanza ha bloccato un peschereccio tunisino, ritenuto la “nave madre”, che trainava verso le isole Pelagie una imbarcazione di ferro senza motore. I 5 membri dell’equipaggio, con l’accusa di aver consentito l’ingresso irregolare in Italia di 11 migranti, sono stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore capo reggente di Agrigento, Salvatore Vella. Il giudice per le indagini preliminari ha già convalidato i fermi e ha disposto per i 5 indagati la custodia cautelare in carcere.
Il peschereccio tunisino è stato intercettato in acque italiane, lo scorso venerdì, dopo la segnalazione di un velivolo dell’agenzia europea Frontex. Notando il traino di un piccolo natante in ferro, sono state allertate le motovedette. Quando il peschereccio è stato bloccato, l’imbarcazione che trainava non era più vuota, ma occupata da 11 tunisini e algerini, tra cui donne e bambini. Verificata l’assenza di pescato e le ottime condizioni di salute dei migranti, poco compatibile con chi affronta i cosiddetti “viaggi della speranza” – scrive in una nota la Guardia di finanza – i militari hanno preso il controllo del peschereccio, ritenendolo coinvolto nel traffico di migranti. L’imbarcazione è stata portata a Lampedusa e gli 11 extracomunitari sono stati messi in sicurezza sulle unità navali. Gli accertamenti delle Fiamme gialle, tutti coordinati dalla Procura di Agrigento, hanno fatto scattare il fermo di indiziato di delitto per i componenti dell’equipaggio che sono stati trasferiti, con la motovedetta V.7007, a Porto Empedocle e poi al carcere di Agrigento.
“Non c’è stata collaborazione da parte dei migranti che erano in viaggio. Ma questo non ci stupisce perché, in genere, i tunisini a bordo vengono trattati meglio rispetto ai subsahariani che, invece, di fatto poi sono più collaborativi con le forze di polizia italiane perché rischiano la vita e hanno una forma di gratitudine nei confronti dei nostri equipaggi in mare”. Lo detto il procuratore reggente di Agrigento, Salvatore Vella, sulla ‘nave madre’ fermata dalla Guardia di finanza. “In questo caso, come è già successo anche in altre occasioni naufragi compresi – ha aggiunto il magistrato – è venuta fuori una solidarietà stretta fra tunisini trasportati ed equipaggio. A fare parziali ammissioni di responsabilità è stato uno dei membri dell’equipaggio che ci ha confermato che questo era un viaggio destinato a trasportare i migranti”.
Gli 11 migranti, compresi tre minorenni e tre donne, erano partiti dal porto di Madhia. Poco al largo del porto, verosimilmente per evitare di essere bloccati dalla Guardia costiera tunisina, sono stati caricati sul peschereccio che li doveva condurre fino alle coste siciliane. “E’ successo un imprevisto durante il viaggio – ha ricostruito il colonnello Alessandro Bucci, comandante del reparto Operativo aeronavale di Palermo – e hanno recuperato, in mare, uno di questi barchini in ferro. Uno dei tanti che, dopo aver salvato i migranti, vengono lasciati alla deriva. Ed è stato proprio questo barchino che veniva trainato vuoto che ha insospettito”. “Le organizzazioni tunisine caricano almeno una cinquantina di migranti e in questo caso erano soltanto undici. Il barchino era vuoto e pulito, non c’erano viveri, né resti, né taniche di benzina – ha aggiunto il colonnello Bucci – . Il motopesca aveva chiamato, via radio, i soccorsi, facendo mettere in moto la macchina dei soccorsi per recuperare i migranti. Avevano fornito però un nominativo fittizio”.