Ponte si o Ponte no? Alla fine sembra intravedersi una luce infondo al tunnel. Una settimana fa il Senato ha dato il via libera alla conversione in legge del decreto. Il provvedimento definisce l’assetto della società Stretto di Messina Spa e riavvia le attività di programmazione e progettazione. Grande soddisfazione e plausi, soprattutto tra le fila del centrodestra. Il ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha già fissato le prime tappe, ribadite pochi giorni fa ad un evento dell’Ance: “Nell’estete 2024 ci sarà l’apertura dei cantieri e i tecnici mi dicono che ci vorranno tra i 7-8 anni per il transito del primo treno, della prima auto e del primo tir“.
Oltre ai vecchi progetti sono riemerse anche le antiche polemiche. “Si parla di Ponte da circa 50 anni. Il progetto c’è ma finora sono stati fatti solo proclami elettorali, ogni Governo che si succede dice la sua. Se sarà realizzato ci vorrà molto tempo. Salvini sostiene che bisogna fare prima il ponte e poi le infrastrutture, altri il contrario. Siamo a favore del ponte ma le nostre infrastrutture sono ferme all’anno zero: l’infrastrutturazione deve avere la precedenza. Siamo indietro di 30 anni, la Sicilia non può essere tra le ultime regioni d’Italia per erogazione dei servizi“. A dichiararlo a ilSicilia.it è stato il segretario generale di Uiltrasporti Sicilia, Agostino Falanga.
Dal porto di Messina transitano ogni anno oltre 11 milioni di persone. Di queste il 40% sono pendolari che vivono lo Stretto. Il Ponte darebbe dunque una mano considerevole ai lavoratori, ai turisti e alle scolaresche. I problemi sorgerebbero nel momento cui si sbarca sull’isola. E se il ministro Salvini guarda già in grande, sottolineando su “Le Figaro” come il Ponte “permetterà di collegare Palermo e Berlino“, Falanga restringe il campo, evidenziando tutte, o comunque buona parte, delle criticità che coinvolgono chilometri e chilometri di strade e autostrade, incapaci di soddisfare le esigenze di chi deve o è costretto a percorrerle. “Sono state fatte diverse simulazioni: per andare da Trapani a Catania o a Siracusa ci vogliono più di 8 ore. La situazione – ha dichiarato Falanga – è peggiorata con la soppressione delle province: l’entroterra siciliano è abbandonato, la rete ferroviaria è ancora con un binario, tra le aziende dei pullman c’è una guerra fratricida e le strade provinciali sono piene di buche e impraticabili, così come le autostrade. Da Palermo a Messina, ma anche a Trapani, bisogna mettere mano sulla sicurezza e sulle autostrade. Mancano i collegamenti per accogliere i turisti, perché possano arrivare alle mete preferite in tempi reali“.
Facendo i conti in tasca, negli anni sono state decine di migliaia i milioni andati in fumo. La Corte dei Conti ha calcolato che la Società Stretto di Messina spa ha speso dal 1981, anno della sua costituzione, al 2013, anno della decisione di liquidarla, 958.292 milioni di euro. A questi vanno sommati altri sei milioni dal 2013 al 2016. Dagli studi di fattibilità, ricerca e progetto di massima (quasi 75 milioni) al progetto preliminare (93 milioni) e ancora Piano finanziario, sistemi informativi. La sospensione delle attività nel biennio 2007- 2008 è costata più di 150 milioni.
Attualmente restano i dubbi sulla reperibilità dei fondi per la realizzazione del Ponte. Il progetto rilanciato dal MIT prevede una campata unica centrale da 3,3 km di ponte, con torri alte 400 metri e un canale navigabile centrale alto 65 metri, adatto al transito di grandi navi. Il costo? Oggi, rispetto al passato, si sarebbe abbondantemente triplicato e si attesterebbe intorno ai 14,6 miliardi di euro. Resta il però il grande punto di domanda sulla ricerca di un’adeguata copertura economica e sufficienti finanziamenti. Falanga però ne è certo: “Potremmo sfruttare il Pnrr. In questi fondi – aggiunge – sono confluiti anche i 7 miliardi che il Governo Renzi, con l’allora ministro alle Infrastrutture Delrio, stanziò per il doppio binario Messina-Catania e Palermo-Catania, e viceversa“.
Altro aspetto da attenzionare è quello occupazionale. Secondo la stima dello studio di Firenze leader nella consulenza del lavoro il ponte sullo stretto, già dopo due anni, incrementerebbe il Pil della Sicilia di oltre 20 miliardi, mentre i posti di lavoro sarebbero 90mila. Falanga però sottolinea come il tema debba essere maggiormente messo in luce, soprattutto per quanto riguarda alcuni settori: “Sullo stretto ci sono i collegamenti marittimi. Il problema occupazionale non può non essere tenuto in considerazione. Ci sono oltre 4mila persone che lavorano tra i marittimi, senza considerare tutto l’indotto. Noi da sindacato facciamo il nostro ruolo denunciando all’iter politico quello che non va“.