Mentre Cateno De Luca lasciava il ritiro della chiesa della Madonna della Rocca per le prime dichiarazioni da neo sindaco di Taormina e festeggiamenti, in Consiglio comunale a Messina andava in scena lo scontro sulla presidenza. Dal 2 maggio, quando Cateno si è dimesso da presidente dell’Aula per candidarsi a sindaco di Taormina le cose non sono andate come da programma e quella che nelle intenzioni del gruppo deluchiano doveva essere una successione indolore a Nello Pergolizzi si è rivelata una falla per la maggioranza che un anno fa era bulgara e che adesso non lo è più (QUI)
Numeri alla mano la maggioranza di Basile ha perso strada facendo gli alleati di Prima l’Italia-Lega di Nino Germanà e alcuni consiglieri comunali. Alla prova d’Aula, nell’imminenza delle dimissioni di Cateno, la maggioranza poteva contare su 15 voti e l’opposizione trasversale (centrodestra, misto e Pd) 17. Il colpo non è riuscito al centrodestra perché non ha trovato subito la quadra sul nome del candidato presidente. Per un soffio non ce l’ha fatta Mirko Cantello, ex deluchiano passato al misto. Il candidato di Cateno De Luca, Nello Pergolizzi, si è fermato a 15 quando di voti ne servivano 17.
Ma da quel 2 maggio in poi le opposizioni sono riuscite a perdere l’occasione per ribaltare i rapporti in consiglio comunale, strappando la presidenza e i deluchiani hanno portato avanti con successo tattiche per perdere tempo. Così si è dimesso anche Alessandro De Leo, deputato Ars e candidato sindaco civetta a Taormina, allungando quindi i tempi della surroga. Il tempo passava e la seduta per l’elezione è slittata a lunedì 29, proprio mentre Cateno conquistava Taormina.
Gli avversari in consiglio pur essendo numericamente in 17 non sono riusciti a trovare il nome che unisse tutti anche perché i due consiglieri Pd sono rimasti fermi sul “o Felice Calabrò o nessuno”, facendo pesare l’ago della bilancia e azzardando sui numeri. Morale della favola a tarda notte il colpo di scena. La nuova votazione ha visto ancora Pergolizzi a quota 15 sì, Maurizio Croce (che è stato il candidato sindaco del centro destra nel 2022) si è fermato a 14 complice un scheda bianca che potrebbe essere una via di mezzo tra una rivalità interna, un dispetto, un eccesso di individualismo e un ammiccamento a De Luca. Il Pd, che non è mosso da quella posizione ha registrato due voti.
Ma il colpo di scena è arrivato dopo la mezzanotte e le opposizioni lo definiscono “colpo di mano”. La maggioranza, grazie anche al parere della segretaria comunale ha considerato la votazione per l’elezione del presidente come seconda, assegnando quindi la vittoria, per quanto fragile perché a rischio caduta ad ogni seduta, a Nello Pergolizzi.
L’opposizione che è riuscita a perdere l’occasione ed a fare autogol prepara le contromosse. Mentre Pergolizzi tira dritto per la sua strada e convoca la seduta per l’Ufficio di presidenza (votazione che farà emergere quel che finora è stato sommerso), sia il centrodestra che il Pd contestano l’elezione. Sarà presentata una richiesta di revoca in autotutela della delibera di elezione poi si procederà al Tar.
E’ chiaro che la maggioranza bulgara Basile non l’ha più in consiglio proprio alla vigilia di votazioni delicate su bilancio e Tari perché i rapporti sono 15 a 17, ma allo stesso tempo quella scheda bianca potrebbe trasformarsi in un cambio di casacca e il Pd che aveva alzato troppo la posta restare con le mani in mano a meno di accordi con l’area deluchiana.
Fratelli d’Italia per voce di Dario Carbone ribadisce che “La legge è chiara e spiace che considerata l’ora tarda del consiglio di due giorni fa sia stata omessa una parte, quella in cui si prevede che per considerarla seconda votazione è necessario che il plenum dei consiglieri sia il medesimo. Ma il plenum del 2 maggio è stato sciolto con le dimissioni di Cateno De Luca. Si è ricostituito con la surroga del consigliere Caruso, poi si è sciolto nuovamente con le dimissioni di De Leo ed è stato ricostituito con l’arrivo di Schepis. Impossibile considerare quella di due notte fa una seconda votazione: era una prima votazione a tutti gli effetti e quindi, a norma di legge, serviva il voto della maggioranza dei votanti più 1, quindi un totale di 17”.