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Dottor Cretino

venerdì 21 Luglio 2017
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Carissimi, accade spesso di partecipare a incontri di lavoro e come sempre incontrare lui, il “cretino di turno”, colui che è vero cretino, ma in qualche modo, con varie alchimie siede senza alcun “titolo professionale” al nostro tavolo.

Tutti non sapendo come chiamarlo, con molto imbarazzo lo chiamano “dottore”, perché lui, il più delle volte, preso dal suo complesso d’inferiorità è pure perfido e quando s’incazza fa danno.

Guardandolo pensate: “Non ci sono più i cretini di una volta, oggi finanche i cretini si fanno chiamare dottore”. “Che ne è stato del valore del titolo di studio?” “ Ma perché dopo anni di studio per una laurea importante non sono diventato ricco?”

E’ così che per una strana associazione di pensieri, mi viene in mente Peppino.

Peppino detto “Pippinu” era una persona umile in paese, non aveva che la quinta elementare presa chi sa Dio come e non brillava per intelligenza, diciamolo pure, era “cretino”, ma buono e se a questo sommiamo un’infanzia sfortunata, non si poteva non nutrire simpatia e affetto per lui.

Rimasto orfano e solo dopo la prima guerra mondiale i parenti lo imbarcarono sulla nave che portava in America per strapparlo a un destino di stenti e povertà.

Ormai grande e avanti con l’età Peppino un giorno tornò in paese dall’America per venire a deporre un fiore sulla tomba della madre.

Era diventato ricchissimo e ricordo ancora quella sera al Bar di Franco, quando tutti i paesani per festeggiarlo, lo invitarono a raccontare la sua vita negli States.

Lui in quell’italiano ormai stentato e con quel sorriso sornione e coinvolgente, non si sottrasse alla curiosità dei concittadini.

C’era chi gli chiese: “Peppino tu hai studiato?” “Ti sei laureato?”

Lui con la testa face cenno di no.

Gli domandarono: “Hai fatto un buon matrimonio?” “Un matrimonio ricco?”

Peppino divertito rispose di no.

Il barista gli chiese: “Non mi dire che hai rubato?”

Peppino con quel suo sorrisone, rispose “ma quando mai” e intraprese il suo racconto.

“Io sono arrivato povero e orfano e un commerciante ebreo mi prese con sé a lavorare, ma mi voleva bene come un figlio ed io ho lavorato come un mulo giorno e notte e così lui mi face mangiare e dormire in casa sua. Lui aveva tanti sordi, tanti palazzi, tanti business”.

Mi venne spontaneo dirgli:

“Ti ha adottato e ti ha lasciato erede universale?”

Peppino rispose: “No, quando mai”.

Io replicai: “Allora come è che oggi tu sei diventato così ricco?”

Peppino completò il suo racconto: “In punto di morte mentre io chiancia ed ero vicino al suo capezzale, lui mi fece cenno con la mano per farmi avvicinare e mi disse all’orecchio – Pippino, tu si cretino e te lo dice uno ca ti voli bene, t’avissi potuto lassari sordi e proprietà ma tu si troppu buono e ti l’avissi fatto futtiri, per questo lasso tutto e me niputi ca manno schifiato ppi na vita, ma a Te lasso na cosa chiù importante – e tirò fuori da sotto il cuscino…….”

A questo punto Peppino mi mostrò prendendola dalla sua tasca una piccola e vecchia agendina ormai rovinata.

Preso dallo stupore gli dissi: “E ti lasciò solo questa agendina senza valore?”

E Peppino allargando il suo sorrisone con grande soddisfazione e portandosi il dito indice sulla tempia mi disse: “A me lasso i canuscienze!”

Ora non so che tipo di conoscenze avesse ereditato e quale fosse la natura del “business” del suo padrone ebreo, e non lo voglio sapere, so solo che quando morì Peppino era un uomo tra i più ricchi e influenti di Detroit, oggi una fondazione porta il suo nome e si dice che con lui in vita, quando il partito repubblicano doveva scegliere i candidati per la presidenza degli Stati Uniti, i grandi elettori si rivolgessero a Peppino per l’ultima parola.

Si è vero, chi vi sbatte in faccia titoli e ricchezze il più delle volte sovrastimate, non è nessuno, spesso è “il cretino” di cui all’inizio che con tanta furbizia seguendo un altro cretino o un marpione a cui serviva un utile idiota, si ritrova in alta quota dove l’ossigeno è più rarefatto e bisogna dosare le energie.

Il piacere di non sporcare la propria intelligenza, di vantarsi di non essere nessuno e non avere un ruolo e un privilegio di pochi i quali però finiscono per “conoscerli tutti quelli che contano” poiché per dirla come Peppino, “la vera ricchizza su i canuscienze”.

Un abbraccio Epruno.

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