Sembra che la vicenda della disabilità grave si sia conclusa positivamente, diciamo sembra perché con la Regione siciliana non si può mai sapere.
Giustamente, più di tutti, può esultare il bravo regista Pif per il risultato ottenuto poiché senza il suo intervento, la sua carica di passione civile, difficilmente ci sarebbe stata questa positiva conclusione.
La sua denuncia ha dato uno scossone, svegliando dal torpore quanti nel parlamento passavano il loro tempo a sonnecchiare e quanti nel governo erano “in altre faccende affaccendati”, a cominciare dal Presidente della Regione, impegnato a distribuire prebende e mance. Cosa che dopo questa breve parentesi in cui è stato tirato a forza da Pif, è tornato immediatamente ad occuparsi, come dimostrano le sue ultime “elargizioni”.
Non a caso proprio sul terreno sociale questo governo registra il fallimento più clamoroso, privo di un disegno riformatore del settore e affidando la gestione come in questo scorcio di legislatura a incompetenti.
D’altra parte un governo che ha vissuto alla giornata, privo di una strategia e di un progetto complessivo per il rilancio della Sicilia non poteva che scadere nel piccolo cabotaggio.
La recente esperienza della disabilità può quindi rappresentare l’occasione per aprire una riflessione sullo “Stato Sociale” in Sicilia, nella speranza che il prossimo governo e la prossima legislatura possano dare alla Sicilia quel Welfare che non ha mai conosciuto e che la politica ha sostituito con l’assistenzialismo e il clientelismo spacciandolo per Stato Sociale.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di costruire un sistema integrato di servizi alla persona avviando un circolo virtuoso tra Comunità, Bisogni, Sviluppo, nella consapevolezza che la ripresa dell’economia deve essere ancorata alla qualità sociale e ai servizi che contribuiscono al benessere complessivo della Comunità.
Il problema non è, infatti, legato solo alle risorse. Partire, infatti, dai diritti sociali non significa sottovalutare i problemi di compatibilità finanziaria della Regione, ma comprendere come investire nella qualità della vita significa avere un ritorno in termini di produttività e redditività.
Archiviare, dunque, una brutta pagina di questi ultimi anni che ha visto una penalizzazione e una mortificazione delle politiche sociali e sanitarie, con l’eccezione del lodevole tentativo dell’assessore di Lucia Borsellino con l’istituzione dell’ufficio speciale per l’integrazione socio-sanitario, ben presto azzerato dopo le sue dimissioni.
Il tema è ovviamente di carattere generale ma soprattutto in Sicilia abbiamo assistito alla accentuarsi dello squilibrio tra equità e redistribuzione che ha incrinato fortemente la coesione sociale. E’ questo un obiettivo di cui devono farsi carico le forze progressiste e riformiste. Il paradosso del nostro welfare è, infatti, che distribuisce risorse a chi ha già delle risorse, di garantire i garantiti, tenendo fuori dalla porta gli anziani con pensioni al minimo che decidono perfino di rinunciare alle cure, giovani che per sfiducia rinunciano a cercare il lavoro, famiglie sotto il minimo di sopravvivenza, gli esclusi per handicap o per malattia, gli emarginati, i disoccupati, gli immigrati.
Proprio dalla Sicilia potrebbe partire una spinta a ripensare il Welfare utilizzando le sue prerogative statutarie, per ricostruire in forme moderne un nuovo modello fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato, una sinergia tra strutture pubbliche, strutture private e mutualistiche, cooperative e soggetti del Terzo Settore, legati dal principio di sussidiarietà.
Un vero e proprio Piano regolatore sociale, un’armatura civile insieme a quella fisica del Territorio che costituisca una “filiera del buon vivere” con i Comuni attori principali insieme a tutti i soggetti interessati e in cui la Regione si limiti a compiti di programmazione e di coordinamento.
Nel passato, peraltro, la Sicilia ha dato prova di grande sensibilità e capacità, anticipando, anche sul piano legislativo, scelte che poi furono adottate sul piano nazionale, come la legge 22 e quella sugli anziani per fare qualche esempio.
In vista delle prossime elezioni sarebbe interessante che dal mondo dell’economia sociale, del volontariato, dagli operatori del Terzo Settore arrivassero dei contributi di idee e proposte per aprire una pagina nuova che veda la Regione orientata verso la solidarietà, senza aspettare che scoppi la prossima emergenza e aspettare che ancora una volta Pif ci aiuti a risolverla.