È un dato che fa capolino, neanche in modo tanto velato, nei sondaggi che circolano abbondanti sul voto del prossimo 5 novembre. Mai come in questi giorni probabilmente la sfiducia dei siciliani nei confronti dell’istituzione Regione è stata così elevata e consistente.
A incidere su questo fatto, il gradimento, decisamente basso dell’azione di governo di Rosario Crocetta, individuato, probabilmente oltre le sue responsabilità, come l’effetto visibile di uno stallo che comprende mancate soluzioni, burocrazia irreversibilmente lenta, crisi di lavoro e occupazione, sfiducia complessiva verso una macchina amministrativa che, territorialmente, a partire dalla vicenda delle ex Province, si è sfaldata progressivamente nella sua una visione d’insieme, dopo che già negli anni era rimasta in bilico e che adesso appare agli occhi dei siciliani pregiudicata.
Dal decentramento amministrativo che ha reso palpabili e concrete alcune incongruenze nella gestione delle risorse delle sedi periferiche alla nuova stagione che punta a rendere centrale, ma spesso poco unificante, la funzione della burocrazia della Regione.
Tutta colpa dunque di Crocetta? Della dirigenza regionale? Dei partiti che troveranno nell’urna elettorale il distacco tangibile della disaffezione con una cifra alta di astensionismo?
Crocetta dice la verità quando parla di conti risanati e di ristrutturazione di un pesante passivo di bilancio, mentre sugli accordi conclusi con Roma un ruolo decisivo è stato giocato dalla necessità di arrivare a soluzioni reali e percepite in tempi ragionevoli. Non il migliore accordo possibile forse, ma quello che poteva farsi.
Per il resto, per tutto o quasi, è stata notte fonda.
I bandi per la nuova programmazione 2014-2020 sono partiti in ritardo dopo che la certificazione di marzo aveva costretto tutti i dipartimenti a ‘marce forzate’ per perdere la minore risorsa possibile.
La Sanità ha recuperato, ma le cifre e i bilanci di molte aziende sanitarie siciliane risultano disallineate rispetto alle dure regole imposte da Roma. La rete ospedaliera è una realtà attesa al varco da molte verifiche e e diversi dubbi.
La Formazione professionale è rimasta il ginepraio senza esiti dove si è potuto solo contenere i danni, garantendo l’obbligo formativo senza riuscire a portare a casa la legge di riforma del settore.
Il nodo dei trasporti e della viabilità autostradale nell’isola, con una ripresa annunciata, ma ancora lontana dal partire in termini di cantieri, opere appaltate ed esiti, rimane centrale. L’andamento della crisi nel settore delle infrastrutture non cambia analizzando il complesso delle gare bandite in Sicilia, fra gennaio e agosto, da tutti gli enti appaltanti nazionali: 845 incanti a fronte di 981 nello stesso periodo dell’anno precedente, con un ulteriore calo del 13,86%. Anche in questo caso da annotare solo una lieve linea di miglioramento, breve e circoscritta. Il dato infatti è da ritenere solo parzialmente compensato da un incremento degli importi, 854 milioni a fronte di 607 milioni del 2016 (+40,76%).
La stabilizzazione dei precari passa dalle chiamate ‘last minute’ della Regione, ma anche in questo caso la platea sterminata dei lavoratori, su cui si reggono molti degli enti locali siciliani, attende di poter toccare con mano le soluzioni prima di esporsi a nuove cocenti delusioni. Le società partecipate spesso sono state lasciate prive di soluzioni per un’alternanza di scelte, più riconducibile a stati d’animo e orientamenti del momento del governatore siciliano che per una reale politica delle scelte.
L’elenco delle cose non fatte si sovrappone a quello che era difficile realizzare. Ma la differenza a carico dell’esecutivo non è di segno positivo. A incidere anche la contaminazione tra la fase iniziale in cui Crocetta aveva confinato i partiti, il Pd in testa, a sparring-partner occasionali, e la seconda metà di legislatura, più operosa me ugualmente meno finalizzante in funzione delle enormi aspettative che c’erano sul ‘governo della Rivoluzione’.
La percezione insomma di una Regione “carrozzone tra i carrozzoni” che degrada, a volte anche ingiustamente nell’opinione pubblica, da nominificio a stipendificio, a seconda dei momenti e delle stagioni, è parziale e riduttiva, ma sintetizza una galleria di luoghi comuni che nella Sicilia del rancore e del risentimento, fanno bella mostra di sé.
La fotografia dell’astensionismo atteso in massa per il prossimo 5 novembre parte da qui.