La vicenda Ucraina induce ad alcune riflessioni, al di là degli sbocchi a cui questa crisi, la più grave del dopo guerra, perverrà.
Tutti, ovviamente, ci auguriamo una conclusione positiva senza il ricorso alle armi, anche la situazione induce al pessimismo dopo le dichiarazioni sia di Putin che del presidente ucraino. Peraltro all’attivismo dei governanti europei non corrisponde una reazione popolare, una mobilitazione del movimento pacifista che insieme alla sinistra sembrano scomparsi.
La riflessione dovrebbe riguardare in primo luogo il rapporto dell’Europa con gli Stati Uniti e l’atteggiamento assunto da questi all’indomani dello sgretolamento dell’Unione sovietica. Sconfitto definitivamente il nemico storico gli Usa ritennero che fossero l’unica potenza mondiale e che si fosse consolidata la propria leadership.
Non si colse la complessità e gli effetti che la fine dell’Urss e lo scioglimento del Patto di Varsavia avrebbe comportato, una preoccupazione che allora colse Giulio Andreotti.
L’equilibrio tra i due blocchi e le due superpotenze che aveva governato il mondo non veniva, infatti, sostituto da un nuovo equilibrio, da un nuovo ordine internazionale.
La fine del comunismo, infatti, non aveva aperto una nuova età dell’oro ma aveva fatto emergere spinte a ciechi nazionalismi, esclusivismi etnici, fanatismi religiosi, migrazioni di grandi masse di uomini e donne che fuggono da guerre, carestie, persecuzioni.
La globalizzazione dei mercati e dei processi hanno fatto, inoltre, emergere economie, fino a ieri ritenute secondarie, per cui gli Stati Unti non hanno più il primato dell’economia mondiale.
La Russia, dal canto suo, ha ereditato dalla vecchia URSS una economia al collasso che ancora non riesce decollare e non la rende competitiva sui mercati internazionali come la Cina e l’India, però l’Urss alla nuova Russia ha lasciato, insieme a molti tratti autoritari e dispotici, un enorme arsenale atomico, una grande forza militare insieme alla sindrome dell’accerchiamento che era stata prima dello Zar, poi di Stalin e Brezhnev e ora di Putin.
Sarebbe stato necessario creare un nuovo ordine internazionale dal momento che al bipolarismo che aveva governato il mondo non poteva sostituirsi un monocentrismo in una realtà sempre più policentrica.
Un nuovo contratto tra i popoli, come suggeriva R. Dahrendorf, con organismi più incisivi ed efficaci, come la crisi dell’ONU dimostra.
Per realizzare questo obiettivo in grado di garantire la pace e livelli di prosperità per tutti popoli un ruolo importante avrebbe potuto e dovuto svolgerlo l’Europa. I governi europei, invece, con in testa la Germania, scelsero la via della penetrazione economica nei paesi dell’est europeo interessati in primo luogo ad allargare i mercati per le loro produzioni. Fino a quando si trattava di una presenza economica a Putin questo non interessava ma se oltre all’economia gli porti pure ai confini la forza militare con la presenza della Nato in cui gli Usa hanno un ruolo egemone, qui si apre il conflitto. L’ex ambasciatore Sergio Romano, grande esperto di questioni internazionali, e che non può certo essere sospettato di essere filorusso, nei giorni scorsi ha proposto, infatti, che la Ucraina diventi neutrale come la Svizzera acquistando così maggiore prestigio e autorevolezza nel mondo e la crisi si risolverebbe immediatamente.
Questo dimostrerebbe che la guerra fredda è finita veramente.
La vicenda Ucraina dovrebbe, infine, sollecitare i paesi dell’U.E. ad avviare celermente il processo di costruzione degli Stati Uniti di Europa, a dotarsi di un proprio esercito di difesa e nel ribadire il legame storico con gli Usa procedere allo scioglimento della Nato che, a quel punto, non avrebbe più senso ma si rafforzerebbe il dialogo e la convivenza pacifica tra stati e popoli.
Riflessione sulla crisi Ucraina
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