“Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato sulle norme che prevedono la ‘mera sospensione’ del pagamento degli interessi durante la procedura di dissesto di un ente locale e non escludono il diritto dei creditori di chiedere il pagamento di quelli maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto”.
Lo stabilisce un’importante sentenza, la n. 219, appena depositata dalla Corte costituzionale, in risposta ai dubbi sollevati dal Consiglio di Stato sul caso di un’impresa, difesa dal professore Antonio Saitta dello Studio Legale Saitta di Messina, creditrice di un Comune siciliano in dissesto. L’Organismo straordinario di liquidazione aveva potuto pagare solo parte delle somme rivendicate sicché, dopo la conclusione della procedura di liquidazione, l’impresa aveva chiesto anche gli importi residui maturati per interessi.
Il Consiglio di Stato aveva dubitato della costituzionalità delle leggi del Testo unico degli enti locali secondo le quali tutti i debiti vanno pagati dai Comuni, anche dopo la conclusione dello stato di dissesto.
La Consulta ha ritenuto le norme contenute nel Testo unico enti locali n. 267 del 2000 (articolo 248, quarto comma), “espressive di un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela dei creditori, alla base della sicurezza dei traffici commerciali, e l’esigenza di ripristinare i servizi indispensabili per la comunità locale”.
La Corte ha ricordato che “un Comune, nell’assumere un impegno di spesa pluridecennale, dovrebbe prestare adeguata considerazione alla relativa sostenibilità finanziaria, con l’indicazione delle risorse effettivamente disponibili, a garanzia di una sana gestione finanziaria. Inoltre, in pendenza della procedura di dissesto, dovrebbe apprestare misure, anche contabili, idonee a garantire il più rapido ripristino dell’equilibrio finanziario”.
La sentenza spiega “che il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione rappresenta un obiettivo prioritario non solo per la critica situazione economica che il ritardo ingenera nei soggetti creditori, ma anche per la stretta connessione con l’equilibrio finanziario dei bilanci pubblici, che viene intrinsecamente minato dalle situazioni debitorie non onorate tempestivamente”.
“Con questa sentenza – spiega il professore Antonio Saitta – la Corte costituzionale ha condiviso le nostre argomentazioni facendo definitiva chiarezza: un Comune tornato ‘in bonis’, cioè dopo aver risanato la propria situazione finanziaria chiudendo la procedura del dissesto, deve corrispondere ai creditori le differenze non pagate precedentemente dall’Organismo straordinario di liquidazione. Pertanto, un creditore può non accettare la proposta di accontentarsi di un pagamento parziale a saldo e stralcio da un Comune in dissesto e, dopo aver ricevuto un primo pagamento dall’organismo di liquidazione del dissesto, potrà pretendere il saldo dei propri crediti, maggiorati di interessi, quando l’ente sarà risanato”.
È una sentenza che interessa decine di migliaia di imprese, professionisti e cittadini, i quali vantano crediti da anni verso amministrazioni locali insolventi e che, fino ad oggi, non sono riusciti ad essere integralmente soddisfatti”, conclude il legale messinese.