La ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica ci riporta a quel momento, drammatico, in cui il popolo italiano si trovò a scegliere fra passato e futuro e, sorprendendo quanti erano perplessi sul ricorso al referendum – non si dimentichi che in una prima fase il problema istituzionale doveva essere rinviato alla decisione dell’Assemblea costituente e che solo per le insistenze di De Gasperi fu affidato al voto popolare – diede il clamoroso risultato che metteva la parola fine a 86 anni di monarchia sabauda. Gli italiani diedero la maggioranza alla Repubblica con 12.717.923 voti pari al 54,3% contro 10.719.284, pari al 45,7% dati alla monarchia.
Un risultato sorprendente visto che al voto – politico e non amministrativo – partecipavano finalmente le donne, nell’immaginario collettivo del tempo, considerate fondamentalmente tradizionaliste. Un voto che suscitò tante recriminazioni, volarono accuse di brogli, ma che alla verifica puntuale della Corte di Cassazione non lasciò dubbio alcuno. Dall’analisi di quel voto si ricava una radiografia della realtà nazionale che porta, ancora una volta, a sottolineare l’arretratezza del meridione ivi compresa la Sicilia.
Il Sud votò in larga maggioranza a favore della monarchia con percentuali che, nella circoscrizione napoletana, toccarono circa il 79 %, mentre il nord diede il consenso di massa alla repubblica, con la percentuale massima raggiunta nella provincia di Trento dell’85% mancarono al voto la provincia di Bolzano e quella di Trento la cui riassegnazione all’Italia era ancora incerta. La Sicilia confermò la sua sostanziale arretratezza, in entrambe le circoscrizioni, in cui era stata divisa l’isola, i risultati premiarono la monarchia con percentuali superiori al 60%.
Interessante scendere dentro questi risultati per avere un indice dell’attenzione alla modernità all’interno del territorio isolano. Le tre province più popolose – Palermo, Catania e Messina – sono quelle che danno il maggiore consenso alla monarchia. In testa Messina con, addirittura, il 77,20%, seguita da Palermo con il 73,03 % e da Catania, con il 72,86%. Risultato di venti punti percentuali superiore alla media delle altre province, meno una, che invece si attestò fra il 58 % e il 51%. L’unica provincia che si distinse fu quella di Trapani dove votarono per la monarchia 90.974 elettori, pari al 47,13% mentre diedero il consenso alla Repubblica 102.072 elettori, raggiungendo il 52,87%.
Il voto siciliano trova una spiegazione evidente nella presenza di un notabilato che è ancora capace di guidare la società e imporre le proprie soluzioni, con la scelta monarchica esprime l’esigenza di tornare indietro, cioè al tempo in cui il fascismo non aveva preso il potere. Il voto del 2 giugno si può dunque leggere come voto di retroguardia che mira a confermare gli equilibri sociali che “il vento del nord”, in Sicilia interpretato dalle lotte contadine sostenute soprattutto dai partiti di sinistra, vorrebbe scardinare.